MASSIMARIO DI GIURISPRUDENZA DISCIPLINARE

MASSIMARIO DI GIURISPRUDENZA DISCIPLINARE

MASSIMARIO DI GIURISPRUDENZA DISCIPLINARE 2010/2011

DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA

(a cura di Rodolfo Murra)

per massime più recenti di decisioni del CNF vedi

http://www.rodolfomurra.it/2012/08/giurisprudenza-disciplinare-del-consiglio-nazionale-forense/

L’elenco prosegue in senso cronologico (dalle più remote alle più recenti)

2 – 31 maggio 2010 – Est. Cons. Barbantini – E.G.

 1. – Rapporti contro ex cliente – Assunzione di incarico – Decorso di tempo assai breve dalla rinuncia al mandato – Responsabilità disciplinare – Sussiste.

 1.- L’art. 51 del Codice deontologico forense vieta l’assunzione di un incarico contro un ex cliente a meno che non siano trascorso un ragionevole periodo di tempo e che in detto incarico non vi sia la possibilità di usare informazioni acquisite in quello precedente; integra, quindi, comportamento deontologicamente scorretto quello di un avvocato che, appena dodici giorni dopo la rinuncia al mandato, ne assuma uno contro il precedente assistito. (Nella specie, essendo stato escluso il benché minimo elemento di dolo, e tenuto conto degli elementi istruttori, è stato ritenuto equo rivolgere il solo avvertimento).

 5 – 20 aprile 2010 – Est. Cons. Graziani – L.I.

 1. – Attività defensionale – Espressioni sconvenienti od offensive – Esimente ex art. 598 Cod. pen. – Applicabilità.

 2. – Rapporti contro ex cliente – Assunzione di incarico – Qualità di ex cliente – Riferimento al solo dato formale – Esclusione – Conseguenze – Fattispecie – Responsabilità disciplinare – Sussiste.

 1.- Qualora il lessico utilizzato dal difensore nei propri scritti processuali si collochi nei limiti del lecito, ancorché con espressioni dal forte contenuto, è possibile richiamare a profitto del professionista i medesimi principi che improntano l’esimente di cui all’art. 598 Cod. pen., applicabili in coerente armonia con l’incipit dell’art. 20 del Codice deontologico forense.

 2. – La valutazione in ordine al dettato dell’art. 51 del Codice deontologico forense, che disciplina il divieto di assunzione di incarichi contro un ex cliente, non deve essere improntato allo stretto formalismo normativo, secondo i consueti criteri di personalità giuridica o di responsabilità patrimoniale, ma deve condursi secondo canoni di ragionevolezza, intendendosi così per “ex clienti” tutte quelle identità che abbiano conferito l’incarico professionale a nome proprio o nella qualifica rivestita od, anche, che si siano rapportati con il professionista rivestendo il ruolo gestorio degli interessi dell’ex assistito. (Nella specie, al legale che aveva assunto un incarico contro coloro che, nella veste di esercenti una impresa familiare ovvero di organi della stessa, erano ancora propri clienti, è stata irrogata la sanzione della censura).

 8 – 1 giugno 2010 – Est. Cons. Rossi – N.P.

 1. –  Rapporti contro ex cliente – Assunzione di incarico – Mandato originario – Difesa solo nominale – Responsabilità disciplinare – Non sussiste.

1. – Se è vero che può certamente configurarsi una leggerezza da parte del professionista quella di aver deciso di assumere un incarico contro una persona dallo stesso assistita in diverso procedimento, va comunque esente da responsabilità l’avvocato che, al momento dell’assunzione del mandato stesso, aveva limitato la propria difesa in quello precedentemente conferito ad un aspetto meramente formale e nominale, tenuto anche conto che lo stesso aveva un diverso oggetto e che la rinuncia è comunque avvenuta in epoca coeva al nuovo conferimento

 18 – 31 maggio 2010 – Est. Cons. Rossi – G.S.

