Giurisprudenza disciplinare del Consiglio Nazionale Forense

Giurisprudenza disciplinare del Consiglio Nazionale Forense

Sezioni: Albi (tenuta) – Principi generali – Procedimento disciplinare – Rapporti con la controparte – Rapporti con la parte assistita – Rapporti con i colleghi – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine – Rapporti con i magistrati.

ALBI (Tenuta)

Cons. Naz. Forense 20-02-2012, n. 12

1.- Tenuta degli albi – Cancellazione – Ricorso al C.N.F. – Deposito del ricorso oltre il termine di 15 giorni – Inammissibilità.

1.- E’ tardivo e deve essere dichiarato inammissibile il ricorso al C.N.F. presentato oltre il termine perentorio fissato dall’art. 37 r.d.l. n. 1578/1933 di quindici giorni dal provvedimento impugnato (Nella specie viene dichiarato inammissibile il ricorso al C.N.F. avverso il provvedimento di cancellazione dall’albo per incompatibilità presentato oltre il termine previsto dalla legge dalla notifica del provvedimento impugnato). (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Larino, 19 novembre 2010).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 26

1.- Tenuta degli albi – Dipendente pubblico – Impiego part time – Incompatibilità ex l. n. 339/2003 – Cancellazione – Impugnazione – Questione di legittimità costituzionale – Manifesta infondatezza – Violazione diritti quesiti – Esclusione – Questione pregiudiziale ex art. 234 CE – Manifesta inammissibilità – Sospensione del giudizio innanzi al CNF – Rigetto.

1.- In tema di cancellazione dall’Albo per incompatibilità dell’avvocato dipendente pubblico part-time, il divieto ripristinato dalla legge n. 339/2003 deve essere ritenuto coerente con la caratteristica (peculiare della professione forense tra quelle il cui esercizio è condizionato all’iscrizione in un albo) dell’incompatibilità con qualsiasi “impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario”, non incontrando la discrezionalità del legislatore, libero di introdurre nuove discipline anche opposte a quella in vigore purché non contrastanti con le norme costituzionali e non irragionevoli, il limite del rispetto dei c.d. “diritti quesiti”. Peraltro, pur prescindendo dal rilievo che una tale posizione debba inquadrarsi più correttamene nella categoria delle mere aspettative che non tra i diritti, non può ritenersi che la suddetta disciplina dovesse necessariamente essere indirizzata nel senso di escludere l’applicazione del nuovo regime restrittivo a coloro che già risultavano (legittimamente) iscritti nell’albo, anche perché non può dirsi che una disciplina transitoria manchi, essendo al contrario essa individuabile proprio nel primo comma dell’art. 2, l. cit., che opportunamente e ragionevolmente prevede, nel contesto di un doppio regime di tutela, un adeguato periodo di “moratoria” per esercitare l’opzione tra l’impiego e la libera professione (come altresì puntualizzato dalla Corte cost. con l’ord. n. 91/09). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Trapani, 20 febbraio 2007).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 32

1.- Tenuta degli albi – Istanza di iscrizione all’Albo degli Avvocati – Silenzio C.d.O. – Impugnazione – Presentazione del ricorso direttamente al CNF – Inammissibilità.

2.- Tenuta degli albi – Istanza di iscrizione all’Albo degli Avvocati – Silenzio C.d.O. – Impugnazione – Ricorso al CNF – Proposizione tardiva – Inammissibilità.

1.- E’ inammissibile il ricorso presentato direttamente al Consiglio Nazionale Forense e solo per conoscenza trasmesso al COA competente e non, come previsto dall’art. 59 r.d.l. 37/1934, presso la segreteria del Consiglio dell’Ordine che ha emesso o che ha omesso la pronuncia.

2.- Ai sensi dell’art 6 del d.lgs. n. 96/01, è inammissibile il ricorso avvero il silenzio serbato dal COA in ordine all’istanza di iscrizione all’Albo degli Avvocati presentata dal ricorrente, laddove il gravame sia proposto al CNF oltre i dieci giorni dalla scadenza del termine entro cui il Consiglio territoriale deve decidere, ovvero entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso silenzio C.d.O. di Ascoli Piceno).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 36

1.- Tenuta degli albi – Dipendente pubblico part time – Incompatibilità ex l. n. 339/2003 – Mancato esercizio opzione ex art. 2 – Cancellazione – Legittimità – Parametri comunitari libera concorrenza e libera prestazione dei servizi – Disapplicazione – Esclusione – Violazione diritti quesiti – Inconfigurabilità.

1.- E’ legittima la cancellazione dall’Albo degli Avvocati disposta d’ufficio ex art. 2 l. n. 339/2003, qualora l’iscritto che sia anche dipendente pubblico in regime di part time non abbia optato, nel previsto termine di trentasei mesi dall’entrata in vigore della suddetta disciplina, tra il mantenimento dell’iscrizione e la conservazione del rapporto di pubblico impiego. L’art. 16 del R.D. n. 1578/1933, nel prevedere che debba essere sempre ordinata la cancellazione dall’albo quando vengano a mancare i titoli o i requisiti in base ai quali fu disposta l’iscrizione, non esclude che la legge possa prevedere cause sopravvenute, rispetto al tempo dell’iscrizione, di incompatibilità con l’esercizio della professione. Va esclusa la disapplicazione della L. n. 339/2003 per asserito contrasto della relativa disciplina con i parametri comunitari della concorrenza e della libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati (che al più possono assumere rilevanza solo in riferimento agli avvocati esercenti la professione pleno jure e non a quelli che siano contemporaneamente dipendenti pubblici esercenti in regime di part time), trattandosi di legge pienamente conforme alle disposizioni del Trattato sull’Unione Europea. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Roma del 16 aprile 2009).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 47

1.- Tenuta degli albi – Iscrizione – Titolo professionale conseguito in altro Paese comunitario – Riconoscimento – Presupposti – Titolo di abogado rilasciato in Spagna – Esclusione.

1.- Ove la formazione acquisita sia gravemente insufficiente, si deve escludere che possa assegnarsi a siffatta formazione la valenza richiesta nell’ordinamento professionale italiano per l’iscrizione nel registro dei praticanti avvocati del professionista che abbia conseguito il titolo in altro Paese comunitario. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Genova del 19 maggio 2011)

Cons. Naz. Forense 07-03-2012, n. 49

1.- Tenuta degli albi – Iscrizione albo avvocati dei professori di ruolo di discipline giuridiche delle Università e degli Istituti superiori – Docente dell’Istituto superiore di polizia – Equiparazione dell’Istituto superiore di polizia – Esclusione – d.P.R. n. 256/2006 – Innovazione – Esclusione.

1.- L’Istituto Superiore di Polizia non rientra fra gli Istituti superiori di cui all’art. 30 lett. d) del r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, i cui docenti hanno diritto ad essere iscritti nell’albo degli avvocati; di conseguenza la richiesta di iscrizione nell’albo degli avvocati da parte dei docenti del predetto Istituto superiore di polizia deve essere rigettata, non essendo applicabile per estensione la citata norma contenuta nell’art. 30 r.d.l. n. 1578/33. non può essere condiviso. E’ da escludersi inoltre che il “regolamento di riorganizzazione dell’Istituto Superiore di Polizia” emanato con D.P.R. n. 256/2006, abbia innovato nel senso di equiparare la Scuola Superiore di Polizia alle Università e il “docente titolare” della prima al “docente di ruolo” delle seconde. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Roma del 26 marzo 2009).

Cons. Naz. Forense 15-03-2012, n. 50

1.- Tenuta degli albi – Sezione Speciale degli Avvocati Stabiliti – Silenzio del C.d.O. – Impugnazione al C.N.F. – Presupposti – Non sussistono – Domanda non accolta.

1.- Non può essere accolta la domanda d’iscrizione alla Sezione Speciale degli Avvocati Stabiliti ove non si versi nel caso, obiettivamente tutelato dalla Direttiva 98/5/CE, di un professionista di uno Stato membro che voglia trasferire l’esercizio della propria attività in altro Stato membro dell’Unione Europea, bensì in quello, concretante l’abuso del diritto comunitario, in cui si rileva da un lato la circostanza oggettiva per la quale, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa comunitaria, l’obiettivo perseguito dalla normativa stessa non è stato perseguito e raggiunto; dall’altro, un elemento soggettivo, consistente nella volontà di ottenere un vantaggio (quello di esercitare la professione legale in Italia, senza il superamento di un esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio, prescritto dall’ art.33, co.5, della Costituzione), attraverso un uso eterodosso della normativa comunitaria, mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento. (Rigetta il ricorso avverso il silenzio del C.d.O. di Ascoli Piceno).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 58

1.- Tenuta degli albi – Cancellazione – Mancata notifica al p.m. dell’atto avvio del procedimento – Nullità – Esclusione.

2.- Tenuta degli albi – Dipendente pubblico – Part time – Incompatibilità sopravvenuta – Cancellazione – Legittimità.

3.- Tenuta degli albi – Dipendente pubblico – Impiego part time – Incompatibilità ex l. n. 339/2003 – Cancellazione – Impugnazione – Questione di legittimità costituzionale – Manifesta infondatezza – Violazione diritti quesiti – Esclusione – Questione pregiudiziale ex art. 234 CE – Manifesta inammissibilità – Sospensione del giudizio innanzi al CNF – Rigetto.

1.- La mancata notifica al pubblico ministero dell’atto di avvio del procedimento non rende nullo il provvedimento successivamente adottato, atteso che al predetto organo, munito di autonomo potere di impugnazione, va notificata la sola deliberazione di cancellazione, e non anche quella di apertura del procedimento amministrativo.

