Te lo leggo negli occhi e la storia di un Oscar ritrovato

Te lo leggo negli occhi e la storia di un Oscar ritrovato

endrigoCi sono occasioni, nella vita, in cui si scoprono notizie non più inedite – forse conosciute dai più ma non da te – per puro caso, per coincidenza fortuita, seguendo un percorso di fatti e di emozioni quasi si fosse dentro ad un labirinto e ci si faccia guidare da spiragli di luce, filtranti chissà da dove, in modo tale da poter ritrovare la via. Magari (anzi, quasi sempre) lo spunto per la scoperta è offerto da un episodio banale, da una circostanza persino mediocre sul piano intellettivo: si insegue così un pensiero, un profumo, un sapore, come se si stesse giocando ad una sorta di involontaria caccia al tesoro, ad una rincorsa verso un traguardo che si sposta di continuo in avanti. Si aprono dei link, apparentemente innocui ed insignificanti, e si finisce per addentrarsi dentro alle viscere di un vulcano in eruzione, all’interno di un vortice che di lì a poco fa dimenticare completamente le modalità con le quali si è arrivati sino a quel punto, quale sia stato il fatto iniziale generatore dell’indagine. Inconsciamente, forse, si va alla ricerca di frammenti sepolti in qualche angolo remoto della memoria, di ricordi impolverati e mai più riportati alla mente, che non saremmo mai capaci di tirar fuori in altro modo. Viviamo spesso, cioè, per dirla alla Proust, resurrezioni del passato, che non sono però una mera eco di attimi già vissuti, ma schegge ricomposte della stessa – identica – sensazione provata anni o decenni prima.

Serata silenziosissima di una domenica di mezz’agosto, la città è semideserta e la cena consumata con abbondante frutta fresca e vino rosso gelato. Le reti televisive ripropongono stancamente vecchi programmi in replica, mandati in onda decine di volte. Spengo il cellulare, mi distendo sotto al patio e dopo un po’ di zapping mi imbatto in un filmaccio della commedia all’italiana di quattordici anni fa dal titolo “Al momento giusto”. Lo guardo distrattamente, anche perché l’ho preso quando era già iniziato da un pezzo e non riesco a seguire con la giusta attenzione il dipanarsi della trama. Ad un certo punto l’immagine si ferma ed i due protagonisti – come paralizzati – vengono travolti da una musica dolce e struggente, da una canzone intonata da Franco Battiato. La musica, come del resto accade con una fotografia, con un oggetto particolare, è destinata a risvegliare ricordi nascosti, a scuotere memorie sopite. Quella canzone l’avevo ascoltata da ragazzino, millenni fa, cantata nientepopodimeno che da Dino, un giovanotto diventato famoso negli anni sessanta. Non l’avevo sentita più da tanti anni, da quando la intonava in casa mia madre, né sapevo che fosse stata reincisa. Il titolo del pezzo è “Te lo leggo negli occhi” e Battiato lo ha arrangiato in un modo davvero straordinario (https://www.youtube.com/watch?v=7ERgi8awS1w), senza fargli però perdere l’eccezionale tonalità originaria. Quelle strofe mi fanno tornare indietro di un’eternità: è una canzone sentimentale che narra di un rapporto che a parole vorrebbe dirsi concluso ma che, invece, si continua ad alimentare con lo sguardo reciproco, che dà ancora prova d’amore sincero.

