DEFENSOR URBIS

DEFENSOR URBIS

cicero1) Il quotidiano romano “Il Tempo”, nell’edizione di domenica 19 gennaio 2014, titolava a tutta pagina, parlando degli emolumenti corrisposti da Roma Capitale ai propri Avvocati-dipendenti, in questo modo: “Gli stipendi faraonici degli avvocati comunali”. Il pezzo parlava di un vero e proprio “salasso” delle casse capitoline, affermando che la media della retribuzione era pari a trecentomila euro. Il dato, a detta dell’articolista, era stato fornito dalla Uil Fp, ma, in realtà, riferito all’anno 2012, è da un pezzo (com’è doveroso che sia) pubblicato sul sito internet dell’Amministrazione. Poco importa se, nel 2013, v’è stata una riduzione del 30%, di cui nessuno dice, forse perché i dati non sono stati ancora editi sul portale istituzionale.

2) All’indomani della dichiarazione del Sindaco di Roma di volersi ridurre lo stipendio del 10%, il quotidiano “La Repubblica”, nell’edizione del 19 febbraio 2014, affrontava di nuovo il tema degli emolumenti corrisposti ai vari dirigenti dell’Amministrazione civica (anche di coloro che costituiscono gli staff degli organi politici, reclutati ovviamente su base fiduciaria e senza selezione meritocratica), scrivendo – più correttamente – “in cima alla top ten dei Paperoni il segretario generale Liborio Iudicello, che fa pure il direttore generale e prende circa 230mila euro l’anno; il capo dell’avvocatura Rodolfo Murra con 266mila (più o meno quanto gli altri avvocati dirigenti); il Ragioniere generale Maurizio Salvi a 163mila”.

3) Il Corriere della Sera, a valle dello sfogo che lo stesso Sindaco, in polemica con la politica nazionale, ha fatto pubblicamente in ordine allo stato di dissesto in cui versa il bilancio comunale, pubblicava – il 28 febbraio – un lungo articolo sulle pagine nazionali con le firme prestigiose di Paolo Conti e Sergio Rizzo (autori, peraltro, di un bellissimo editoriale in prima pagina nella stessa edizione, con oggetto sempre Roma), dal titolo “Ma un avvocato costa 300mila euro”, riferendosi ancora alla “retribuzione” di chi presta servizio in Avvocatura capitolina. Nell’articolo si dice che non è tanto il numero (23 sono gli Avvocati di ruolo, su 26 che ne prevede la dotazione organica: ndr) che “sorprende”, quanto appunto, i loro emolumenti. I due giornalisti  rilevano che ciò che alza l’asticella è la percentuale sulle cause vinte, che compete agli stessi avvocati. Ma si affrettano anche a dire che questo accade pure altrove, come ad esempio all’Inps dove gli avvocati sono (parole loro) “un esercito” (335).

            Questi contributi, tutti e tre per certi versi, necessitano di essere integrati con alcune precisazioni che, ovviamente, mal si attagliano (per il loro naturale tecnicismo) sia alla sintesi giornalistica sia ad un evidente tentativo di “dagli all’untore”.

            Andiamo per ordine.

a) La retribuzione di ogni dirigente pubblico (non solo di quello in forza presso gli Enti locali) è formata da due componenti: lo stipendio base e l’indennità di risultato. La seconda è legata al raggiungimento degli “obiettivi”. I quali ultimi, non sempre ma nella gran parte dei casi, sono assolutamente fittizi, canzonatori. Lo stipendio base di un Avvocato di Roma Capitale, che entra nei ruoli da dirigente superando un concorso estremamente e notoriamente selettivo (fatto di tre prove scritte, durissime, e di molte orali), non supera i 9mila euro (lordi) al mese. Applicandoci l’aliquota massima fiscale (le ritenute sono alla fonte, naturalmente), il netto è poco più di 4 mila euro e mezzo al mese. Si tratta di una retribuzione assolutamente in linea con quella tipica di qualsiasi altro dirigente.