2.- Secondo il condiviso insegnamento della Suprema Corte “le attività il cui esercizio è ritenuto incompatibile, a norma dell’art. 3 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, con le professioni forensi non sono caratterizzate dalla professionalità, ossia dalla normalità del loro esercizio in vista dell’attitudine a produrre reddito, bensì dalla idoneità ad incidere negativamente sulla libertà del professionista, idoneità che può, di volta in volta, derivare dall’essere esse dirette alla cura di interessi che possono interferire nell’esercizio delle suddette professioni, ovvero dalla subordinazione che esse determinano nei confronti di terzi, ovvero, infine, dai poteri che esse comportano su chi le esercita”. Ne consegue che l’attività subordinata (pubblica o privata) deve certamente dirsi incompatibile con l’iscrizione all’albo, per difetto del requisito dell’indipendenza, dovendo ravvisarsi la ratio di un siffatto principio nell’esigenza di tutelare l’indipendenza della professione e l’autonomia di giudizio e di iniziativa degli avvocati nella difesa del cliente, requisiti la mancanza dei quali incide negativamente sulla libertà di determinazione del professionista.

3.- In tema di cancellazione dall’Albo per incompatibilità dell’avvocato dipendente pubblico part-time, il divieto ripristinato dalla legge n. 339/2003 deve essere ritenuto coerente con la caratteristica (peculiare della professione forense tra quelle il cui esercizio è condizionato all’iscrizione in un albo) dell’incompatibilità con qualsiasi “impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario”, non incontrando la discrezionalità del legislatore, libero di introdurre nuove discipline anche opposte a quella in vigore purché non contrastanti con le norme costituzionali e non irragionevoli, il limite del rispetto dei c.d. “diritti quesiti”. Peraltro, pur prescindendo dal rilievo che una tale posizione debba inquadrarsi più correttamene nella categoria delle mere aspettative che non tra i diritti, non può ritenersi che la suddetta disciplina dovesse necessariamente essere indirizzata nel senso di escludere l’applicazione del nuovo regime restrittivo a coloro che già risultavano (legittimamente) iscritti nell’albo, anche perché non può dirsi che una disciplina transitoria manchi, essendo al contrario essa individuabile proprio nel primo comma dell’art. 2, l. cit., che opportunamente e ragionevolmente prevede, nel contesto di un doppio regime di tutela, un adeguato periodo di “moratoria” per esercitare l’opzione tra l’impiego e la libera professione (come altresì puntualizzato dalla Corte cost. con l’ord. n. 91/09). Va pertanto ritenuta manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 35 co.1 e 41 Cost., la q.l.c. degli artt.1 e 2 della Legge n. 330/05, prospettata sotto il profilo della asserita violazione dei diritti c.d. quesiti e dei correlati principi, di carattere interno e comunitario, di tutela dell’affidamento, di eguaglianza, sicurezza giuridica, ragionevolezza e proporzionalità. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Enna del 31 gennaio 2011)

Cons. Naz. Forense 30-04-2012, n. 80

1.- Tenuta albi – Avvocato cancellato con decisione divenuta definitiva – Reiscrizione – Condizioni.

1.- L’avvocato cancellato per motivi disciplinari può essere reiscritto all’albo se concorrano tutti i requisiti previsti dall’articolo 17 l.p. e, in analogia con quanto previsto dalla radiazione, soltanto dopo il decorso del periodo di cinque anni dalla delibera di cancellazione, adottata nei suoi confronti dal C.d.O. (Respinge il ricorso avverso decisione C.d.O. di Foggia, 28 luglio 2011).

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 103

1.-  Tenuta degli albi – Dipendente pubblico part time – Divieto di espletamento del mandato ex art. 1, comma 56 bis, L. n. 662/1996 – Violazione – Conflitto di interessi – Sussiste.

1.- La disposizione di cui all’art. 1, comma 56 bis, L. n. 662/96, che vieta di espletare il mandato nel caso in cui sia parte del procedimento la P.A., sia pur preveduta nel comparto del pubblico impiego, ha refluenza nella condotta dell’avvocato iscritto part time nell’albo professionale tenuto dal Consiglio dell’Ordine forense. Ritiene il Collegio, infatti, che la disposizione legislativa debba essere intesa nel senso che la finalità della norma è di impedire che l’avvocato iscritto all’Ordine in regime di part time possa, comunque, assumere la difesa di una parte in contrasto con gli interessi della controparte ove quest’ultima sia una p.a. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bologna, 16 luglio 2008).

Cons. Naz. Forense 26-07-2012, n. 109

1.- Tenuta degli albi – Avvocato stabilito – Esercizio della professione all’estero – Domanda di iscrizione Sezione Speciale Avvocati Stabiliti – Requisiti – Iscrizione Albo – Mancanza di esercizio di adeguata attività professionale nel Paese estero – Domanda respinta.

1.- Va rigettato il ricorso avverso la delibera del COA che respinge la domanda di iscrizione nella Sezione speciale degli avvocati stabiliti ove l’istante non dimostri di aver effettuato adeguata attività professionale nel Paese estero pur nel rispetto del requisito formale (l’iscrizione nell’Albo) posto dalle norme comunitarie a garanzia dello stabilimento del professionista nei diversi Paesi dell’Unione Europea, poiché la Direttiva 98/5/CE intende tutelare il caso del professionista di uno Stato membro che voglia trasferire l’esercizio della propria attività in altro Stato membro dell’Unione Europea e non il caso, concretante un abuso del diritto comunitario, in cui si rileva da un lato la circostanza oggettiva per la quale, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa comunitaria, l’obiettivo perseguito dalla normativa stessa non è stato perseguito e raggiunto; dall’altro un elemento soggettivo, consistente nella volontà di ottenere un vantaggio (quello di esercitare la professione legale in Italia, senza il superamento di un esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio, prescritto dall’art. 33 co. V, della Costituzione), attraverso un uso eterodosso della normativa comunitaria, mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento.

Cons. Naz. Forense 17-09-2012, n. 115

1.-  Tenuta degli albi – Praticante avvocato abilitato al patrocinio – Intervenuta scadenza del termine – Cancellazione dal registro dei praticanti – Esclusione.

1.- Il decorso del termine di sei anni previsto dall’art. 8 del r.d.l. n. 1578 del 1933 ed il venir meno dell’abilitazione provvisoria, non determinano il venir meno dello status di praticante e dell’interesse del praticante stesso a rimanere iscritto al Registro speciale per proseguire nello svolgimento della pratica, pur essendo privo dello ius postulandi.

PRINCIPI GENERALI

Cons. Naz. Forense 30-01-2012, n. 8

1.- Principi generali – Rilevanza dei comportamenti tenuti dal professionista nella vita privata.

1.- Il professionista risponde, sotto il profilo deontologico, anche di fatti commessi al di fuori dell’esercizio dell’attività professionale atteso che il dovere dell’iscritto all’albo forense di comportarsi in modo corretto, probo e leale si estende non solo ad ogni avvenimento della sua vita professionale, ma anche alla sua vita privata, per quegli aspetti che investano in qualche modo la dignità della professione. (Accoglie il ricorso avverso delibera C.d.O. Bolzano, 4 aprile 2008).

Cons. Naz. Forense 30-01-2012, n. 10

1.- Principi generali – Dovere di evitare incompatibilità – Carica di presidente del consiglio di amministrazione in società commerciale – Poteri di ordinaria e di straordinaria amministrazione – Incompatibilità con iscrizione albo professionale – Sussiste.

1.- Il professionista che ricopra la carica di presidente del consiglio di amministrazione di una società commerciale con tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione versa nell’ipotesi di incompatibilità, prevista dall’art. 3 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 che dispone l’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato con l’esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui. Tale previsione deve intuitivamente riferirsi anche all’amministratore di società di persone o di capitali che eserciti una attività commerciale, a meno che non ricopra una carica meramente rappresentativa e onoraria o non abbia delegato tutte le funzioni gestorie ad altri soggetti (Amministratore delegato, Direttore generale, altri componenti del Consiglio di Amministrazione) in virtù di una facoltà statutariamente prevista.

Cons. Naz. Forense 20-02-2012, n. 17

1.- Principi generali – Illecito disciplinare – Imputabilità – Elemento soggettivo – Consapevolezza illegittimità condotta – Irrilevanza – Volontarietà dell’azione – Sufficienza.

1.- Ai fini della imputabilità dell’infrazione disciplinare non è necessaria la consapevolezza dell’illegittimità dell’azione, dolo generico e specifico, essendo sufficiente la volontarietà con la quale l’atto deontologicamente scorretto è stato compiuto.

Cons. Naz. Forense 20-02-2012, n. 18

1.- Principi generali – Dovere di correttezza e indipendenza – Assunzione di pratiche tramite agenzia – Accaparramento di clientela – Illecito deontologico.

1.- Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che assuma pratiche per il tramite di una agenzia e svolga attività professionale senza ricevere il mandato diretto della parte assistita così ponendo in essere una ipotesi di non consentito accaparramento di clientela.

Cons. Naz. Forense 20-02-2012, n. 23

1.- Principi generali – Dignità e decoro – Violazione – Deposito nomina subordinato al pagamento di acconto – Sussiste.

2.- Principi generali – Dovere di diligenza – Violazione – Compimento attività in assenza di mandato – Sussiste.

1.- Il comportamento dell’avvocato che in possesso di una nomina subordini il deposito della stessa al pagamento di un acconto, costituisce condotta altamente deplorevole e certamente lesiva dei doveri di dignità e decoro, che vìola norme deontologiche.

2.- La violazione dei canoni deontologici si configura sia nel caso in cui il difensore che ha ricevuto regolare mandato ometta di svolgere attività, sia nel caso in cui in mancanza di un mandato il difensore abbia svolto attività, cosicché anche a voler ritenere valide le proposizioni difensive le stesse non potrebbero sortire l’effetto di escludere la configurabilità dell’illecito deontologico. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Crema, 22 ottobre 2009).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 34

1.- Principi generali – Informazione sull’attività professionale – Limiti – Accaparramento di clientela – Predeterminazione dei costi – Proporzionalità e adeguatezza – Doveri di correttezza, dignità e decoro – Violazione.