A quel punto riaccendo lo smartphonee cerco notizie sulla canzone. Scopro che la musica è di Sergio Endrigo: la scrisse nel 1964 a Napoli, sul letto della stanza di albergo nella quale soggiornava dopo essere stato protagonista di una trasmissione televisiva dedicata alle canzoni di Gershwin. Chiamò il suo amico Sergio Bardotti che ci scrisse sopra le parole. Endrigo non l’ha mai incisa ma l’ha fatta diventare famosa, appunto, con la voce di quel Dino, che la portò al “Festival delle Rose” (manifestazione che si svolgeva all’Hilton di Roma e che presentavano Corrado e Gabriella Farinon) dove arrivò terza (Morandi vinse l’edizione con “Non son degno di te”). L’anno successivo Te lo leggo negli occhi fu reincisa da Giorgio Gaber. Nel 1999, dopo cioè 34 anni, Franco Battiato l’ha riscoperta e l’ha arrangiata dandogli un po’ più di movimento. Lo stesso Endrigo, poco prima di morire (nel 2005), ebbe modo di rendere grazie al collega siciliano in occasione della lunga intervista che rilasciò al Caporedattore del Tg2 Michele Bovi affermando (con la umiltà che lo caratterizzava) “sono contento che quel brano l’abbia inciso recentemente Franco Battiato. La sua esecuzione è un omaggio importante, la mia sarebbe stata superflua”.

Mi addentro allora, incuriosito, nella biografia di Endrigo (considerato come appartenente alla scuola genovese dei cantautori ma, in realtà, l’adesione al gruppo dei liguri, con a capo Gino Paoli, costituì solo una sorta di adozione di tipo culturale, visto che il cantante – nato nel 1933 a Pola – fu esule prima a Brindisi, dove la madre, vedova da poco, lo iscrisse ad un collegio, e poi si trasferì a Venezia dove appena diciottenne si guadagnava da vivere suonando negli Hotel).

Mentre grazie a “You tube” ascolto più volte le note di “Te lo leggo negli occhi”, una volta dalla voce di Gaber, l’altra da quella di Battiato, scorrendo la biografia di Endrigo scopro un’ulteriore cosa  che ignoravo, ma che invece qualche tempo fa deve essere stata oggetto di notizie di stampa piuttosto diffuse e che mi sono sfuggite: ecco, finisce che ti avvedi ancora per pura coincidenza del fatto che ignori una vicenda, accaduta già da qualche epoca, come tale nota invece a molti. Si tratta della colonna sonora de “Il Postino” (il celebre film interpretato da Massimo Troisi, che fece appena in tempo a concludere le riprese prima di spirare), pezzo per il quale l’Autore, il famoso compositore argentino Luis Bacalov, conseguì addirittura l’Oscar nel 1996. Tra i due, Bacalov ed Endrigo intendo, all’epoca della militanza presso la RCA, si era formato un sodalizio vincente, durato per circa vent’anni (testimoniato da canzoni come “Io che amo solo te”, “Se le cose stanno così”, “Era d’estate”, “Canzone per te”, “Lontano dagli occhi”).

Ebbene non sapevo che Sergio Endrigo rivendicava con forza la paternità dell’aria musicale di quella straordinaria colonna sonora, accusando Bacalov di aver copiato le relative note traendole dall’incantevole canzone “Nelle mie notti”, scritta dall’istriano nel 1974. Chi ascolta il pezzo (https://www.youtube.com/watch?v=az_C5zHFV7o) non può infatti non rintracciare nitidamente la melodia struggente che caratterizzerà poi il film girato a Procida ed a Salina.

Endrigo ha provato a chiedere a Bacalov di riconoscere il plagio, ma inutilmente. Il compositore ha negato di aver copiato. Da qui l’inizio di una lunga, infinita controversia giudiziaria, della quale Sergio Endrigo non ha potuto vedere l’esito finale. La causa ha avuto un andamento altalenante, con due sentenze di segno diverso nei primi due gradi: la prima nel 2001 parzialmente favorevole a Bacalov (grazie, si narra, alle due perizie – evidentemente molto “di parte” – firmate da Ennio Morricone e Luciano Berio), la seconda – di appello – del 2003 che dava ragione a Endrigo. Di qui il ricorso in Cassazione da parte del compositore argentino, interrotto da una provvidenziale  transazione accettata da costui, che avrebbe (ma la notizia è stata poi smentita da Claudia Endrigo) immediatamente ridepositato presso la SIAE i bollettini  (una sorta di “atto di nascita” di quelle musiche) con l’aggiunta dei nomi di Sergio Endrigo, Riccardo Del Turco (cognato dello stesso Endrigo) e Paolo Margheri, mettendo fine a una causa che si trascinava da 18 anni. Sergio Endrigo è scomparso il 7 settembre del 2005, ma proprio la figlia Claudia ha resistito accanto a Del Turco ed a Margheri nella battaglia volta a stabilire la reale paternità di quelle straordinarie musiche.

