Rassegna decisioni primo semestre 2011 (atto amm.vo)

Rassegna decisioni primo semestre 2011 (atto amm.vo)

TAR LAZIO – Sez. II bis – 29 aprile 2011 n. 3698 – Pres. Pugliese – Est. Caminiti – Ist. S.M.S.D. (avv.ti Valeri e Gostoli) c. Roma Capitale (avv. Murra).

 1. – Atto amministrativo – Annullamento – Art. 21 nonies L. n. 241 del 1990 – Presupposti – Individuazione.

2. – Atto amministrativo – Autotutela – Potere discrezionale della P.A. – Presupposti – Individuazione.

3. – Edilizia ed urbanistica – Abusi – Autotutela – Decorso del tempo – Maggiore grado di motivazione – Necessità.

4. – Atto amministrativo – Autotutela – Rimedio giustiziale – Inconfigurabilità.

5. – Atto amministrativo – Comunicazione – Corrispondenza puntuale con il provvedimento conclusivo – Non occorre.

6. – Atto amministrativo – Comunicazione – Motivazione – Contenuto provvedimento conclusivo – Corrispondenza – Necessità.

1. – L’art. 21 nonies della L. n. 241 del 1990 indica quali presupposti per l’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo illegittimo, con effetti ex tunc, oltre all’accertamento dell’originaria illegittimità dell’atto, la sussistenza delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione diverso dal mero ripristino della legalità dell’azione amministrativa, il decorso di un termine ragionevole (e quindi non eccessivamente lungo), l’assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari e la valutazione degli interessi degli stessi. 

 2. – L’esercizio del potere di autotutela da parte della Pubblica amministrazione, pur essendo espressione di rilevante discrezionalità, non esime quest’ultima dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza di presupposti quali l’accertamento dell’originaria illegittimità dell’atto, la sussistenza delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione, il decorso di un termine ragionevole (e quindi non eccessivamente lungo), l’assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari e la valutazione degli interessi degli stessi, con motivazione integrata dall’allegazione del vizio che inficia il provvedimento.

 3. – Maggiore è il lasso di tempo trascorso tra l’avvio dell’attività edilizia e l’esercizio, da parte della Pubblica amministrazione, del potere inibitorio e/o di autotutela, e maggiore deve essere il grado di motivazione sulle ragioni di pubblico interesse, diverse da quella del mero ripristino della legalità, che deve connotare il relativo provvedimento amministrativo, anche alla luce di quanto previsto espressamente dall’art. 21 nonies della L. n. 241 del 1990.

 4. – L’esercizio dello jus poenitendi da parte dell’Amministrazione è espressione di cura concreta di interessi pubblici e quindi espressione della funzione di amministrazione attiva, e non rimedio giustiziale.

 5. – Non è richiesta una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento e quello del provvedimento conclusivo del procedimento, essendo del tutto legittimo che l’Amministrazione possa ritenere nel provvedimento finale di dover meglio precisare le proprie posizioni giuridiche, in relazione alle osservazioni del privato e anche autonomamente.

 6. – Il contenuto del provvedimento conclusivo di un procedimento amministrativo è necessario che si inscriva nello schema delineato dalla comunicazione di avvio del procedimento, deve cioè contenere la motivazione della decisione in nuce dell’Amministrazione, dovendosi ritenere precluso all’Amministrazione fondare il provvedimento definitivo su ragioni del tutto nuove, non enucleabili dalla motivazione dell’atto endoprocedimentale, frustrando così irrimediabilmente la funzione partecipativa e di dialogo che la legge assegna all’atto di comunicazione.

 

 TAR LAZIO – Sez. II bis – 21 marzo 2011 n. 2458 – Pres. Pugliese – Est. Caminiti – B.P.E. (avv.ti Orlando e Urciuoli) c. Roma Capitale (avv. Murra), Soc. N.M. (avv. Annese), D.P.M. (avv. Paolantonio) e Ministero Beni Culturali (Avv.ra gen. Stato).

 1. – Atto amministrativo – Silenzio-rifiuto – Impugnazione – Obbligo di provvedere della P.A. – Richiesta di autotutela – Non è coercibile – Fattispecie.