1.- Le norme deontologiche relative alla pubblicità (art. 17 e 17 bis) devono essere lette ed interpretate nel quadro generale del contesto normativo in cui si sono inserite. Ne discende che la pubblicità informativa essendo consentita nei limiti fissati dal Codice Deontologico Forense, deve, dunque, essere svolta con modalità che non siano lesive della dignità e del decoro propri di ogni pubblica manifestazione dell’avvocato ed in particolare di quelle manifestazioni dirette alla clientela reale o potenziale. La pubblicità mediante la quale il professionista con il fine di condizionare la scelta dei potenziali clienti, e senza adeguati requisiti informativi, offra prestazioni professionali, vìola le prescrizioni normative, integrando il messaggio con modalità attrattive della clientela operate con mezzi suggestivi ed incompatibili con la dignità e con il decoro. In particolare, la proposta commerciale che offra servizi professionali a costi molto bassi lede il decoro della professione a prescindere dalla corrispondenza o meno alle indicazioni tariffarie, dovendosi considerare l’adeguatezza del compenso al valore e all’importanza della singola attività posta in essere. (Nel caso di specie, il CNF ha riscontrato nel messaggio pubblicitario sottoposto al suo giudizio una marcata natura commerciale, in quanto volto a persuadere il cliente ed eccedente l’ambito informativo previsto dalla norma deontologica, da ritenersi quindi accattivante, sia per la competitività sui prezzi, sia per la dimensione variabile dei caratteri). (Riforma parzialmente la decisione del C.d.O. di Monza del 18 gennaio 2010)

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 35

1.- Principi generali – Dovere di lealtà e correttezza – Rapporti con il collega difensore proprio – Consegna documento falso – Falsità taciuta – Responsabilità disciplinare – Illecito deontologico – Sussiste

1.- Sussiste la responsabilità disciplinare dell’avvocato, in relazione alle norme e ai principi contestati, il quale abbia consegnato ad un collega suo difensore un documento che egli aveva falsificato nel proprio interesse al fine di conseguire un compenso non dovuto, tacendogli la falsità dell’atto; e che lo abbia consegnato perché venisse prodotto in giudizio come elemento di prova.

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 38

1.- Principi generali – Dovere di riservatezza – Produzione di corrispondenza inviata dal collega e qualificata come riservata – Illecito deontologico – Valutazione discrezionale del carattere riservato della corrispondenza – Inammissibilità.

1.- Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che produca in giudizio la corrispondenza intercorsa con il collega e qualificata come riservata dallo stesso mittente; tale qualifica, infatti, non consente alcuno spazio valutativo e deliberativo circa la producibilità, alla stregua del contenuto o della più o meno rilevante pregnanza della corrispondenza stessa al possibile fine della decisione della lite. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Como del 29 maggio 2006).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 39

1.- Principi generali – Pubblicità attività professionale – Limiti – Accaparramento di clientela – Nozione.

2.- Principi generali – Dovere di riservatezza – Definizione – Fattispecie.

1.- Il Codice deontologico forense, a seguito dell’entrata in vigore della normativa nota come “Bersani”, consente non una pubblicità indiscriminata (ed in particolare non comparativa ed elogiativa) ma la diffusione di specifiche informazioni sull’attività, anche sui prezzi, i contenuti e le altre condizioni di offerta di servizi professionali, al fine di orientare razionalmente le scelte di colui che ricerchi assistenza, nella libertà di fissazione di compenso e della modalità del suo calcolo. La peculiarità e la specificità della professione forense, in virtù della sua funzione sociale, impongono tuttavia, conformemente alla normativa comunitaria e alla costante sua interpretazione da parte della Corte di Giustizia, le limitazioni connesse alla dignità ed al decoro della professione, la cui verifica è dall’ordinamento affidata al potere-dovere dell’ordine professionale. Ne consegue che il disvalore deontologico continua a risiedere tutto negli strumenti usati per l’acquisizione della clientela, che non devono essere alcuno di quelli tipizzati in via esemplificativa nei canoni complementari dell’art. 19 c.d.f., non concretizzarsi nell’intermediazione di terzi (agenzie o procacciatori), né essere, più genericamente, “mezzi illeciti” o meglio (nella versione vigente, approvata il 14 dicembre 2006) che possano esplicarsi in “modi non conformi alla correttezza e decoro”.

2.- Come esplicazione del decoro e della dignità che la funzione sociale della professione impone, il dovere di riservatezza posto a carico dell’avvocato è dato a tutela dell’interesse pubblico in quanto anche la riservatezza nei rapporti fra cliente e professionista garantisce lo svolgersi dell’attività di assistenza e consulenza legale nell’ottica dell’attuazione dell’ordinamento. Pertanto, così come è inibito all’avvocato rivelare i nomi dei propri clienti (art. 17 CDF) non è per costui neppure possibile esporli in vetrina. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Torino del 1 luglio 2009).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 42

1.- Principi generali – Dovere di lealtà, probità e correttezza – Dovere di diligenza – Mancata restituzione dei titoli – Illecito deontologico – Sussiste – “Confusione nell’archivio di studio” – Esimente – Esclusione.

1.- Non appare giustificabile un ritardo di oltre un anno nella restituzione dei titoli da parte del professionista il quale, investito di un deposito fiduciario, non avrebbe dovuto attendere un tempo così lungo né subire una causa civile, in violazione del dovere di lealtà in via generale disposto dall’art. 6 del Codice Deontologico Forense. La violazione del dovere di diligenza del professionista non può giustificarsi nella “confusione dell’archivio di studio”: tale circostanza non può certo considerarsi un’esimente, incidendo inevitabilmente sui doveri di difesa dell’avvocato nell’adempimento dei propri doveri professionali, e ciò in violazione dell’art. 8 del Codice Deontologico Forense. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Milano del 29 giugno 2009).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 44

1.- Principi generali – Dovere di probità dignità e decoro – Alterazione di documenti, di date – Correzione elementi di una perizia – Falsificazione di documenti e certificati amministrativi e sanitari – Illecito deontologico – Sussiste.

1.- Non può esservi dubbio alcuno che il professionista che ponga in essere una serie ripetuta di falsificazioni realizza un comportamento contrario ai principi di correttezza, dignità e decoro professionale deontologicamente rilevante, idoneo a vulnerare gravemente il prestigio personale e dell’intera classe forense. Sussiste quindi la responsabilità disciplinare del professionista in casi di alterazione di documenti, della data sugli stessi, correzione degli elementi di una perizia, alterazione di documenti e certificati amministrativi e sanitari. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Bologna del 21 luglio 2010).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 48

1.- Principi generali – Divieto di pubblicità – Intervista ad un quotidiano – Illecito deontologico – Ipotesi di insussistenza.

1.- Non comporta alcuna violazione deontologica l’intervista apparsa su un quotidiano quando si escluda “l’intenzionalità” dell’incolpato di farsi pubblicità in violazione delle norme deontologiche. (Accoglie il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Asti dell’8 luglio 2009).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 55

1.- Principi generali – Dovere di aggiornamento professionale – Crediti formativi – Frode – Non sussiste.

1.- Va riformata perché il fatto non sussiste la decisione con cui il C.d.O. commina la sanzione disciplinare dell’avvertimento all’avvocato ritenuto responsabile del tentativo fraudolento di ottenere il riconoscimento di crediti formativi, laddove non sussista l’elemento psicologico (nel caso di specie, il C.N.F. ha ritenuto infatti non sussistere i presupposti dell’addebito poiché, da un lato, difettava la volontà di ottenere crediti formativi con artifici e raggiri, e, dall’altro, il diritto al riconoscimento del credito poteva dirsi già maturato). (Accoglie il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Modena del 14 febbraio 2011).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 57

1.- Principi generali – Norme deontologiche – Violazione – Sanzione – Misura – Elementi idonei alla attenuazione della responsabilità – Censura – Adeguatezza.

1.- Va accolto il ricorso diretto a conseguire, nella pur riconosciuta responsabilità, l’irrogazione di sanzione meno grave di quella determinata dal Consiglio, ove si consideri il quadro probatorio esaminato, gli elementi istruttori e in particolare la regressione di alcuni capi di incolpazione, nonché il ridimensionamento degli elementi psicologici posti a giustificazione di altri capi di incolpazione. (Accoglie il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Ravenna del 20 ottobre 2009).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 61

1.- Principi generali – Illecito disciplinare – Elemento soggettivo – Conoscenza giuridica – Conseguenze della condotta.

1.- La reiterazione dei comportamenti, l’esistenza di procedimenti penali, di ulteriori procedimenti disciplinari e l’elevata gravità dei fatti idonea a gettare discredito sull’intera classe professionale sono tutti elementi che non vengono elisi dalle manifestate difficoltà incontrate dall’avvocato nella gestione di “numerosi incarichi” assunti. A tanto va aggiunto che sotto il profilo dell’elemento soggettivo, per la configurabilità di un illecito disciplinare è sufficiente il dolo generico, dal momento che il professionista, essendo in possesso delle necessarie conoscenze giuridiche per prevenire ed evitare le conseguenze del suo comportamento, in presenza di vicende non dovute a caso fortuito o forza maggiore, ben può rappresentarsi le stesse conseguenze. (Rigetta l’appello avverso la decisione del C.d.O. di Piacenza del 25 settembre 2009).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 63

1.- Principi generali – Disdoro alla classe forense – Presupposti.

1.- Il disdoro alla classe forense necessita per il suo configurarsi di un quid pluris rappresentato dal clamor fori, ovvero sia dalla conoscenza diffusa dei fatti tale da far percepire all’intera società in maniera disdicevole la figura dell’avvocato e dell’intera classe forense.

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 66

1.- Principi generali – Dovere di correttezza – Trattenimento somme – Trattenimento documenti – Illecito deontologico.

1.- Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, perché lesivo della dignità e decoro dell’intera classe forense, l’avvocato che riscuota e trattenga – oltre il tempo strettamente necessario – le somme liquidate in sentenza in favore di quelle parti dalle quali non abbia ricevuto incarico e che trattenga ingiustificatamente a tal fine i documenti relativi alla pratica. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Reggio Emilia del 21 novembre 2005).