b) Gli Avvocati capitolini hanno, in forza di contratto decentrato del 2011 (quindi, un atto negoziato con il proprio datore di lavoro) rinunciato all’indennità di retribuzione (il cui importo va ad alimentare il fondo a disposizione di tutti gli altri dirigenti), sostituendola con quello che per un avvocato è il vero e proprio “risultato” da raggiungere: l’indennità derivante dalle vittoria nelle cause. Mai un risultato così concreto e misurabile, un incentivo così reale, è stato pensato per chi esercita funzioni dirigenziali e professionali. Se vinci, guadagni, se perdi no. Punto.

c) Roma Capitale, nel solo anno 2013, ha introitato 14.023 cause nuove: che si vanno ad aggiungere a quelle degli anni pregressi (i processi giurisdizionali durano, com’è noto, molto tempo) e che formano un numero impressionante: 115.546. Definire quindi “sorprendente” (come fanno Conti e Rizzo) il numero di 23 avvocati che si occupano di gestire, da soli, oltre 115mila cause, è assolutamente corretto. 14.023 cause nuove: 12.141 di diritto civile, 1.840 di diritto amm.vo, 39 di penale e 3 di tributario. Ogni avvocato comunale, quindi, nel 2013, si è visto caricare di più di 600 cause di nuova proposizione. Costoro, quindi, si dividono i proventi degli onorari delle controversie vinte: proventi che spesso pagano direttamente i soccombenti e non l’Amministrazione datrice di lavoro. La mole di lavoro impressionante non è limitata, ovviamente, alla rappresentanza ed alla difesa in giudizio, ma si estende altresì all’attività di consulenza diuturna, alla partecipazione a commissioni, riunioni, tavoli di studio, commissioni di concorso, docenze interne, ecc. E se, in fondo, i compensi derivanti dalla cause vinte risultano consistenti, ciò lo si deve – evidentemente – al fatto che i togati comunali sono bravi, altrimenti le soccombenze impedirebbero di raggiungere quei risultati ragguardevoli.

d) L’elevatissima professionalità degli Avvocati di Roma Capitale è unanimemente riconosciuta nel Foro e nella Curia: da sempre. L’Avvocatura civica di Roma, infatti, vanta una storia ed una tradizione luminose, è il più antico “studio legale” pubblico (costituitasi infatti prima della stessa Avvocatura erariale), ed è grazie solo ad essa se la città può vantare la titolarità di beni (si pensi solo a Villa Borghese, sottratta ai Principi dopo un lungo contenzioso) o vittorie giudiziarie che sono entrate negli annali della giurisprudenza. Ma è la stessa Amministrazione comunale che dimostra di non poter riuscire a fare a meno della propria Avvocatura, se è vero – come è vero – che ad essa la gran parte dei dirigenti capitolini o degli amministratori è costretta a ricorrere quotidianamente persino per redigere missive che, per la verità, ben potrebbero essere impostate da chi non necessariamente indossa la toga. Ed è sempre la sagacia, la bravura e l’altissima professionalità degli Avvocati che spesso impedisce all’Amministrazione di fare figure barbine dinanzi alle Autorità giurisdizionali, al cui esame sovente giungono atti e provvedimenti francamente inguardabili sotto il profilo giuridico. E, nonostante la più che degna retribuzione che costoro percepiscono (senza, quindi, rubare nulla a nessuno) risulta vero che molti di loro hanno poi deciso di lasciare l’Istituto per ricoprire ruoli di grande prestigio: alcuni, infatti, sono risultati vincitori di concorsi in magistratura (ordinaria o amministrativa) dopo aver militato nel ruolo legale del Comune di Roma. Ancora: quando c’è bisogno di un “dirigente forte”, in grado cioè di affrontare aspetti gestionali altamente critici e pericolosi, di sbrigliare matasse che altri hanno aggrovigliato, ebbene guarda caso l’Amministrazione pensa sempre ad un Avvocato (è capitato a me al Condono edilizio e recentemente al Municipio di Ostia, è capitato a miei colleghi per l’Ufficio dei Punti Verde Qualità o per il Dipartimento delle Partecipate).

