Sulla Parentopoli all’Ordine degli Avvocati di Roma il TAR fa giustizia (terrena)

Sulla Parentopoli all’Ordine degli Avvocati di Roma il TAR fa giustizia (terrena)

Piazza Cavour, Aula del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, 5 aprile dell’anno 2012. Il Consiglio è in Adunanza. Il Presidente ed il Consigliere Segretario propongono di revocare la procedura concorsuale bandita l’anno prima, ed in fase di ultimazione, volta al reclutamento di dodici nuovi impiegati di ruolo. La motivazione resa (scritta nella delibera) è la seguente: “in considerazione, soprattutto, dei sopravvenuti motivi di pubblico interesse e del mutamento della situazione di fatto che impone una scelta improntata a maggiore rigore, con conseguente necessario risparmio economico”. Dodici consiglieri votano a favore, tre invece sono usciti dall’Aula per protesta. I tre protestano perché denunciano che la ragione esposta costituisce un vero e proprio pretesto (altro che “pubblico interesse”): non si vuole, infatti, risparmiare ma continuare ad assumere persone a tempo determinato senza alcuna reale selezione. Il concorso è alle battute finali essendo giunto, dopo due prove scritte, all’espletamento degli orali e via via, degli oltre cento candidati iniziali, ne sono rimasti in lizza una ventina.

La delibera è approvata, e viene impugnata davanti al TAR del Lazio con un ricorso proposto da cinque candidati (RG n. 5484/12). In sede cautelare in Collegio nega la sospensiva richiesta, difettando al momento il requisito del periculum in mora, ma dispone istruttoria perché ci vuole vedere chiaro: è interesse dei giudici amministrativi capire se effettivamente la revoca del concorso sia dipesa davvero dall’esigenza di contenere la spesa e se la decisione del Consiglio sia veramente imposta da un mutato quadro della situazione di fatto per la quale quel personale non serve più.

Ci si deve mettere di buzzo buono, il TAR Lazio, per capire come stiano effettivamente le cose perché il Consiglio dell’Ordine stenta a fornire tutta la documentazione richiestagli: gli elenchi delle persone che continua incessantemente ad assumere alla buona, senza alcuna selezione, sono infatti incompleti, quasi omertosi, i contratti stipulati medio tempore non prodotti integralmente. Ad una prima ordinanza istruttoria ne segue, vista la recalcitranza della parte resistente a fornire tutti i dati richiesti (ed è un Ente pubblico, un Ordine composto da Avvocati!), una seconda (le vicende del processo sono pubbliche e si leggono dal sito istituzionale della giustizia amministrativa).

Nel frattempo della storia inizia ad occuparsi non tanto (o non solo) la stampa, ma la magistratura penale ed il Consiglio nazionale forense. Quest’ultimo apre un’indagine ispettiva che si concluderà solo dopo due lunghissimi anni (non c’è fretta…). Scoprirà, il C.N.F., che decine e decine di persone sono state assunte con contratti a tempo dall’Ordine di Roma, che con quel contegno contraddirà non poco la motivazione che aveva posto a fondamento della revoca del concorso. La relazione del C.N.F., per quanto prudente ed edulcorata (siamo pur sempre tra colleghi…), non può fare a meno di rilevare la verità dei fatti (http://archiviostorico.corriere.it/2014/giugno/08/Cnf_Guardasigilli_Ordine_degli_avvocati_co_0_20140608_c99ca786-eed3-11e3-a978-986a9d9aaad8.shtml). Né può omettere di dire che la gran parte di quegli assunti ha rapporti di parentela con il personale già in servizio (figli, fratelli, cognati, ecc.) o con cancellieri del Giudice di Pace, ovvero con agenti della Polizia penitenziaria del posto di guardia del Palazzo di giustizia. Casi limite, e tuttavia diffusissimi. C’è persino, tra i beneficiari, il marito di una signora che svolge le pulizie nel condominio dove abita un Consigliere, due sorelle (non ne bastava una!) che – come tali – fanno parte della medesima famiglia (legata da antichi vincoli di amicizia con altro Consigliere), un nipote di uno di coloro che ha votato la revoca del concorso (il quale ingenuamente lo chiama giustamente “zio” quando lo incontra nei corridoi, incurante della presenza dei colleghi). Una penosa vicenda tutta italiana, che la stampa non esita a qualificare “la Parentopoli all’Ordine degli Avvocati di Roma” (http://www.iltempo.it/roma-capitale/cronaca/2014/06/01/parentopoli-all-ordine-degli-avvocati-scoppia-la-bufera-sulle-assunzioni-1.1256106).