Cons. Naz. Forense 30-04-2012, n. 89

1.- Principi generali – Illecito disciplinare – Sanzione – Misura

2.- Principi generali – Doveri di competenza e diligenza – Attività priva di legittimazione – Violazione

1.- In tema di procedimento disciplinare, la sanzione è determinata sulla base dei fatti complessivamente valutati, e non già per effetto di un computo meramente matematico ovvero in base ai principi codicistici in tema di concorso di reati, per i quali la pena per il reato più grave andrebbe aumentata per effetto della continuazione formale ritenuta, cosicché si debba determinare quantitativamente l’aumento operato sulla pena base per ogni violazione. Va pertanto escluso l’obbligo del C.d.O. di collegare le violazioni deontologiche a singole pene, dovendosi invece determinare la sanzione e la sua misura nel complesso idonea in base alla valutazione complessiva dei fatti, dei comportamenti, delle qualità e soprattutto del disvalore che gli stessi comportamenti determinano nella classe forense.

2.- Competenza e diligenza costituiscono presupposti impliciti dell’attività professionale. Mentre la diligenza, espressamente richiamata anche dalle norme sul mandato, assicura la qualità della prestazione dovuta, la competenza tende ad affermare la legittimazione specifica dell’attività professionale richiesta dalla parte assistita. E se l’avvocato che svolge il mandato con incuria e mancanza di attenzione viola il principio fondamentale della deontologia forense, intesa come “scienza del dovere” ovvero come “etica professionale”, il riferimento alla “adeguata competenza” contenuto nell’art. 12 del c.d.f. consente una valutazione della capacità sostanziale usata dal professionista nei confronti del cliente. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Verona, 23 novembre 2009).

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 95

1.- Principi generali – Condanna per fatti di rilevanza penale – Sospensione cautelare – Revoca – Esclusione.

1.- Appare corretta l’argomentazione secondo cui la revoca della sospensione cautelare, a brevissima distanza di tempo dalla pubblicazione della sentenza della Corte d’Appello, potrebbe danneggiare l’immagine dell’Avvocatura facendo apparire l’Ordine disponibile a legittimare lo svolgimento della professione forense da parte di chi sia stato condannato per fatti di particolare gravità (truffa e circonvenzione d’incapace) commessi in danno delle parti assistite.

Cons. Naz. Forense 17-09-2012, n. 110

1.- Principi generali – Dovere di probità, dignità e decoro – Violazione – Condotta incriminata – Mancanza del presupposto – Sanzione – Non sussiste.

1.- Va accolto il ricorso avverso la decisione del COA che sanziona il professionista nella convinzione che lo stesso abbia agito in violazione dei principi generali della probità, dignità e decoro ai quali l’avvocato è tenuto ad uniformare generalmente la propria condotta, anche relativamente alle vicende non direttamente riconducibili nell’area dell’esercizio proprio dell’attività professionale, nel caso in cui venga dimostrato il venir meno del presupposto qualificante la condotta incriminata. (Nella specie, la contestazione disciplinare costituente il presupposto della decisione sanzionatoria gravata si concentrava sull’assunto secondo cui il professionista si sarebbe reso parte della stipulazione di un patto commissorio. Tuttavia, a giudizio del Consiglio Nazionale Forense, nella sua formulazione testuale il rogito di specie non presentava alcuno spunto sostanziale che potesse orientare l’interprete verso la conclusione, assiomaticamente fatta propria dal Consiglio territoriale, che le parti stipulanti avessero realisticamente inteso porre in essere un patto commissorio). (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Vicenza, 9 settembre 2009).

PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

Cons. Naz. Forense 30-01-2012, n. 9

1.- Procedimento disciplinare – Ricorso al CNF – Ricorso proposto personalmente dall’incolpato – Difetto di jus postulandi – Inammissibilità.

1.- E’ inammissibile il ricorso sottoscritto personalmente ed esclusivamente da professionista privo dello jus postulandi ex art. 63, co. 1, R.D. n. 37/1934, perché non iscritto all’albo professionale, in quanto radiato, e non assistito da un legale abilitato al patrocinio davanti le giurisdizioni superiori. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso delibera C.d.O. Roma, 28 aprile 2011).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 33

1.- Procedimento disciplinare – Impugnazione decisione COA – Obbligo di puntuale specifica motivazione – Sussiste – Mera proposizione di un dubbio interpretativo – Deduzione irrituale – Inammissibilità del mezzo – Sussiste

1.- Dall’irritualità della deduzione, che anziché contenere una critica specifica alla decisione impugnata, fondata ad esempio sull’affermazione di una opzione interpretativa diversa da quella fatta propria dal Consiglio dell’Ordine, si risolve nella mera proposizione di un dubbio interpretativo, discende l’inammissibilità del mezzo.

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 34

1.- Procedimento disciplinare – Delibera di archiviazione per “non essere emersi elementi di rilievo deontologico” – Precedente giudicato – Lesione principio ne bis in idem – Non sussiste.

1.- La delibera di archiviazione di “pratica disciplinare” per “non essere emersi elementi di rilievo deontologico”, non può assumere il rilievo di precedente giudicato, e tanto dal momento che non è mai venuto ad esistenza un vero e proprio procedimento. L’ipotesi di bis in idem può invocarsi solo in presenza di un precedente giudizio, in quanto non si può essere giudicati due volte per un medesimo fatto, seppur diversamente qualificato. La decisione deve però giungere al termine o nel corso di un regolare giudizio precedentemente insorto, ciò vuol dire che ove non ci sia stato un vero e proprio giudizio non può sussistere bis in idem.

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 35

1.- Procedimento disciplinare – Prescrizione – Violazione deontologica di carattere permanente.

1.- Laddove, la condotta illecita dell’incolpato cessi soltanto con la rinuncia agli atti del giudizio, nonostante l’apertura del procedimento disciplinare, può escludersi l’applicazione del termine di prescrizione. Ove la condotta sia “perdurante” nel tempo (che con termini penalistici può quindi definirsi “permanente” oppure “protratta”), infatti, il momento iniziale di decorrenza della prescrizione deve essere riportato non già alla data di realizzazione del fatto illecito ma alla data di cessazione della condotta medesima. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Asti del 16 settembre 2009).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 45

1.- Procedimento disciplinare – Procedimento dinanzi al C.d.O. – Convocazione collegio giudicante – Eccezione nullità – Proposizione per la prima volta dinanzi al C.N.F. – Inammissibilità.

2.- Procedimento disciplinare – Ricusazione – Termine per la proposizione del dell’eccezione.

3.- Procedimento disciplinare – Prescrizione – Violazione deontologica di carattere continuo – Termine quinquennale – Decorrenza.

4.- Procedimento disciplinare – Azione disciplinare – Natura obbligatoria – Giudicato penale per lo stesso fatto – Prescrizione – Decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza penale.

1.- Atteso che il procedimento disciplinare dinanzi al C.d.O. ha natura amministrativa, l’invalidità dell’atto amministrativo, sia esso nullo o annullabile, non può mai essere rilevata d’ufficio ma deve essere eccepita dalla parte interessata nel corso del procedimento sino al suo compimento, al fine di consentire la rinnovazione degli atti compiti. Ne consegue che l’invalidità della costituzione dell’organo giudicante deve essere eccepita dalla parte interessata nel corso del procedimento e non come motivo di gravame innanzi al C.N.F., con l’ulteriore specificazione che l’eventuale vizio di convocazione del Collegio deve ritenersi sanato qualora quest’ultimo si riunisca con il numero legale dei componenti in base al principio del raggiungimento dello scopo. In difetto di una specifica previsione normativa della convocazione del Consiglio può essere effettuata con qualsiasi mezzo idoneo al raggiungimento dello scopo, né, ai fini della sua valida costituzione, occorre la precostituzione della prova dell’avvenuta convocazione di tutti i suoi membri, quando, peraltro, essendo il Consiglio dell’Ordine un organo amministrativo imperfetto, la legge si limiti a stabilire la partecipazione di un numero minimo di componenti per la validità della seduta stessa.

2.- L’istanza di ricusazione deve presentarsi, a pena di inammissibilità, mediante atto sottoscritto dalla parte o da un procuratore speciale da depositarsi presso la segreteria dell’organo ricusato almeno un giorno prima del dibattimento.

3.- L’azione disciplinare si prescrive in cinque anni dalla commissione del fatto se questo integra una condotta istantanea che si consuma e si esaurisce nel momento in cui la stessa viene posta in essere. Ove, invece, la violazione deontologica risulti integrata da una condotta protrattasi nel tempo la decorrenza del termine ha inizio dalla data di cessazione della condotta medesima.

4.- L’azione disciplinare avente ad oggetto il medesimo fatto per il quale sia stata formulata un’imputazione penale abbia natura obbligatoria e non possa essere iniziata prima che si sia verificato il presupposto della sentenza penale definitiva, con la conseguenza che la prescrizione decorre dal momento in cui può essere esercitato il diritto di punire e cioè dal passaggio in giudicato della sentenza penale. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Prato del 21 luglio 2010).

Cons. Naz. Forense 02-04-2012, n. 52

1.- Procedimento disciplinare – Sospensione cautelare – Natura – Presupposti.

1.- La sospensione cautelare non può essere disposta, al fine di salvaguardare l’Ordine Forense dalla menomazione di prestigio che può derivare all’intera categoria, per il solo fatto dell’assoggettamento dell’incolpato al procedimento penale per determinati reati o comportamenti, atteso che il provvedimento amministrativo previsto dal 3° comma dell’art. 43 L.P. ha natura non di sanzione disciplinare ma cautelare e, pur in presenza di un procedimento penale a carico dell’avvocato, non può essere automatico, ma frutto di ponderata e motivata decisione discrezionale da parte del C.d.O. con riferimento ad entrambi i requisiti richiesti per l’emissione del provvedimento stesso, ossia la gravità delle incolpazioni e il cd. strepitus fori, inteso quest’ultimo quale turbamento e clamore suscitati nell’opinione pubblica, con inevitabile riverbero sull’intera classe forense. (Accoglie il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Alessandria del 28 ottobre 2011).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 53

1.- Procedimento disciplinare – Decisione di archiviazione – Impugnazione.