All’indomani della notizia della (tardiva) ammissione di Bacalov (a settembre del 2013) molte testate giornalistiche hanno esultato per l’avvenuta riabilitazione del cantante di Pola (“La Repubblica” titolò in questo modo: “Un Oscar postumo per Sergio Endrigo. Le musiche del Postino erano anche sue”); Antonio Lodetti, su “Il Giornale”, così ha giustamente chiosato il suo pezzo sull’argomento: “Una lunga guerra che Bacalov, che oggi ha ottant’anni, avrebbe potuto chiudere molto prima, senza aggiungere tanta amarezza nella vita personale e professionale di Endrigo, sostenuto nella sua battaglia dalla figlia Claudia, che ancora oggi ne tutela il patrimonio artistico”. Ancora per “Repubblica” Carlo Moretti ha simpaticamente osservato che “è proprio vero che il postino suona sempre due volte”: e la seconda lo ha fatto per annunciare al mondo che la colonna sonora dell’ultimo film girato da Troisi era, in realtà, di Sergio Endrigo.

L’avesse saputo prima di andarsene, Endrigo, che quel riconoscimento gli sarebbe stato poi giustamente dato, forse sarebbe morto con minor magone. Oggi penserà che Bacalov aveva davvero una buona scusa per non ammettere che la musica non era sua: era talmente bella da impedirgli di riconoscere che era l’opera di un artista migliore di lui.

Ma Sergio Endrigo era uomo di altri tempi (quando, nel 1967, vinse Sanremo con “Canzone per te”, fu descritto dal settimanale “Epoca” come un “vecchio signore”, ma aveva solo 35 anni!) che non avrebbe badato gran che a vantarsi di questo genere di successo. Del resto, sulla sua tomba (nel cimitero di Terni, accanto alla moglie Maria Giulia, detta Lula, scomparsa undici anni prima di lui e nativa della città umbra), compare una scritta che riporta un frammento della sua “1947”, canzone dedicata a Pola, la città natale, abbandonata per fuggire dai comunisti di Tito: a dimostrazione che più che gli Oscar, nella vita, contano le radici:

Da quella volta non l’ho rivista più,

cosa sarà della mia città.

Ho visto il mondo e mi domando

se sarei lo stesso se fossi ancora là.

Non so perché stasera penso a te,

strada fiorita della gioventù.

Come vorrei essere un albero,

che sa dove nasce e dove morirà”.

 

 

 

3 Responses to “Te lo leggo negli occhi e la storia di un Oscar ritrovato”

  1. Roberto scrive:

    Cercavo sul sito notizie di carattere
    giuridico.
    Mi sono imbattuto (anche) in questa vicenda di Sergio Endrigo.
    Grazie di averlo riportato alla memoria (o reso noto per la prima volta, come a me … ).

    • admin scrive:

      Salve! Il blog contiene anche una sezione denominata “Zibaldone”, dedicata ad una serie di notizie, riflessioni e commenti che non necessariamente attengono al diritto. Mi fa piacere apprendere che la “vicenda” di Sergio Endrigo Le sia piaciuta: a ben vedere anche il suo epilogo, tuttavia, fa parte della … giustizia.

  2. giancarlo booloni scrive:

    lasciate il ricordo di Endrigo, un vero maestro della canzone ha scritto pezzi indimenticabili, che ancora oggi si cantano ogni volta che sento una canzone di Endrigo, ho la pelle d’oca, quanti ricordi mi portano alla mente.
    Il ricordo del Maestro sia sempre nei vostri cuori.
    ciao Sergio da lassù proponici una canzone, la più bella che sai solo tu. Riposa in pace, un giorno ci vedremo. ciao
    giancarlo di Verona

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