e) Sono Autore del volume della storia dell’Avvocatura del Comune di Roma, pubblicato per intero sul sito internet dell’Amministrazione e, quindi, ben posso permettermi di parlare a ragion veduta. Conosco troppo bene, e da tanto tempo (30 anni), il mio Ufficio, da non poter sopportare giudizi superficiali su di esso. Si dirà, da parte degli Autori di quei pezzi giornalistici che tanto colpiscono l’immaginario collettivo di questi tempi, che nessuno – facendo risaltare l’entità della loro retribuzione – mette in dubbio la capacità e la bravura dei togati capitolini: e tuttavia, nessuno, parimenti, si riesce a rendere conto dello straordinario servizio che costoro svolgono per la comunità locale. Vorrei tentare di far comprendere a chi si occupa di divulgare queste notizie (in modo, quindi, assolutamente parziale), il rischio che corre. E lo faccio offrendo un elemento di riflessione: 14.023 cause nuove quotano, con una parcella di un minimo di 3.000 Euro per ognuna (che sono, come compenso professionale per una causa, tremila Euro?), qualcosa più di 42 milioni. E la cifra è davvero sottostimata, se si considera che molte delle controversie patrocinate valgono importi realmente esorbitanti (si pensi, solo per un attimo, al giudizio sulla costruzione dell’Auditorium, od a quello per le azioni della Centrale del Latte).

Mi spiego.

E’ in atto, da anni, da quando cioè la professione forense è svolta da una moltitudine indiscriminata di persone (non più, o non solo, con lo spirito di servizio e gli ideali che animavano gli antichi Maestri, ma anche per le difficoltà oggettive di trovare un’altra collocazione lavorativa) il non celato tentativo di “impadronirsi” del pacchetto di contenzioso che “vanta” Roma Capitale. Strutture che si son viste paurosamente ridotta la clientela, studi legali che perdono quotidianamente rendite di posizione, avvocati in fortissima sofferenza economica, cercano attraverso la politica di riuscire ad entrare in possesso della procura che li abiliti a difendere, dall’esterno, l’Ente pubblico. Così come accade nelle società partecipate (da Acea, ad Ama, ad Atac, eccetera), che, seppur dotate di idonei uffici legali, hanno poderose schiere di avvocati del libero foro sul libro paga. Roma Capitale ha fatto una scelta di metodo e di merito, che è quella di non esternalizzare la gestione delle cause, riuscendo a garantire qualità e quantità con le sole forze del proprio corpo di Avvocati di ruolo (in ciò fortunatamente sostenuti dal personale amministrativo, sempre più esiguo peraltro).

E questo arreca sommamente “fastidio”. Solo un settore, quello della responsabilità civile derivante da dissesti stradali (meno di mille cause l’anno, peraltro), è affidato, in co-delega, a fiduciari esterni, attesa la copertura della polizza assicurativa della propria Mutua (Le Assicurazioni di Roma). Ma, anche qui, la politica passata ha tentato di favorire la propria “clientela” di riferimento. Ecco ciò che ha detto il Sindaco, proprio a proposito di questo fenomeno, alla recente Conferenza di Produzione di Assicurazioni di Roma il 20 febbraio scorso: “Va poi segnalata un’azione che è stata recentemente compiuta dall’Amministrazione capitolina con riguardo all’attività che Adir compie in sinergia con la nostra Avvocatura e che concerne l’affidamento a legali esterni della gestione del contenzioso rientrante nella polizza assicurativa per la responsabilità civile che lega i due Enti. Fino a qualche tempo fa esisteva tutta una pletora di consulenti legali incaricati di seguire il contenzioso, che sono stati nominati con una procedura assolutamente non trasparente, scegliendosi professionisti che non avevano affatto una preparazione specifica sul tema della responsabilità extra-contrattuale: l’elenco dei “beneficiari”, vi assicuro, recava numeri impressionanti. Mi sono infatti avveduto che il numero dei fiduciari sfiorava le 90 unità e che tra costoro c’erano anche dei penalisti, professionisti cioè le cui conoscenze non erano affatto attinenti alla materia trattata in giudizio. Ebbene, da settembre scorso questo lunghissimo elenco è stato eliminato”.