 1. – Rapporti con la stampa – Divulgazione pubblica del nominativo dei propri clienti – Divieto – Art. 17 Codice deontologico – Abrogazione da parte della L. n. 248 del 2006 – Esclusione.

 2. – Rapporti con la stampa – Divulgazione pubblica del nominativo dei propri clienti – Divieto – Art. 17 Codice deontologico – Ratio – Individuazione – Tutela della riservatezza – Esclusione.

 3. – Rapporti con la stampa – Divulgazione pubblica del nominativo dei propri clienti – Divieto – Art. 17 Codice deontologico – Cessazione degli incarichi menzionati – Irrilevanza.

 4. – Rapporti con la stampa – Divulgazione pubblica del nominativo dei propri clienti – Divieto – Art. 17 Codice deontologico – Prevalenza del diritto di cronaca – Esclusione.

 5. – Rapporti con la stampa – Divulgazione pubblica del nominativo dei propri clienti – Divieto – Art. 17 Codice deontologico – Violazione – Censurabilità.

 1. – L’art. 17 del Codice deontologico forense, che vieta all’avvocato di rivelare al pubblico il nome dei propri clienti anche se questi vi consentano, è rimasto in vigore anche dopo l’emanazione della L. n. 248 del 2006 (c.d. decreto Bersani) e finanche dopo i rilievi formulati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato all’esito di un’indagine conoscitiva in ordine al recepimento, da parte degli Ordini professionali, dei principi stabiliti dalla citata legge.

 2. – La ratio del divieto stabilito dall’art. 17 del Codice deontologico forense, che impone all’avvocato di non rivelare al pubblico il nome dei propri clienti anche se questi vi consentano, mira a salvaguardare non la riservatezza delle persone (tanto che il divieto vige anche in presenza del consenso eventualmente concesso dalle persone interessate) bensì di evitare un’esposizione autoreferenziale del professionista a discapito dell’esigenza di una corretta informazione dell’utente.

 3. – Ai fini del divieto stabilito dall’art. 17 del Codice deontologico forense, che impone all’avvocato di non rivelare al pubblico il nome dei propri clienti anche se questi vi consentano, non può assumere alcuna importanza la circostanza secondo la quale gli incarichi menzionati in una intervista rilasciata ad un quotidiano siano già esauriti al momento dell’intervista medesima.

 4. – Il giornalista che fornisca la notizia di un determinato caso giudiziario, in un momento storico in cui essa abbia rilievo in termini di attualità, e citi il nome di difensori e di clienti, esercita il diritto di cronaca, mentre diverso è il caso dell’avvocato che, parlando di sé, richiami un incarico oramai esaurito e dunque non più rilevante al fine dell’informazione; mentre nel primo caso il richiamo al nominativo del professionista rientra così in quell’insieme di informazioni necessarie ai fini di una completa espressione della cronaca, nel secondo caso l’avvocato, nel richiamare il nominativo dei propri clienti nel tempo da costui assistiti e non facendolo con finalità informative o difensive (essendo gli incarichi cessati), non può che farlo allo scopo di gratificare esclusivamente la propria immagine professionale, con comportamento disciplinarmente censurabile.

 5. – Nell’ambito di una intervista apparentemente rilasciata ad un organo di stampa al fine di operare una ricostruzione dei propri studi universitari, del proprio cammino professionale ovvero di descrivere il tipo di attività svolta dal proprio studio legale, la citazione dei nominativi dei propri clienti un tempo assistiti, specie se di notoria conoscenza da parte dell’opinione pubblica, si appalesa del tutto superflua e, dunque, mirata esclusivamente ad esaltare la propria capacitò di attrazione di clientela, con fine chiaramente autoreferenziale, che l’art. 17 del Codice deontologico forense mira ad impedire; con la conseguenza che è congrua la sanzione della censura irrogata nella specie al responsabile.

 20 – 19 maggio 2010 – Est. Pres. Conte – M.C.

 1. – Attività defensionale – Praticante avvocato non abilitato – Sottoscrizione di atto di precetto – In virtù di mandato professionale – Responsabilità disciplinare – Sussistenza.