Anche la Procura della Repubblica attenziona il fenomeno che sta assumendo proporzioni allarmanti: si è annullato un concorso per asserite esigenze di risparmio economico e la spesa del personale lievita, invece, vertiginosamente. Agli avvocati iscritti all’Ordine, attraverso i cui contributi quel personale a tempo determinato è retribuito, distratti e comunque più angosciati dalla crisi economica che fa perdere loro ogni giorno clienti e lavoro, la questione interessa non più di tanto. Quella degli avvocati, poi, è una categoria per certi versi bizzarra: si fa spesso abbagliare da incantatori di serpenti che raccontano balle dimenticandosi di avere – sovente in esclusiva – strumenti idonei all’accertamento della verità. Se solo si fermassero, gli iscritti, a pensare a quante utilità avrebbero tratto dal risparmio di quelle centinaia di migliaia di euro con le quali si sono pagati stipendi a persone inadeguate (ma, in compenso, “amiche degli amici”), metterebbero mani ai forconi e stazionerebbero sotto la scalinata del Palazzaccio. Del resto, la questione della parentopoli ma anche del disinteresse derivante sono fenomeni noti (http://www.rodolfomurra.it/2012/03/chiacchierate-serafiche-al-tramonto/) perché ne avevo parlato io stesso in tempi non sospetti.

Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati, forte di un consenso straripante fornitogli appunto da una categoria in perenne ricerca solo di chi le promette un futuro migliore, minimizza tutte le indagini esistenti (che lo vedono coinvolto anche direttamente ed in prima persona:  http://archiviostorico.corriere.it/2014/maggio/12/Processo_presidente_degli_avvocati__co_0_20140512_15c6b9e0-d998-11e3-add8-c95bf386e1fa.shtml) e giura che queste scaturiscono da questioni di bottega e che le relative accuse di scioglieranno come neve al sole: a febbraio del 2013 ai microfoni del Corriere della Sera rilascia un’intervista nella quale sostiene che “il non aver portato a termine il bando ci permetterà di risparmiare molti soldi nel corso del tempo. Il Consiglio sta subendo gli attacchi dell’opposizione, che ha strumentalizzato prassi amministrative portandole all’attenzione dell’autorità giudiziaria, ma siamo certi che tutta la vicenda è priva di fondamento e che si concluderà entro breve”.

L’analisi del Presidente Vaglio non si è rivelata completamente esatta: sia perché la vicenda non si è conclusa proprio entro termini brevissimi come da lui invece pronosticato (ma, a dirla tutta, la non brevità era proprio quel che egli auspicava, avendo nel frattempo potuto continuare a gestire il potere ordinistico), sia perché il TAR, nel merito, gli ha dato sonoramente torto (aveva detto che il ricorso era “privo di fondamento”: sic!). Infatti la sezione III del TAR Lazio, con sentenza n. 8065 del 23 luglio 2014, ha integralmente accolto il ricorso di quei coraggiosi cinque candidati al concorso e disposto l’annullamento della delibera dell’aprile del 2012 con la quale il concorso stesso fu illegittimamente revocato. Il TAR infatti non deve aver profuso uno sforzo eccessivo per capire che la motivazione fornita a suffragio della revoca non era affatto quella del risparmio di spesa: ché, a proposito di spese, per il personale interinale, l’Ordine di Roma di soldi ne ha impiegati a bizzeffe, molti di più di quelli che si utilizzavano in tutti gli anni precedenti e finanche di quelli che avrebbe impegnato nel retribuire i 12 nuovi dipendenti di ruolo, reclutati regolarmente. L’assunzione definitiva di costoro, ovviamente, però, non avrebbe più permesso il reclutamento di favore di soggetti legati, come dimostrano le ispezioni svolte, da interessi personali a taluni Consiglieri né avrebbe consentito di allargare, così, il “consenso”.

Sul tavolo del Ministro della giustizia giace, da mesi oramai, il faldone contenente tutti gli atti che provano in modo inconfutabile lo stato di gravissimo disordine amministrativo che ha contrassegnato gli ultimi tre anni della gestione dell’Ordine degli Avvocati di Roma (http://www.iltempo.it/politica/2014/07/22/avvocati-contro-avvocati-guerra-all-ordine-1.1273549), con conseguenze nefaste per l’interesse pubblico e per l’immagine della categoria nell’opinione collettiva. Ma non c’è fretta, evidentemente, per assumere le conseguenti iniziative che la legge impone di adottare alla massima Autorità di vigilanza, pur sollecitata a farlo – non foss’altro per ragioni “etiche” – da un movimento di opinione che deve essere portatore, però, di interessi recessivi, quale quello alla legalità. Del resto la competenza in questione è nelle mani del Ministro della giustizia terrena, mica di quello della giustizia divina.

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