f) Quanto sia concreto il rischio che (inconsapevolmente, ovvio) questi giornalisti corrono nel farsi trascinare su un terreno minato, ispirati dal desiderio di partecipare ad una vera e propria caccia alle streghe, è dimostrato da un dato inconfutabile che ora svelo. All’insediamento della precedente Amministrazione, il Sindaco di allora volle che su una controversia milionaria (che vedeva opposta Roma Capitale alla soc. Romeo Gestioni) fosse affidato il mandato ad una coppia di avvocati esterni. Non v’era alcun bisogno che la difesa del Comune fosse attribuita a legali del libero foro (avendo l’Avvocatura tutti gli strumenti per farcela da sola, come del resto da oltre un secolo fa alla grande) ma il Sindaco si impuntò e nominò lo stesso i due professionisti. Fu una nomina pure irregolare, perché non preceduta dalla indispensabile determinazione dirigenziale del Capo dell’Avvocatura dell’epoca (provvedimento imposto dalla normativa interna) che si rifiutò di assecondare la spocchiosa decisione del primo cittadino. I due avvocati, quindi, si affiancarono ad un legale interno. La causa è morta appena nata, nel senso che si arrivò immediatamente ad una transazione. Due solo furono le memorie prodotte in giudizio. Il Collegio difensivo presentò, ovviamente, la parcella. Uno dei due avvocati esterni, dimostrando un’insolita cavalleria, rinunciò ad essere compensato, dopo che qualcuno si dichiarò impressionato della cifra richiesta. L’altro ha preteso l’intera parcella (quella, cioè, vantata da tutto il Collegio!). Sul finire della precedente consiliatura, così, Roma Capitale ha corrisposto la modica somma di 486.720,00 Euro (quasi un miliardo delle vecchie lire)!! Gli atti di pagamento sono pubblici e, in quanto costituenti debito fuori bilancio, necessariamente inviati alla Corte dei conti (che ha fatto, sinora, nulla). Un importo stratosferico, se si considera l’impegno concretamente profuso dal legale. Una somma con la quale il Comune avrebbe compensato per due anni interi un proprio avvocato di ruolo, che avrebbe patrocinato, in cambio, migliaia di controversie. Ecco, mi piacerebbe sapere cosa pensano, di questo, i giornalisti che si occupano dei nostri stipendi. Questi giornalisti, appunto, taluni illustri, con i loro articoli pensano di svolgere un bel servizio all’informazione, e quindi al popolo: ed invece rischiano di contribuire a far consegnare nelle mani di pochi potentati (ce ne sono, ovviamente, anche nel mondo forense) un “affaire” economicamente succulento.

Sono nato e vivo in borgata, da famiglia umile e lavoratrice: non ho professionisti tra i miei avi, ma contadini ed artigiani. Mi reco in Campidoglio ed in Tribunale col mio scooter. Non ho mai profittato neppure per un secondo della mia Amministrazione. Lavoro dalle 16 alle 18 ore al giorno, compreso il sabato e, spesso, la domenica. Amo la mia professione più di ogni altra cosa materiale, svolgo la mia difesa degli interessi cittadini – chiunque sia a governare Roma – con la massima passione di cui sono capace, con l’orgoglio di chi ha la consapevolezza di aver la fortuna, ogni mattina, di poter uscire da casa e di andare nel Foro a perorare, mostrando i denti agli avversarsi, la causa della propria comunità civica: il lavoro più bello del Mondo, non a difesa dell’interesse particolare ed individuale ma di quello collettivo. Ho la ventura di guidare, primus inter pares, un gruppo eccellente di colleghi onesti, culturalmente preparati, che continuano (pur tra mille difficoltà operative) a studiare e ad aggiornarsi, che non mollano mai, che – come me e con me – si incazzano quando perdono le cause. E’ soprattutto per loro che non aspetterò, inerme, la consegna al nemico….