 1. – Commette un illecito disciplinare, meritevole dell’avvertimento a cagione della giovane età dell’autore, il praticante avvocato non abilitato che sottoscriva un atto di precetto, in virtù di mandato steso a margine dello stesso, e lo notifichi al debitore

 21 – 17 maggio 2010 – Est. Cons. Graziani – F.M.

 1. – Rapporti contro ex cliente – Mancata riconsegna dei documenti – Prova della restituzione – In assenza di precisa collocazione temporale – Responsabilità – Esclusione.

 1. – Non è disciplinarmente rilevante la condotta dell’avvocato che, accusato di aver trattenuto indebitamente la documentazione richiestagli dall’ex cliente (comportamento che, ai sensi dell’art. 42 del Codice deontologico forense nella formulazione vigente all’epoca della contestazione veniva consentito solo quando fosse stato strettamente necessario ai fini della liquidazione del compenso e non oltre l’avvenuto pagamento), dimostri che la restituzione sia avvenuta anche senza essere riuscito a dimostrare, nel corso del procedimento disciplinare, la precisa collocazione temporale di tale riconsegna.

 22 – 21 giugno 2010 – Est. Cons. Rossi – G.D.G. e E.P.

 1. – Attività defensionale – Apertura concordata del verbale d’udienza in anticipo – E’ comportamento non ortodosso – Esimenti – Rilevanza.

 1. – Il comportamento di due avvocati che, avversari in una causa, resisi conto di un rinvio d’ufficio (non comunicatogli) dell’udienza il giorno della stessa, decidevano comunque di aprire il relativo verbale a valere per l’udienza successiva e riponendolo poi all’interno del fascicolo d’ufficio, seppure da considerarsi assolutamente non ortodosso, non è meritevole di sanzione sotto il profilo professionale tenuto conto che nessun pregiudizio sarebbe potuto derivare alle parti rispettivamente rappresentate e che la relativa decisione era stata dettata dal timore di non giungere in tempo all’apertura all’udienza medesima.

 23 – 19 maggio 2010 – Est. Cons. Nesta – L.S.

 1. – Procedimento disciplinare – Doppio capo di imputazione – Assenza di responsabilità per la condotta principale – Mancato riscontro di chiarimenti richiesti dal Consiglio – Non è punibile.

 1. – Va esclusa la responsabilità disciplinare dell’avvocato che, accusato con due capi di incolpazione, venga dichiarato esente da colpa sul primo capo, quando il secondo concerna il mancato riscontro alla richiesta di chiarimento inoltratagli dal Consiglio dell’Ordine nella fase predisciplinare.

 26 – 3 giugno 2010 – Est. Cons. Nesta – S.T.

 1. – Rapporti con i magistrati – Istanza di ricusazione – Espressioni di forte contenuto – Con riferimento a fatti riferiti da personale di cancelleria – Responsabilità disciplinare – Non sussiste.

 1. – In un ricorso per ricusazione di un giudice possono anche essere riportate espressioni, pure di forte contenuto, nonché fatti potenzialmente lesivi delle persone ricusate, essendo evidente che tali espressioni e gli accadimenti riferiti sono funzionali per sostenere le tesi addotte e per l’accoglimento delle stesse; pertanto, non commette illecito disciplinare l’avvocato che, nel redigere una istanza di ricusazione di alcuni componenti un collegio giudicante, accusi gli stessi di aver instaurato un rapporto di intensa familiarità con il difensore della parte avversa, se risulti che le notizie riprodotte nell’istanza medesima gli siano state riferite da personale di cancelleria.

 31 – 21 giugno 2010 – Est. Cons. Rossi – C.C. e M. S.

 1. – Attività defensionale – Produzione di documento in giudizio – Documento parzialmente difforme da quelle originale – Fatto imputabile esclusivamente al cliente – Buona fede del professionista – Responsabilità – Esclusione.