1.- Il procedimento di archiviazione del C.d.O. è atto inimpugnabile. In materia disciplinare, infatti, l’impugnazione è consentita solo avverso le decisioni che concludono un procedimento disciplinare e legittimati a proporla sono solo l’iscritto contro cui si procede e il P.G. presso la Corte d’appello. Ogni altra impugnazione proposta da soggetti diversi da quelli indicati non è ammissibile. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso la delibera del C.d.O. di Padova del 15 giugno 2010).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 56

1.- Procedimento disciplinare – Ricorso al C.N.F – Revocazione – Tassatività dei motivi – Mancata specificazione dei motivi – Inammissibilità

1.- Va dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione avverso la decisione del CNF privo dell’indicazione specifica del motivo per il quale viene presentato il gravame e chiesta la riforma della decisione nonché, pur nel generico richiamo di atti e documenti, privo dell’illustrazione della sussistenza dell’incidente relazione diretta tra il documento asseritamente rinvenuto e la diversa statuizione invocata, riducendosi il documento invocato a mero strumento di valutazione indiretta dei fatti di causa. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso la decisione del CNF 100/09 RD del 26 febbraio 2009 – 11 novembre 2009).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 59

1.- Procedimento disciplinare – Decisione del C.d.O. – Decisione che dispone l’apertura del procedimento – Atto insindacabile a carattere endoprocedimentale – Impugnazione – Inammissibilità.

1.- Va ritenuto inammissibile il ricorso avverso la deliberazione consiliare di apertura del procedimento disciplinare, trattandosi di atto insindacabile di natura endoprocedimentale e, quindi, inidoneo ad incidere concretamente ed immediatamente su alcuna situazione giuridicamente protetta dall’iscritto, anche in ragione della sua modificabilità e/o revocabilità. Deve, dunque, escludersi che il provvedimento di apertura del procedimento disciplinare abbia natura decisoria ai fini della relativa impugnabilità, poiché il legislatore in nessun modo lo qualifica come tale ed anzi ne modella la disciplina positiva come un mero atto endoprocedimentale, il cui contenuto, in quanto integrante una “enunciazione sommaria dei fatti” (così come richiesto dall’art. 47, co. 1, R.D. n. 37/1934), mal si concilia con tale sua pretesa natura decisoria e, quindi, con la sua immediata impugnabilità. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso la delibera del C.d.O. di Roma del 23 novembre 2010).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 62

1.- Procedimento disciplinare – Termine quinquennale – Dies a quo – Sentenza penale di condanna irrevocabile – Decorrenza.

2.- Procedimento disciplinare – Reato di calunnia ex art. 368 c.p. – Sentenza di condanna – Radiazione – Adeguatezza.

1.- Il dies a quo, dal quale far decorrere il quinquennio per l’esercizio del potere disciplinare coincide con la data nella quale la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile.

2.- La condanna riportata dal professionista per il reato di cui all’art. 368 c.p., che si colloca tra i delitti contro l’amministrazione della giustizia, risulta pregiudizievole per la condotta specchiatissima richiesta quale requisito per lo svolgimento dell’attività forense, dal momento che il professionista dovrebbe agire proprio in tutela del diritto, coadiuvando le altre parti nell’amministrazione della giustizia. (Nella specie, è stata ritenuta congrua la pena della radiazione dall’albo del professionista che ha commesso il reato nell’esercizio della propria attività professionale e al fine di nascondere altre condotte gravemente censurabili e di assicurarsi il profitto di una mancata attività professionale). (Rigetta il ricorso la decisione del C.d.O. di Roma del 16 luglio 2009).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 67

1.- Procedimento disciplinare – Composizione collegio giudicante – Immutabilità – Esclusione –  Condizione.

1.- Costituisce pacifico principio quello secondo cui il procedimento dinanzi al Consiglio dell’Ordine ha natura amministrativa e ad esso non si applica il criterio della immodificabilità della composizione del Collegio, purché sia rispettato il quorum minimo deliberativo.

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 68

1.- Procedimento disciplinare – Procedimento dinanzi al C.d.O. – Omessa indicazione delle norme deontologiche violate – Invalidità – Esclusione.

2.- Procedimento disciplinare – Procedimento davanti al C.d.O. – Prova testimoniale – Dichiarazioni dell’esponente – Insufficienza – Prova documentale – Conformità – Completezza dell’istruttoria – Sussistenza.

1.- La mancata indicazione della norma deontologica violata non determina l’invalidità del procedimento disciplinare, atteso che, per pacifica e consolidata giurisprudenza, la contestazione, se adeguatamente specificata quanto all’indicazione dei comportamenti addebitati e tale da garantire all’incolpato la predisposizione di una difesa compiuta ed efficace, non richiede né la precisazione delle fonti di prova da utilizzare, né la individuazione delle precise norme deontologiche che si assumono violate, considerata altresì la norma di chiusura di cui all’art. 60 c.d.f.

2.- Per costante orientamento giurisprudenziale, l’attività istruttoria espletata dal Consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata allorquando la valutazione disciplinare sia avvenuta non già solo ed esclusivamente sulla base delle dichiarazioni dell’esponente, ovvero, come nel caso di specie, di quelle di altro soggetto portatore di un interesse personale nella vicenda, ma altresì dall’analisi delle risultanze documentali acquisite agli atti del procedimento, che rappresentano certamente criterio logico-giuridico inequivocabile a favore della completezza e definitività dell’istruttoria.

Cons. Naz. Forense 30-04-2012, n. 79

1.- Procedimento disciplinare – Ricorso al C.N.F. – Natura del giudizio di appello – Effetto devolutivo – Mancata specificazione dei motivi di impugnazione – Inammissibilità – Indicazione chiara ed univoca ragioni fatto e diritto – Necessità.

2.- Procedimento disciplinare – Decisione del C.d.O. – Istanza di sospensione – Inammissibilità.

1.- Il giudizio innanzi al C.N.F. è da considerarsi giudizio devolutivo, cosicché il campo decisionale è circoscritto dai motivi, e seppure non si debba interpretare tale termine in senso restrittivo e formalistico è pur sempre necessario che l’atto contenga una indicazione chiara e univoca delle doglianze in fatto e in diritto mosse alla decisione sottoposta a critica, in grado di consentire l’individuazione dei limiti del devolutum e quindi delle questioni che si vogliono sottoporre ad un riesame.

2.- La proposizione di una istanza di sospensione nel ricorso sul provvedimento impugnato deve ritenersi inammissibile, atteso che lo stesso ricorso, ai sensi dell’art. 37 co. 5 della legge n. 36/1934, ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Palermo, 27 maggio 2009).

Cons. Naz. Forense 30-04-2012, n. 82

1.- Procedimento disciplinare – Decisione del C.d.O. – Firma del Presidente e del Segretario in carica al momento del deposito della decisione – Legittimità – Mancanza di sottoscrizione – Nullità.

2.- La decisione disciplinare del C.d.O., secondo quanto normativamente disposto dal r.d. n. 37 del 1934, recante norme integrative e di attuazione alla legge professionale forense, deve essere sottoscritta dal Presidente e dal Segretario che hanno partecipato alla seduta in cui la deliberazione è stata adottata. Pertanto deve essere dichiarata nulla la decisione che non soddisfi tale prescrizione. (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Rovigo, 6 luglio 2007).

Cons. Naz. Forense 30-04-2012, n. 84

1.- Procedimento disciplinare – Ricusazione – Diretta impugnabilità dinanzi al CNF – Esclusione – Ricusazione intero C.d.O. – Inammissibilità.

2.- Procedimento disciplinare – Procedimento dinanzi al C.d.O. – Istanza di ricusazione – Procedimento dinanzi al CNF – Esclusione – Decisioni assunte da giudice incompatibile – Competenza del CNF – Sussiste.

1.- Per costante giurisprudenza, il sistema di cui agli artt. 54 segg. dell’Ordinamento Professionale esclude la diretta impugnabilità innanzi al C.N.F. delle deliberazioni assunte in relazione alle istanza di ricusazione contro i Consigli Territoriali, trattandosi di procedimento amministrativo che conduce ad un provvedimento non espressamente incluso tra quelli impugnabili al C.N.F. Va altresì ritenuta inammissibile la ricusazione rivolta nei confronti “…della maggioranza di Consiglieri…”, dovendo essa riguardare il Giudice come persona fisica e, quindi, essere rivolta specificatamente a singoli componenti del Collegio, e non indiscriminatamente.

2.- La tendenziale incompetenza del C.N.F., che non può sindacare le decisioni delle istanze di ricusazione da parte dei Consigli territoriali, risulta temperata dalla impugnabilità della decisione che il giudice incompatibile compia ugualmente nel merito pur in composizione tale che avrebbe dovuto dare luogo ad obbligo di astensione, restando così garantita la tutela processuale della parte che abbia proposta istanza di ricusazione. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Palermo, 27 gennaio 2011).

Cons. Naz. Forense 30-04-2012, n. 85

1.- Procedimento disciplinare – Procedimento dinanzi al C.d.O. – Provvedimento di archiviazione dell’esposto – Impugnazione – Inammissibilità.

1.- Deve ritenersi inammissibile poiché proposto avverso una deliberazione che, in difetto di apposita previsione normativa, sfugge alla competenza del C.N.F., il ricorso avverso la decisione con cui il C.d.O. dispone l’archiviazione di un esposto, atteso che gli atti impugnabili avanti il C.N.F. sono previsti in modo tassativo e riguardano, oltre alle decisioni che concludono un procedimento disciplinare, la tenuta degli albi, i certificati di compiuta pratica forense, le elezioni dei Consigli dell’Ordine, i conflitti di competenza. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bergamo, 22 febbraio 2011).

Cons. Naz. Forense 30-05-2012, n. 90

1.- Procedimento disciplinare – Decisione C.d.O. – Principio di difesa – Corrispondenza tra il fatto contestato e il fatto sanzionato – Necessità.