8 Responses to “DEFENSOR URBIS”

  1. Stones scrive:

    Bel pezzo, graffiante e pedagogico quanto basta per chi volesse capire qualcosa sotto la superficie delle apparenze. Annoto solo – a proposito del titolo evocativo di epoche assai remote – che in tempi recenti ad essere riconosciuto defensor dell’Urbe è stato il papa Pio XII. Ma quella era un’altra guerra…

  2. Nicola scrive:

    Condivido appieno, vivendo quotidianamente, seppur in un contesto di provincia, gli stessi problemi da lei ottimamente rappresentati.
    Dispiace prendere atto che, approfittando del momento di difficoltà che attraversa il paese, sia in corso una gara a chi la spara più grossa, pregiudicando inevitabilmente la verità delle cose….verità che sembra non interessare più a nessuno!

  3. equitas scrive:

    Pensate quanto può invece dolersi chi fa lo stesso identico lavoro in una partecipata e guadagna un sesto degli avvocati capitolini

    • admin scrive:

      Molti sono i colleghi che conosco delle “partecipate”. Nessuno, tuttavia, entrato all’esito di un concorso durissimo come il nostro (alcuni, invece, reclutati in Azienda con metodi discutibili), nessuno con il carico di lavoro che abbiamo noi, le responsabilità massacranti, con le giornate festive passate sui codici.

  4. michele scrive:

    Non sono un avvocato (lavoro in banca) e sono arrivato quasi per caso sul tuo sito. Mi piacerebbe sapere cosa hanno risposto quei giornalisti di fronte a queste evidenze… Mi sembra che il vs lavoro meriti una visibilità più ampia per farne capire la qualità ed utilità. Il populismo (leggi qualunquismo) che sta imperando non può essere combattuto se non con l’informazione.
    Un caro saluto.
    Michele

    • admin scrive:

      Nessuna risposta da parte dei “giornalisti”. Oggi è di moda il “dagli all’untore” nei confronti dei dipendenti pubblici in generale e, se poi questi percepiscono ottime retribuzioni (e non rubano), il gioco riesce meglio. Cassese fece parte di una Commissione sulla P.A. la quale concluse i propri lavori affermando che i professionisti che operano all’interno del pubblico impiego (reclutati spesso con concorsi che altrove non sono così selettivi) costituiscono un baluardo contro la corruzione (forse anche perché guadagnando bene non hanno bisogno di essere “adulati”). Cari saluti.

  5. Ultimo baluardo scrive:

    Complimenti condivido in tutto le considerazioni espresse! Siamo l’ultimo baluardo della legalità’ e dobbiamo lottare per difendere il nostro lavoro fatto con sacrificio ed abnegazione. Non è possibile che passi una tale norma che comporterà innegabili ed inimmaginabili spese per gli enti . Dobbiamo evitare che oltre al sacrificio già impostoci con la finanziaria, tutto il peso di questa crisi pesi sulle spalle di questa categoria di professionisti.

  6. Ultimo baluardo scrive:

    Come avvocato di un piccolo ente la mia presenza, avvenuta a seguito di un difficilissimo concorso pubblico, ha consentito un risparmio per le casse comunali di proporzioni gigantesche. Tant’è vero che la corte dei conti non ha mai mosso alcun rilievo alla mia figura, atteso che gestisco da sola tutto il contenzioso. Aggiungasi che l’ente paga con il solito ritardo e senza interessi, parcelle al minimo, con il grande vantaggio di avere sempre a disposizione un legale all’interno, che rappresenta la memoria storica di tutta la vita amministrativa, nonché una sicurezza per tutti gli altri dipendenti amministrativi. Pertanto non è legittimo privarci dei frutti di un lavoro in più che ci viene richiesto.

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