 1. – Non integra responsabilità disciplinare il comportamento del professionista che depositi in un giudizio, allo scopo di completare la prova documentale necessaria per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo, un verbale attestante l’avvenuto passaggio di consegne da un amministratore condominiale ad un altro che riporti una ulteriore sottoscrizione in calce ad una postilla apposta in un momento successivo alla formazione originaria del documento, sottoscrizione acquisita direttamente dalla cliente e consegnata all’avvocato, ignaro del fatto.

 36 – 3 agosto 2010 – Est. Cons. Rossi – P.V.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Riunioni preordinate al raggiungimento di transazioni – Diserzione immotivata – Inescusabile trascuratezza – Responsabilità disciplinare.

 1. – La mancata ed immotivata partecipazione da parte del difensore ad importanti incontri, peraltro programmati da tempo, volti alla risoluzione transattiva di controversie di non trascurabile valore economico, è indice inequivoco di non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita. (Nella specie è stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due).

 37 – 21 giugno 2010 – Est. Cons. Graziani – R.M.

 1. – Rapporti con la controparte – Separazione coniugale – Ostinata insistenza per far aderire al ricorso la controparte – Violazione art. 5 Codice deontologico – Configurabilità.

 2. – Rapporti con la controparte – Intrattenimento continuo di rapporti – Consapevolezza circa l’affidamento di mandato a collega avversario – Violazione art. 27 Codice deontologico – Configurabilità.

 1. – Costituisce violazione del disposto dell’art. 5 del Codice deontologico forense il contegno del professionista che, reiteratamente ed insistentemente, solleciti con ostinazione il coniuge della propria assistita a sottoscrivere un ricorso per separazione consensuale nel dichiarato ma insussistente interesse di entrambi.

 2. – Contravviene al principio di cui all’art. 27 del Codice deontologico forense l’avvocato che intrattiene rapporti diretti con la controparte ben essendo consapevole che questa era già assistita da altro difensore. (Nella specie è stata inflitta la sanzione della censura).

 39 – 2 luglio 2010 – Est. Cons. Nesta – E.C.

 1. – Rapporti con la controparte – Corrispondenza – Utilizzo di espressioni tali da condizionare psicologicamente in modo eccessivo il destinatario – Sussiste responsabilità – Fattispecie.

 1. – L’avvocato, nel tutelare gli interessi del proprio assistito, deve sempre mantenere una condotta ispirata a principi di correttezza, utilizzando gli strumenti giuridici a sua disposizione, ma senza trasmodare in comportamenti eccessivi nella forma e nella sostanza; pertanto, viola i propri doveri deontologici il professionista che nella corrispondenza diretta alla controparte e volta ad ottenere il proprio adempimento utilizzi espressioni tali da intimorirla ogni oltre ragionevole misura, condizionandola psicologicamente in modo serio. (Nella specie, è stato rivolto l’avvertimento al legale che, in una lettera, prospettava che la controparte sarebbe “civilmente morta” se non avesse provveduto a quanto intimatole).

 4 – 19 luglio 2010 – Est. Cons. Cipollone – C.A.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Affidamento di incarico giudiziale – Omessa illustrazione delle perplessità in ordine al relativo esito – Configura responsabilità deontologica.

 1. – Costituisce mancanza disciplinare dell’avvocato il non rendere edotto il proprio cliente delle serie perplessità che il professionista nutriva, al momento dell’assunzione dell’incarico, sull’esito di un giudizio la cui difesa gli era stata affidata.

 48 – 3 agosto 2010 – Est. Cons. Arditi di Castelvetere – D.G.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Assunzione di iniziativa giudiziaria all’insaputa del cliente – Configura responsabilità deontologica.

 1. – Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che intraprenda una iniziativa giudiziaria all’insaputa della parte assistita e che ometta di darle informazioni.

4 – 22 settembre 2010 – Est. Cassiani – L.S.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di diligenza – Informativa fuorviante – Inerzia nell’espletamento del mandato – Costituisce violazione deontologica.