1.- Nel rispetto del principio di difesa dell’incolpato, va accolto il ricorso avverso una decisione del C.d.O. che risulta affetta da evidente violazione del principio di corrispondenza tra il fatto contestato e quello sanzionato.

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 92

1.- Procedimento disciplinare – Procedimento dinanzi al C.d.O. – Impedimento a comparire – Carattere assoluto – Necessità – Certificato medico – Genericità della patologia – Mancata attestazione del carattere assoluto dell’impedimento – Esclusione.

2.- Procedimento disciplinare – Procedimento davanti al C.d.O. – Sanzione disciplinare – Condotta particolarmente grave.

1.- Legittimamente il C.d.O., a fronte della presentazione di un ulteriore certificato medico presentato dall’incolpato al fine di ottenere il rinvio dell’udienza, delibera di procedere nel caso in cui detto certificato, per l’evidente genericità della diagnosi, risulti privo dell’attestazione che la patologia determini un impedimento assoluto a comparire.

2.- La condotta posta in essere da un avvocato in violazione di norme deontologiche, che si rileva di particolare gravità per essere lesiva di molteplici valori deontologici e per essersi protratta per un consistente lasso di tempo durante il quale l’incolpato non ha mostrato concreti segni di ravvedimento, persistendo nella condotta distruttiva, non può indurre a sanzionare il fatto con una sanzione di specie diversa più lieve (censura) od anche solo più contenuta nel quantum di quella comminata dal C.d.O. a conclusione del procedimento disciplinare.

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 94

1.- Procedimento disciplinare – Decisione del C.d.O. – Impugnazione – Termine ex art. 50 co. 2 R.D.L. n. 1578/33 – Dies a quo – Notificazione nei confronti dell’incolpato – Decorrenza – Notificazione nei confronti del difensore – Irrilevanza.

1.- L’art. 50, co. 1, R.D.L. n. 1578/1933 va interpretato, per costante orientamento giurisprudenziale, nel senso che la notificazione della decisione del C.d.O. è necessaria soltanto nei confronti dell’incolpato, e non anche nei confronti del suo difensore e che, al fine di verificare se vi è stata osservanza del termine di venti giorni per il ricorso al C.N.F., deve aversi riguardo esclusivamente alla data dell’avvenuta notificazione nei confronti dell’incolpato, dalla quale decorre il termine per l’impugnazione. Va, pertanto, dichiarato inammissibile, perché tardivo, il ricorso al C.N.F. depositato oltre il termine di giorni venti dalla notifica del provvedimento impugnato, così come previsto dall’art. 50 L.P.

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 97

1.- Procedimento disciplinare – Procedimento dinanzi al C.d.O. – Provvedimento di archiviazione dell’esposto – Impugnazione – Inammissibilità .

1.- Deve ritenersi inammissibile poiché proposto avverso una deliberazione che, in difetto di apposita previsione normativa, sfugge alla competenza del C.N.F., il ricorso avverso la decisione con cui il C.d.O. dispone l’archiviazione di un esposto, atteso che gli atti impugnabili avanti il C.N.F. sono previsti in modo tassativo e riguardano, oltre alle decisioni che concludono un procedimento disciplinare, la tenuta degli albi, i certificati di compiuta pratica forense, le elezioni dei Consigli dell’Ordine, i conflitti di competenza. Sfuggono conseguentemente alla competenza giurisdizionale del C.N.F. gli altri provvedimenti emessi dal C.d.O., tra i quali i provvedimenti di archiviazione.

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 98

1.-  Procedimento disciplinare – Procedimento dinanzi al C.d.O. – Omessa indicazione delle norme deontologiche violate – Invalidità – Esclusione.

2.-  Procedimento disciplinare – Decisione del C.d.O. – Corrispondenza tra contestazione e pronunzia disciplinare – Diritto di difesa dell’incolpato – Violazione – Limiti.

3.- Procedimento disciplinare – Procedimento davanti al C.d.O. – Valutazione prove – Principio libero convincimento del giudice.

4.- Procedimento disciplinare – Valutazione rilevanza delle prove – Discrezionalità C.d.O.

1.- L’omessa indicazione della norma deontologica violata non determina l’invalidità del procedimento disciplinare.

2.- Va esclusa la nullità della decisione con cui il C.O.A. ritenga che i fatti contestati integrino violazione di norme del codice deontologico non specificamente menzionate nel capo di incolpazione atteso che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, la contestazione disciplinare nei confronti di un avvocato, che sia adeguatamente specifica quanto all’indicazione dei comportamenti addebitati, non richiede altresìà la individuazione delle precise norme deontologiche che si assumono violate, ben potendo ricollegarsi la predeterminazione e la certezza dell’incolpazione a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività; ne consegue che, al fine di garantire il diritto di difesa dell’incolpato, necessaria e sufficiente è una chiara contestazione dei fatti addebitati, non assumendo, invece, rilievo la sola mancata indicazione delle norme violate o una loro erronea individuazione, spettando in ogni caso all’organo giudicante la definizione giuridica dei fatti contestati e configurandosi una lesione al diritto di difesa solo allorquando l’incolpato venga sanzionato per fatti diversi da quelli che gli sono stati addebitati ed in relazione ai quali ha apprestato la propria difesa.

3.- Conformemente al principio del libero convincimento del giudice, che va ritenuto applicabile al procedimento disciplinare davanti al C.d.O., il giudice della deontologia ha ampio potere discrezionale nel valutare la rilevanza e la conferenza delle prove dedotte, sicché deve ritenersi legittimo il comportamento del Consiglio locale che abbia basato la sua decisione sui riferimenti dei redattori dell’esposto che ebbe a dare origine al procedimento, specie laddove essi siano pienamente coerenti con le risultanze documentali acquisite al procedimento.

4.- Il giudice della deontologia, secondo un principio costantemente affermato anche dalla giurisprudenza della Corte regolatrice, ha ampio potere discrezionale nel valutare la rilevanza e la conferenza delle prove dedotte, sicché deve ritenersi legittimo il comportamento del COA che abbia rigettato la richiesta di audizione di alcuni testimoni spiegata dall’incolpato.

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 108

1.-Procedimento disciplinare – Procedimento dinanzi al C.d.O. – Delibera che dispone l’apertura del procedimento – Natura – Impugnazione – Inammissibilità.

1.- La deliberazione di avvio del procedimento disciplinare non è assimilabile alla “decisione” suscettibile di impugnazione in questa sede giurisdizionale ai sensi dell’art. 50 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578. La deliberazione in questione, infatti, non esprime alcuna attività valutativa o decisoria della vicenda sottesa, configurandosi come atto di portata endoprocedimentale destinato a soddisfare esigenze di garanzia dell’incolpato e di certezza in ordine alla definizione dei contenuti oggettivi dell’azione disciplinare.

Cons. Naz. Forense 17-09-2012, n. 113

1.- Procedimento disciplinare – Assoluzione per mancanza di infrazione disciplinare – Ricorso al C.N.F. del professionista – Inammissibilità per mancanza d’interesse.

2.- Procedimento disciplinare – Impugnazione al Consiglio nazionale forense – Interesse ad impugnare – Necessità – Sussiste.

1.- E’ inammissibile, per mancanza d’interesse, il ricorso al C.N.F. contro un provvedimento del C.d.O. con cui sia stato dichiarato che non esistono elementi tali da configurare una ipotesi di infrazione disciplinare. Infatti, l’interesse ad impugnare una sentenza o un capo di questa va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e si ricollega, pertanto, ad una soccombenza, anche parziale, nel precedente giudizio, in difetto della quale l’impugnazione è inammissibile.

2.- E’ inderogabile la regola dell’interesse ad impugnare che si immedesima nell’aspettativa di una modificazione in melius della statuizione impugnata.

Cons. Naz. Forense 17-09-2012, n. 119

1.- Avvocato – Procedimento disciplinare – Ricorso al C.N.F. – Mancata specificazione dei motivi di impugnazione – Inammissibilità

1.- Costituisce principio costante quello secondo cui la specificità dei motivi del gravame, necessaria ai fini dell’ammissibilità del ricorso, richiede l’indicazione chiara ed inequivoca, ancorché succinta, delle ragioni di fatto e di diritto della doglianza, tale da consentire l’identificazione esatta dei limiti del devolutum e, quindi, delle questioni che si intendono sottoporre al riesame, con la conseguenza che va ritenuta inammissibile l’impugnazione generica che chieda una riforma della decisione gravata, senza individuare con chiarezza quali siano le statuizioni investite dal gravame e quali siano le censure in concreto mosse alla motivazione di tale decisione.

 RAPPORTI CON LA CONTROPARTE

Cons. Naz. Forense 30-01-2012, n. 10

1.-  Rapporti con la controparte – Attività stragiudiziale – Addebito competenze e spese in proprio favore – Violazione art. 48 del codice deontologico – Sussiste.

1.- La richiesta di pagamento di competenze e spese avanzata dal professionista alla controparte per lo svolgimento di attività stragiudiziale vìola l’art. 48 del codice deontologico ove sia fatta in favore proprio e non in favore del proprio assistito. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. Milano, 14 luglio 2008).

Cons. Naz. Forense 17-09-2012, n. 116

1.- Rapporti con la controparte –  Minaccia di azioni alla controparte – Ratio – Principio di proporzionalità – Principio di non vessazione – Necessità

1.- Gli artt. 6 e 48 sono volti a contemperare le esigenze di difesa del proprio assistito con il rispetto della determinazione della controparte consentendo al difensore di rivolgere alle controparti una intimazione ad adempiere anche sotto comminatoria di azioni e/o istanze giudiziarie nonché denunzie. Naturalmente, però, un tale diritto/dovere non può essere illimitato, e oltre che rispettare i principi educazionali trova il suo limite nel principio di proporzionalità, secondo cui la reazione ad un comportamento illecito deve essere, quanto ai mezzi e alle conseguenze, proporzionata all’offesa. Tanto sta a significare che non dovranno mai essere minacciate azioni o iniziative sproporzionate, che non siano funzionali all’azione il cui adempimento viene richiesto, o che rappresentino per la controparte un rilevante pregiudizio anche di ordine extragiudiziario. Nel principio di proporzionalità, quindi, è contenuto anche il principio di non vessazione, dal momento che la sproporzione può essere individuata anche nella sottoposizione ad imposizioni materiali o morali che nessun collegamento funzionale abbiano con il soddisfacimento del diritto vantato.

