Il “nuovo” Ordine forense di Roma (febbraio 2012)

Il “nuovo” Ordine forense di Roma (febbraio 2012)

Le elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma si sono finalmente concluse, dopo una lunghissima campagna elettorale, spesso caratterizzata da toni aspri, ripicche personali, proclami populistici e demagogici, attacchi frontali tra alcuni (non tutti, grazie al cielo) candidati.

Il risultato è stato quello di veder rinnovato completamente il Consiglio, con una maggioranza che stavolta è davvero schiacciante e permetterà di “governare” senza timori di giudizi preconcetti o di veti incrociati, per il prossimo biennio.

Il dato innovativo che va registrato è che, stavolta, il voto non è stato dato alle “persone”, ai singoli candidati (come è sempre avvenuto, in passato), ma alla “coalizione” proposta: si spiega così l’elezione di un candidato direttamente al primo turno (fenomeno che avvenne, l’ultima volta, con il grande Valensise) e la vittoria di 13 componenti di una delle due liste che competevano.

Personalmente sono molto soddisfatto non solo del numero dei voti che mi sono stati attribuiti (3114, con un incremento tra il primo ed il secondo turno di 1236 preferenze, pari al 65,81%, e con un aumento, rispetto alle elezioni del 2010, di 760 voti) ma anche e soprattutto dell’esperienza maturata all’interno del Consiglio uscente.

Sono stato, infatti, il primo Avvocato iscritto nell’Elenco speciale a ricoprire la carica di Consigliere Segretario e, dunque, non posso che esprimere tutta la mia gratitudine a chi ha voluto che svolgessi un ruolo così delicato in favore dell’Istituzione. Ho lavorato sodo, “vivendo” praticamente due anni nel Palazzo di Piazza Cavour, smaltendo montagne di pratiche amministrative, gestendo il personale consiliare (e facendogli ottenere, anche qui per la prima volta nella storia, diritti che prima non aveva, come la stipula di due contratti di lavoro di Ente), ho presieduto in prima persona decine di convegni di altissima qualità e sempre molto affollati, ho potuto aiutare moltissimi colleghi che si rivolgevano al Consiglio per pareri, suggerimenti, notizie, informazioni.

Ci sono stati poi momenti indimenticabili che, da soli, valgono – come si dice in questi casi – il “prezzo del biglietto” e che mi hanno ripagato delle enormi fatiche sopportate: i due incontri con il Santo Padre (il 23 maggio 2011 ed il 18 gennaio 2012, questa seconda volta con 2900 colleghi al seguito), le cerimonie per i festeggiamenti del Centenario dell’Ordine presso il “Palazzaccio” (e la contestuale redazione di un pregevole libro rievocativo), le numerose visite delle delegazioni straniere (che ho sempre ricevuto personalmente), le iniziative di solidarietà assunte a favore dei più bisognosi (ad onta della credenza che gli Avvocati sarebbero avari), le due edizioni del “Salone della Giustizia” vissute in prima persona.

Le innovazioni legislative che hanno caratterizzato questi ultimi mesi porteranno ad un sostanziale svuotamento di delicatissime e storiche funzioni ordinistiche (si pensi alla materia dei pareri di congruità ed a quella della disciplina), e ciò nonostante il Consiglio dovrà costituire sempre un punto di riferimento per gli iscritti.

Certo, questa elezione ha dimostrato che l’Avvocatura, come molte altre compagini sociali (prime fra tutte le professioni intellettuali), è profondamente mutata. Il numero sconfinato e sempre crescente di avvocati (a Roma quasi, oramai, 24.000 iscritti) e la logica economica e del “mercato” hanno portato via via ad una trasformazione del modo di intendere la professione, e quindi il concetto di difesa di valori “tradizionali” è destinato ad essere perdente. L’Avvocato “medio” non è più quel professionista di un tempo, dedito allo studio approfondito del diritto classico, al massimo rispetto per la curia e per i colleghi, che si formava all’ombra di un “maestro”, che doveva fare anni di gavetta nei panni del “procuratore legale”, che considerava attuale la giurisprudenza formatasi due o tre anni prima. Oggi la professione forense, per una miriade di fattori (primo fra tutti lo scadimento degli studi giuridici universitari), è diventata una sorta di ammortizzatore sociale, dove va ad alloggiare (limitandosi a sopravvivere di stenti) chi non riesce a vincere il concorso da funzionario prefettizio o da vigile urbano. Ed anche la rappresentanza istituzionale risente, conseguentemente, di questo clima. Conta molto più la “comunicazione” che non – ad esempio – la qualità del lavoro, rileva assai più mandare mail informative (magari contenenti l’ultima decisione del Giudice di Pace di Frascati in materia di autovelox) che non conoscere (o praticare) la deontologia.

In moltissimi dei convegni sull’etica forense che ho tenuto in questi ultimi tempi ritenevo più utile, piuttosto che sciorinare le norme del nostro Codice deontologico, citare brani od aforismi tratti da “Elogio dei giudici scritto da un Avvocato”, dell’immenso Piero Calamandrei. E, puntualmente, nonostante in Aula avessi esplicitamente fatto riferimento a quel volume, al termine della dissertazione si presentavano giovani colleghi chiedendomi chi fosse, appunto, Calamandrei, ed invitandomi al contempo a ripetere il titolo di quel libro che …. non avevano compreso bene… (a riprova del fatto che nessuno gliene aveva parlato mai prima né lo avevano sentito nominare).

E’ evidente che dinanzi ad una platea così sterminata e variegata di iscritti all’Albo degli Avvocati non si può pretendere di perpetuare e difendere la nobile e luminosa tradizione del Foro di Roma, ma appare più utile – se si vuol catturare consenso al fine di esercitare la rappresentanza – dedicarsi ad altro. Ma io non ne sono, ahimè, capace. Tramortire i colleghi con valanghe di mail mi pare, invero, una molestia; condividere un percorso intellettivo con chi si presenta in udienza (quasi mai per trattare di diritto) con la barba incolta e con le scarpe da ginnastica non è da me; sentirmi tirare per la giacca da chi ritiene che la missione dell’Ordine professionale sia quella di contrapporsi (e non anche di dialogare o confrontarsi) ad altre Istituzioni pubbliche, è fonte di grande fastidio.

Ho avuto il sommo privilegio di sedere sullo scranno che fu di Giuseppe Chiovenda, che è stato Consigliere dell’Ordine di Roma, dal 1913 al 1921 (quando il Presidente era Vittorio Scialoja). E tanto, personalmente, mi basta.

Agli eletti, auguri di buon lavoro.

One Response to “Il “nuovo” Ordine forense di Roma (febbraio 2012)”

  1. Gennaro Leone scrive:

    Caro Rod, mi auguro che tutti i Colleghi leggano questa Tua lettera e possano comprendere l’enorme lavoro e i sacrifici che hai fatto.
    Calamandrei un grande, purtroppo non conosciuto da molti giovani.
    Non ci sono parole per i commenti.
    Grazie di cuore per l’impegno e gli ottimi risultati ottenuti in questo biennio un abbraccio Gennaro

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