 1. – Integra responsabilità professionale il comportamento dell’avvocato che, oltre a rimanere inerte nell’espletamento del mandato, informi in modo fuorviante la parte assistita per tranquillizzarla sull’andamento della (inesistente) causa. (Nel caso in esame, al professionista è stata irrogata la sanzione della censura, avendo lo stesso violato i doveri di diligenza, di probità, di adempimento del mandato e di informativa).

 7 – 28 settembre 2010 – Est. Arditi di Castelvetere – R.E.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di diligenza – Obbligo di informativa – Omissione – Costituisce violazione deontologica.

 1. – Costituisce mancanza disciplinare dell’avvocato, in contrasto con i principi della deontologia forense, non fornire al cliente le necessarie informazioni sulla causa, non provvede alla restituzione della documentazione nonché il non aver iscritto a ruolo un ricorso per il quale la parte aveva conferito mandato.

 10 – 23 settembre 2010 – Est. Vaglio – G.F.

 1. – Rapporti con i magistrati – Liste dei difensori di ufficio – Cancellazione – Mancata comunicazione al P.M. – Responsabilità – Sussiste.

 1. – La cancellazione dalle liste dei difensori di ufficio non fa venir meno l’obbligo del difensore di  collaborare con la Magistratura; pertanto, è dovere deontologico del difensore di ufficio comunicare al P.M., in tempi celeri, l’avvenuta cancellazione dalle relative liste, in modo tale da permettere a quest’ultimo di procedere alla sua sostituzione, onde evitare eventuali disguidi a danno della parte assistita. (Nel caso de quo la mancanza del predetto avviso ha impedito di celebrare l’udienza dibattimentale; di conseguenza è stata ritenuta congrua la sanzione dell’avvertimento).

 13 – 22 settembre 2010 – Est. Fasciotti – M.G.C.C.

 1. – Rapporti con i terzi – Avvio della procedura esecutiva – Nei confronti di un condominio di edifici – Nonostante la comunicazione circa la raccolta delle somme precettate – Presupposti – Responsabilità – Esclusione.

 1. – Non è disciplinarmente rilevante la condotta del professionista che – quale creditore di un condominio di edifici – fa notificare un atto di pignoramento presso terzi iscrivendo a ruolo, dopo pochi giorni, la relativa procedura esecutiva nonostante avesse avuto assicurazioni scritte dal difensore del medesimo condominio sulla raccolta della somma precettata, quando ricorrano determinati presupposti. (Nel caso concreto, dall’esame dei documenti allegati è stata rilevata un’alta conflittualità tra gli stessi soggetti, la corretta notifica del titolo e del precetto, la richiesta di esecuzione del pignoramento con consegna degli atti all’ufficiale giudiziario in data antecedente all’avviso dell’Amministratore del condominio che stava raccogliendo le somme de quibus, la buona fede del creditore a supporto di un comportamento corretto ancorché rigido, ecc.).

 14 – 28 settembre 2010 – Est. Cassiani – V.F. e P. M.

 1. – Rapporti con i terzi – Art. 56 Codice deontologico – Soggetto non ancora abilitato – Espletamento di incombenti cancelleria – Ricevimento notifiche – Non configura responsabilità deontologica.

 1. – Non integra l’illecito disciplinare ex art. 56 del Codice deontologico la condotta di chi – ancorchè non ancora iscritto all’albo degli avvocati – si sia limitato a ricevere le notifiche ed a svolgere meri adempimenti di cancelleria.

 30 – 28 settembre 2010 – Est. Cassiani – S.P.

 1. – Rapporti con i terzi – Morosità del professionista – Inattività a sanare il debito – Violazione dovere di probità e correttezza – E’ disciplinarmente rilevante.

 1. – Il comportamento dell’avvocato che si rende moroso e che non provveda a sanare la predetta morosità, costringendo il creditore ad agire giudizialmente, non è conforme ai doveri di probità e correttezza e, pertanto, è disciplinarmente rilevante. (Nella specie, è stata irrogata la sanzione dell’avvertimento, tenuto conto dell’incensuratezza dell’incolpato).