RAPPORTI CON LA PARTE ASSISTITA

Cons. Naz. Forense 20-02-2012, n. 17

1.- Rapporti con la parte assistita – Richiesta compenso non dovuto – Illecito disciplinare – Insussistenza.

1.- La richiesta di un compenso non dovuto è inidonea di per sé ad integrare la fattispecie deontologicamente rilevante consistente nella richiesta di un compenso sproporzionato od eccessivo, poiché quest’ultimo può valutarsi come tale solo al termine di un giudizio di relazione condotto con riferimento a due termini di comparazione, ossia l’attività espletata e la misura della sua remunerazione da ritenersi equa; solo una volta che sia stato quantificato l’importo ritenuto proporzionato può essere formulato il successivo giudizio di sproporzione o di eccessività che, come ovvio, presuppone che la somma richiesta superi notevolmente l’ammontare di quella ritenuta equa (nella specie, il CNF ha ritenuto affetta da inesistenza o illogicità la motivazione con cui il Consiglio territoriale si era limitato puramente e semplicemente a dire che l’incolpato aveva richiesto il pagamento anche dei diritti collegati ad un’attività per la quale essi non erano dovuti). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bassano del Grappa, 2 dicembre 2009).

Cons. Naz. Forense 20-02-2012, n. 18

1.- Rapporti con la parte assistita – Richiesta di pagamento di attività professionali mai prestate – Richiesta di compensi eccessivi – Utilizzo di documenti del cliente per propri interessi – Attività dopo la revoca del mandato – Illecito deontologico.

1.- Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che richieda compensi eccessivi per attività mai svolta, che utilizzi documenti ricevuti in ragione del mandato per ottenere decreti di pagamento verso i propri clienti, e relativi ai pagamenti delle proprie spettanze professionali, e svolga attività dopo la revoca del mandato anche in contrasto con l’interesse del cliente stesso. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Catanzaro, 14 giugno 2010).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 28

1.- Rapporti con la parte assistita – Ricorso depositato fuori termine – Illecito deontologico.

1.- Vìola le norme deontologiche l’avvocato che a causa della sua condotta negligente tiene un comportamento professionale non conforme a quello dovuto, poco accorto e causativo di nocumento alla parte assistita, come nel caso di ricorso giurisdizionale dinanzi al Tar dichiarato inammissibile poiché depositato fuori termine. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bari, 22 aprile 2009).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 37

1.- Rapporti con la parte assistita – Conflitto di interessi – Violazione art. 51 c.d.f. – Valutazione caso concreto – Rilevanza.

1.- L’art. 51 del Codice Deontologico Forense, oltre alle ipotesi di assunzione di incarico contro un ex cliente nel biennio, va comunque applicato laddove si riconosca una palese violazione del principio deontologico affermato, valutando caso per caso la sussistenza dell’illecito. Tale valutazione non può prescindere da una delibera in concreto del decorso del tempo, della natura della prestazioni professionali rese con il contestato conflitto di interessi, e soprattutto dell’elemento psicologico riferibile al professionista nell’esercizio di tali prestazioni, anche nella ipotesi (pur essa prevista dall’art. 51) di non estraneità dell’oggetto del nuovo incarico rispetto a quello espletato in precedenza. (Accoglie il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Pordenone del 4 marzo 2009).

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 43

1.- Rapporti con la parte assistita – Gestione e ritenzione somme – Consenso dell’avente diritto – Necessità – Accordo tra professionista e cliente – Configurabilità.

1.- L’art. 44 del Codice Deontologico Forense prevede espressamente la possibilità che il professionista trattenga le somme ricevute nella parte riguardante le somme liquidate in sentenza a carico della controparte a titolo di diritti ed onorari;e laddove il canone deontologico lo faculta a trattenere la somma ricevuta, a titolo di pagamento dei propri onorari, “quando vi sia il consenso della parte assistita”, a maggior ragione tale possibilità è riconoscibile in presenza di un accordo tra il cliente e l’avvocato, il cui carattere bilaterale rende il patto ancor più legittimante la ritenzione degli importi. (Accoglie il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Campobasso del 21 dicembre 2009).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 57

1.- Rapporti con la parte assistita – Versamento somme – Riservatezza.

1.- Alla luce dei principi generali enunciati nel Codice deontologico, deve ritenersi sussistente la responsabilità dell’avvocato laddove i versamenti relativi all’attività svolta vengano effettuati dalla parte assistita con modalità di contatto assai singolari, non consone allo stile ed al decoro della professione, poiché vanno comunque presidiate da norme di condotta proprie della riservatezza e del rispetto della forma.

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 63

1.- Rapporti con la parte assistita – Obbligo di informazione – Omessa informazione alla parte assistita – Illecito deontologico – Censura

1.- La violazione dei doveri d’informazione sull’attività posta in essere in adempimento del mandato, nonostante le reiterate richieste rivolte dal cliente, denota una particolare disattenzione e disinteresse del professionista nei confronti delle esigenze del proprio assistito tale da richiedere una sanzione che non può limitarsi al semplice avvertimento, ma deve assurgere a maggiore severità e formalità, sostanziandosi nella censura (Riforma parzialmente la decisione del C.d.O. di Palermo del 12 marzo 2009).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 67

1.- Rapporti con la parte assistita – Dovere di probità e correttezza – Richiesta di prestito di danaro al cliente – Illecito deontologico.

1.- La richiesta di un prestito di denaro al proprio cliente costituisce illecito disciplinare, poiché comportamento contrario al dovere di probità e correttezza che il professionista iscritto all’albo professionale deve rispettare in ogni occasione e, quindi, anche nei rapporti strettamente privati e personali. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Terni del 26 febbraio 2010).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 68

1.- Rapporti con la parte assistita – Dovere di probità e correttezza – Richiesta di prestiti personali al cliente – Illecito deontologico – Circostanze contingenti sofferenza finanziaria – Effetto esimente – Esclusione.

1.- La richiesta di prestiti personali ad un cliente per soddisfare situazioni contingenti di sofferenza finanziaria del professionista e senza provvedere alla restituzione integra un illecito disciplinare di rilievo che giustifica la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione. (Nel caso di specie, la sanzione è stata rideterminata da mesi sei a mesi due, sanzione ritenuta proporzionata alla responsabilità per i fatti inerenti alle incolpazioni). (Accoglie parzialmente il ricorso avverso la delibera del C.d.O. di Milano del 24 novembre 2010).

Cons. Naz. Forense 30-04-2012, n. 76

1.- Rapporti con la parte assistita – Divieto di conflitto di interessi – Art. 51 c. I c.d.f. – Conflitto potenziale – Violazione – Natura interessi – Irrilevanza – Ratio della disposizione – Tutela dell’immagine della professione forense – Durata.

1.- L’art. 51, canone I, c.d.f. fa espresso riferimento alla fattispecie in cui un avvocato, dopo avere assistito congiuntamente i coniugi in controversie familiari, assuma successivamente il mandato in favore di uno di essi contro l’altro, analoga esigenza di tutela è ravvisabile nell’ipotesi in cui l’avvocato abbia prestato consulenza in vista di una separazione ad uno dei coniugi e, in seguito, abbia accettato il mandato dall’altro coniuge per assisterlo nella medesima separazione, con conseguente operatività, anche in tale ultima fattispecie, del medesimo obbligo di astensione dell’avvocato, a prescindere dalla sussistenza di un conflitto di interessi effettivo o meramente potenziale. La “ratio” della disposizione deve essere individuata, infatti, nella tutela dell’immagine della professione forense, ritenendosi non decoroso né opportuno che un avvocato muti troppo rapidamente cliente, passando, senza un adeguato intervallo temporale, di durata biennale, nel campo avverso. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Treviso, 27 ottobre 2009).

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 101

1.-  Rapporti con la parte assistita – Gestione di somme indebito trattenimento – Illecito – Sussistenza.

1.- Viene meno ai doveri di correttezza il professionista che abbia trattenuto la somma incassata nell’interesse e per conto della cliente senza consegnarla tempestivamente a quest’ultima, nonostante i solleciti in tal senso inviati dalla stessa e dal difensore subentratole nel mandato, ed abbia inoltre avanzato una pretesa di compensazione con propri presunti crediti professionali. (Respinge il ricorso avverso decisione C.d.O. di Lucca, 15 ottobre 2008).

Cons. Naz. Forense 17-09-2012, n. 111

1.- Rapporti con la parte assistita – Art. 51 c.d.f. – Uso di notizie acquisite in ragione del rapporto professionale esaurito in un procedimento in corso – Illecito deontologico – Sussiste – Avvertimento.

1.- Vìola gli obblighi di segretezza e di riservatezza l’avvocato che, nel corso di un procedimento dallo stesso promosso nei confronti di un suo precedente assistito, utilizzi notizie acquisite in ragione del rapporto professionale esaurito. (Nel caso di specie, tuttavia, il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto di sostituire alla sanzione della censura quella dell’avvertimento, nonostante la sussistenza della violazione contestata, poiché è stato dimostrato che a causa di alcune circostanze oggettive il grado di offensività della violazione commessa dal professionista risultava ridotto). (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bergamo, 24 giugno 2008).

Cons. Naz. Forense 17-09-2012, n. 119

1.- Rapporti con la parte assistita – Omesso svolgimento del mandato – False informazioni – Illecito deontologico.

1.- Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, perché lesivo del dovere di correttezza e diligenza propri della classe forense, l’avvocato che accetti il mandato e non lo esegua per mancato pagamento di un fondo spese. (Respinge il ricorso avverso decisione C.d.O. di Monza, 20 aprile 2011).

