Il risotto di Heinz Beck e la felicità

Il risotto di Heinz Beck e la felicità

La settimanale rubrica culinaria de “Il Messaggero”, dell’edizione di sabato 6 ottobre (pag. 54 della Cronaca di Roma), si è occupata stavolta del “risotto”. La rubrica suole mettere di norma in comparazione un pò di ristoranti e/o trattorie cittadini, specialisti del piatto preso in esame quel giorno, indicando ingredienti, peculiarità e prezzi. Tra i dieci gastronomi adocchiati (quasi tutti operanti in esercizi ubicati nel centro storico di Roma) spicca Heinz Beck. La specialità del risotto del cuoco tedesco è così descritta: “Heinz Beck con la sua genialità illumina anche i grandi classici italiani, dalla pasta al suo felicissimo risotto all’olio di oliva e grana padano, con verdure e scampi in pinzimonio, trionfo di riusciti contrappunti”. Prezzo del piatto (un paio di cucchiai di riso, ovviamente, presentati però come se fossero un’opera d’arte) la modica cifra di 49 Euro (da apprezzare la delicatezza di quell’euro che manca ad evitare di far comparire il 5 come prima cifra!).

Può non discutersi che il cinquantenne tedesco (che in Italia ha trovato l’America) sia un genio, o che con la sua perizia riesca a trasformare un modesto rigatone in un lingotto d’oro ovvero a far credere che un’oliva nostrana rappresenti una perla del Pacifico: sgomenta, però, che un centinaio di chicchi di riso, sol perché cucinati da lui, costino un occhio della testa.

Il problema non è nostro”, diranno i benpensanti che, magari pur potendo, tuttavia non frequentano “La Pergola” dell’Hilton: a preoccuparsi semmai saranno coloro che, per portare due volte il cucchiaio alla bocca al fine di assaggiare quelle delizie, sborsano così tanto denaro. Se costoro hanno soldi da buttare, oppure sono così coglioni da farsi spennare “dall’artista”, ovvero vanno a Monte Mario solo per vantarsi, poi, con gli amici dicendo di aver mangiato da Beck, ebbene, sono questi a doversi turbare.

Non condivido, in tutta sincerità, questo modo di pensare. Vivere in un Paese libero vuol dire, certamente, anche decidere di utilizzare le proprie risorse economiche nel modo ritenuto più opportuno, e quindi anche di pagare 50 euro per qualche chicco di riso, sol perché cucinato da Beck. Ma c’è un tema che non può essere trascurato. Io non so se, come con sdolcinata compiacenza ha commentato quel giornalista del “Messaggero”, il risotto di Beck sia “felicissimo” o se mantecandolo con gli scampi in pinzimonio sia effettivamente avvenuto il “trionfo di riusciti contrappunti”: mi preoccupo del fatto, però, che quel bambino ritratto nella foto – e come lui ce ne sono milioni al mondo – sarebbe sì, davvero, felicissimo, di nutrirsi anche con molto meno di ciò che quei coglioni di cui sopra vanno a spendere da Beck.

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