 2. – Atto amministrativo – Silenzio-rifiuto – Impugnazione – Quando è possibile.

 1. – Come costantemente affermato dalla giurisprudenza, presupposto sostanziale del silenziorifiuto ricorribile ex art. 21 bis della L. n. 1034 del 1971 (ora artt. 31 e 117 Cod. proc. amm.) è la sussistenza di un obbligo a carico della P.A. di provvedere, ossia di adottare un provvedimento espresso a fronte dell’istanza del privato; sicché in mancanza di un simile presupposto, l’inerzia dell’Amministrazione non può qualificarsi in termini di silenziorifiuto e l’istituto del silenzio non può essere strumentalmente impiegato per ottenere effetti giurisdizionali che eccedano dai limiti propri dello stesso, come quello di costringere l’Amministrazione ad attivare un procedimento di esercizio di potere di riesame, non configurabile in termini di doverosità e non coercibile ab extra. (Nella specie, il TAR Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale un soggetto privato, proprietario di un appartamento facente parte di un condominio, chiedeva l’accertamento e la declaratoria di illegittimità del silenzio- rifiuto, formatosi sull’istanza diffida, notificata dal ricorrente all’Ente Roma Capitale, affinché provvedesse all’emanazione di provvedimenti ritenuti idonei e necessari per procedere alla rimozione e/o demolizione di una canna fumaria installata sulle facciate condominiali).

 2. – Il rimedio processuale dell’impugnativa del silenzio non è esperibile contro qualsiasi tipo di omissione amministrativa, restando esclusi dalla sua sfera applicativa non solo i casi di silenzio significativo (assenso o rigetto), ma anche gli obblighi di eseguire che richiedono, per il loro assolvimento, l’esercizio di un potere discrezionale (che produce un evidente effetto giuridico negativo) ovvero un’attività materiale, e non provvedimentale.

 

TAR LAZIO – Sez. I quater – 4 febbraio 2011 n. 1095 – Pres. Orciuolo – Est. Biancofiore – M.C. (avv. Scattini) c. Roma Capitale (avv. Murra).

 1. – Atto amministrativo – Art. 21 octies L. n. 241 del 1990 – Annullamento del provvedimento per vizi formali – Esclusione – Fattispecie. 

 2. – Edilizia ed urbanistica – Abusi – Vigilanza – Attività urbanistica-edilizia – Legittimità – Fattispecie.

 3. Edilizia ed urbanistica – Abusi – Sanatoria – Accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001 – Condono ex art. 36 D.L. n. 269 del 2003 – Diversità delle procedure Conseguenze.

 1. – Ai sensi dell’art. 21 octies  della L. n. 241 del 1990, il giudice non può adottare l’annullamento del provvedimento per vizi formali, laddove il ricorrente non dimostri che il contenuto dello stesso provvedimento avrebbe potuto essere diverso. (Nel caso di specie è stato ritenuto che la determinazione dirigenziale delle opere abusive non può essere annullata per vizi formali allorquando risulta in atti che le stesse sono state realizzate senza titolo abilitativo).  

 2. – Sulla base dell’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001, che riconosce all’Amministrazione comunale un generale potere di vigilanza e controllo sulle attività urbanistico-edilizie del territorio, è obbligo, per il dirigente, adottare tutti i provvedimenti definitivi necessari a ripristinare la legalità violata dall’intervento edilizio abusivo, mediante l’esercizio di un potere-dovere del tutto privo di margini di discrezionalità. (Nel caso di specie la validità del provvedimento di demolizione non è inficiata dal fatto che lo stesso sia stato adottato quando era scaduto il termine di 45 giorni dall’ordinanza di sospensione dei lavori). 

 3. – In materia di demolizione di opere abusive deve rilevarsi l’assoluta diversità tra il procedimento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 e il procedimento di condono di cui all’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003, convertito nella L. n. 326 del 2003. (Nel caso di specie, stante la diversità tra i due procedimenti ed avuto riguardo alla vincolatività dell’attività di vigilanza urbanistico-edilizia che incombe in capo alle Amministrazioni locali, il Comune non è obbligato ad ottenere che si formi il silenzio- rifiuto sulla domanda di accertamento della conformità presentata dal cittadino). 

 

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