RAPPORTI CON I COLLEGHI

Cons. Naz. Forense 02-03-2012, n. 33

1.- Rapporti con i colleghi – Dovere di riservatezza – Divieto di produzione in giudizio di missiva contenente proposta transattiva – Eccezioni – Inconfigurabilità.

1.- In tema di corrispondenza tra professionisti, la lettera contenente una proposta transattiva e qualificata come riservata non è producibile, né riferibile in giudizio, conformemente al precetto contenuto nella norma deontologica di cui all’art. 28 c.d., che mira a salvaguardare il corretto svolgimento dell’attività professionale, con il fine di non consentire che leali rapporti tra colleghi possano dar luogo a conseguenze negative nello svolgimento della funzione defensionale, specie allorché le comunicazioni ovvero le missive contengano ammissioni o consapevolezze di torti ovvero proposte transattive. Il precetto non soffre eccezione alcuna, men che meno in vista del pur commendevole scopo di offrire il massimo della tutela nell’interesse del proprio cliente. (Rigetta il ricorso avverso la decisione C.d.O. di Como del 22 settembre 2008).

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 60

1.- Rapporti con i colleghi – Dovere di colleganza – Rapporti con la controparte – Contatti diretti con la controparte – Accordo transattivo – Omesso avviso al collega – Rapporti diretti di corrispondenza – Illecito deontologico.

2.-  Rapporti con i colleghi – Dovere di segretezza – Comunicazione al collega inizio procedimento nei suoi confronti – Eccezione – Sussiste.

1.- Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che, senza avvisare il collega difensore, contatti direttamente la controparte invitandola ad una incontro per la definizione della controversia, riceva la parte nel proprio studio senza la presenza del difensore e non avvisi il collega dell’accordo transattivo raggiunto dalle parti stesse in sua presenza o che intrattenga rapporti diretti di corrispondenza con la controparte assistita da altro legale, senza indirizzare a quest’ultimo copia della stessa.

2.- La comunicazione al collega dell’iniziativa di sporgere querela e di iniziare un procedimento nei suoi confronti non si può considerare una violazione dell’obbligo di segretezza, ma anzi la corretta informazione al collega perché possa discolparsi, ricorrere alla bonaria definizione della vertenza, e comunque tutelare i propri diritti. (Rigetta il ricorso avverso la decisione del C.d.O. di Verona del 2 novembre 2009).

Cons. Naz. Forense 30-04-2012, n. 88

1.- Rapporti con i colleghi – Espressioni sconvenienti e offensive – Illecito deontologico.

1.- L’avvocato deve porre ogni più rigoroso impegno nella difesa del proprio cliente, ma tale difesa non può mai travalicare i limiti della rigorosa osservanza delle norme disciplinari e del rispetto che deve essere sempre osservato nei confronti della controparte, del suo legale e dei terzi, in ossequio ai doveri di lealtà e correttezza e ai principi di colleganza. Ai sensi dell’art. 20, ult. parte, c.d.f., la ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono l’infrazione della regola deontologica posta nella prima parte del medesimo articolo. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Trani, 20 novembre 2008).

Cons. Naz. Forense 30-04-2012, n. 89

1.- Rapporti con i colleghi – Espressioni sconvenienti e offensive – Illecito deontologico.

1.- L’avvocato deve porre ogni più rigoroso impegno nella difesa del proprio cliente, ma tale difesa non può mai travalicare i limiti della rigorosa osservanza delle norme disciplinari e del rispetto che deve essere sempre osservato nei confronti della controparte, del suo legale e dei terzi, in ossequio ai doveri di lealtà e correttezza e ai principi di colleganza. Ai sensi dell’art. 20, ult. parte, c.d.f., la ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono l’infrazione della regola deontologica posta nella prima parte del medesimo articolo.

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 100

1.-  Rapporti con i colleghi – Dovere di riservatezza – Divieto di produzione in giudizio di missiva contenente proposta transattiva- Eccezioni – Inconfigurabilità.

1.- Il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza tra i professionisti contenente proposte transattive assume la valenza di un principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali indipendentemente dagli effetti processuali della produzione vietata in quanto la norma mira a tutelare la riservatezza del mittente e la credibilità del destinatario, nel senso che il primo quando scrive ad un collega di un proposito transattivo, non deve essere condizionato dal timore che il contenuto del documento possa essere valutato in giudizio contro le ragioni del suo cliente, mentre il secondo deve essere portatore di una indispensabile credibilità e lealtà che rappresenta la base del patrimonio di ogni avvocato. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Genova, 1 dicembre 2005).

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 105

1.- Rapporti con i colleghi – Espressioni sconvenienti e offensive – Illecito deontologico.

1.- L’avvocato deve porre ogni più rigoroso impegno nella difesa del proprio cliente, ma tale difesa non può mai travalicare i limiti della rigorosa osservanza delle norme disciplinari e del rispetto che deve essere sempre osservato nei confronti della controparte, del suo legale e dei terzi, in ossequio ai doveri di lealtà e correttezza e ai principi di colleganza. (Il Consiglio nazionale forense ha ritenuto di applicare al professionista responsabile di tale addebito la sanzione dell’avvertimento in luogo della censura, in ragione considerazione dell’assenza di precedenti di natura disciplinare). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Firenze, 18 novembre 2009).

Cons. Naz. Forense 20-07-2012, n. 106

1.- Rapporti con i colleghi – Azione giudiziaria di un professionista nei confronti di un collega – Adempimento degli obblighi ex art. 22 c.d.f.

1.- L’adempimento dell’obbligo previsto dall’art. 22, comma II, del Codice Deontologico Forense nell’attuale formulazione, deve ritenersi soddisfatto nel concorso di tre requisiti: quello formale, consistente nell’adozione dello scritto quale veicolo della comunicazione; quello sostanziale, consistente nel rendere chiara l’intenzione di chi comunica che agirà in giudizio; l’ultimo, anch’esso di carattere sostanziale, consistete nel palesare le ragioni dell’iniziativa. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Ragusa, 19 novembre 2009).

RAPPORTI CON IL CONSIGLIO DELL’ORDINE

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 61

1.- Rapporti con il C.d.O. – Dovere di collaborazione – Invito a fornire chiarimenti – Mancata risposta – Violazione – Illecito deontologico – Sussistenza.

1.- A fronte dell’invito a fornire notizie al C.O.A., la condotta totalmente inerte tenuta dell’avvocato integra la violazione della fattispecie di cui all’art. 24 C.D., in base al quale “l’avvocato ha il dovere di collaborare con il C.O.A. di appartenenza o con altro che ne faccia richiesta per l’attuazione delle finalità istituzionali”, finalità tra cui certamente rientra l’attività disciplinare. Cosicché, il professionista che sia invitato a fornire notizie o chiarimenti è tenuto a riscontrare l’invito pur nelle ipotesi di contemporanea pendenza di indagine penale per gli stessi fatti, potendosi limitare ad una semplice negazione, ovvero affermazione di impossibilità di riscontro per non incorrere in una violazione del dovere di verità. In parole povere, il fatto che ci si avvalga della facoltà di non rispondere, non esime l’incolpato dal presentarsi a rendere dichiarazione di esercizio di un suo diritto.

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 63

1.- Rapporti con il C.d.O. – Mancata risposta alla richiesta di chiarimenti – Esercizio del diritto di difesa – Illecito deontologico – Esclusione – Art. 24 c.d.f. – Interpretazione.

1.- Non sempre la mancata risposta alle convocazioni del Consiglio è in grado d’integrare l’illecito disciplinare di cui all’art. 24 C.D. Infatti, l’obbligo di riscontrare le richieste del C.O.A. deve necessariamente essere contemperato con tutti gli altri diritti dell’iscritto e, dunque, la violazione deontologica si può ritenere integrata soltanto quando la stessa non rappresenti l’esercizio di un diritto, quale quello di difesa.

Cons. Naz. Forense 20-04-2012, n. 71

1.- Rapporti con il C.d.O. – Mancata risposta alla richiesta di chiarimenti – Fase preliminare al procedimento disciplinare – Illecito deontologico – Esclusione – Art. 24 c.d.f. – Interpretazione.

1.- Non costituisce illecito deontologico sanzionato dell’art. 24 c.d.f., secondo capoverso, la mancata risposta dell’avvocato alla richiesta del C.d.O. di chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione a un esposto presentato, per fatti disciplinarmente rilevanti, nei confronti dello stesso iscritto. Invero, una fase preliminare del procedimento disciplinare – anche in virtù della lettera dell’art. 47 del r.d. 37/34 e dell’art. 38, co. II, L.P. – non è prevista dalla legge e l’istruzione predibattimentale non costituisce una fase precedente ed esterna al procedimento nella quale l’avvocato sia tenuto a dare sollecita risposta a richieste di chiarimenti in ordine a fatti che possono comportare una sua responsabilità disciplinare, posto che così intesa la suddetta norma deontologica contrasterebbe con la regola basilare del nemo tenetur contra se edere, che è espressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito. In virtù del quale è consentito all’avvocato non fornire i chiarimenti che ritenga contrastanti con i suoi interessi difensivi, diritto che per il suo rango costituzionale prevale anche su quello del COA ad un pieno e corretto esercizio delle funzioni giurisdizionali. (Accoglie il ricorso avverso la decisione emessa dal C.d.O. di Cagliari del 14 luglio 2004).

RAPPORTI CON I MAGISTRATI

Cons. Naz. Forense 20-02-2012, n. 21

1.- Rapporti con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive – Sospetto di illiceità – Limiti.

1.- La violazione dell’art. 20 c.d., che impone al professionista di mantenere con il giudice un rapporto improntato alla dignità ed al rispetto della persona del giudicante e del suo operato, si configura anche nell’utilizzo di espressioni sconvenienti in quanto dirette consapevolmente ad insinuare nei confronti del magistrato il sospetto di illiceità ovvero la violazione del dovere di imparzialità nell’esercizio delle funzioni. (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bari, 10 dicembre 2010).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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