 34 – 15 ottobre 2010 – Est. Vaglio – M.M.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Errore professionale – Non dovuto a negligenza od incompetenza – Non integra responsabilità deontologica.

 2. – Rapporti con la parte assistita – Errore professionale – Comportamento finalizzato a nascondere l’errore – False informazioni – Raggiungimento della prova – Ai fini della responsabilità disciplinare – Occorre.

 1. – Non integra illecito disciplinare l’errore professionale non dovuto ad incompetenza od a negligenza, potendo il danneggiato agire giudizialmente ai fini dell’ottenimento del ristoro dei danni subiti. (Nel caso di specie l’organo deliberante ha altresì tenuto conto che il professionista in questione, durante la sua lunga carriera, non ha mai subito un procedimento disciplinare il che esclude una sua abituale incuria o negligenza).

 2. – In caso di errore professionale da parte dell’avvocato, il nasconderlo e il fornire false informazioni al cliente senza adoperarsi per elidere o eliminare il danno, integra la violazione del dovere di lealtà e correttezza, determinando, dunque, una condotta deontologicamente censurabile, sempre che sia raggiunta la prova del suddetto comportamento. (Nella specie, pur in presenza di una grave disattenzione che ha determinato la prescrizione del diritto all’indennizzo da parte della compagnia di assicurazione in danno dei propri clienti, al professionista non è stata irrogata nessuna sanzione, non essendo stata raggiunta alcuna prova che l’incolpato abbia nascosto il proprio errore né che questi abbia fornito false informazioni al riguardo).

 38 – 29 settembre 2010 – Est. Arditi di Castelvetere – M.T.

 1. – Rapporti con la controparte – Nuovo incarico professionale – Assunto contro un ex cliente – Mancanza dei presupposti – Violazione dovere di  lealtà e fedeltà – E’ configurabile.

 1. – Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, con violazione del dovere di lealtà e fedeltà, il professionista che assuma un incarico professionale contro un ex cliente, quando non sia trascorso un ragionevole lasso di tempo e quando l’oggetto del nuovo giudizio non sia del tutto estraneo a quello precedentemente espletato. (Nel caso concreto il difensore aveva rappresentato entrambi i coniugi in sede di separazione consensuale ed il nuovo incarico riguardava la medesima fattispecie e, peraltro, il lasso di tempo intercorso era di appena un anno. Pertanto è stata inflitta la sanzione della censura).

  42 – 22 settembre 2010 – Est. Rossi – G.D.M.

 1. – Rapporti con i colleghi – Nomina di corrispondente – Smarrimento atti di causa – Adempimento del proprio obbligo – Nessun pregiudizio alla parte assistita – Responsabilità deontologica – Non sussiste.

 1. – Non sussistono elementi di rilievo deontologico nel comportamento del domiciliatario che – ancorché incauto nel non comunicare in forma scritta alla Collega di aver smarrito degli atti di causa – abbia comunque adempiuto il proprio incarico senza cagionare pregiudizio alcuno alla parte assistita e senza, peraltro, aver percepito alcun compenso. (Nella specie il corrispondente aveva dato notizia dello smarrimento del titolo esecutivo e del precetto – ritrovati solo dopo la proposizione dell’esposto in un diverso fascicolo dello studio –  per le sole vie brevi).

 43 – 23 settembre 2010 – Est. Nesta – M.S.

 1. – Procedimento disciplinare – Capo di incolpazione – Fatti identici a quelli del capo di imputazione – Sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste – Art. 653 Cod. proc. pen. – Effetto vincolante.

 1. – In un giudizio disciplinare quando i fatti oggetto del procedimento disciplinare sono identici a quelli contestati in sede penale e oggetto dei capi d’imputazione e quando è intervenuta sentenza penale irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste, ai sensi dell’art. 653 Cod. proc. pen., che ha sul processo disciplinare un effetto vincolante, si impone la  declaratoria di non luogo a sanzione disciplinare.

 46 – 22 settembre 2010 – Est. Cassiani – T.P.

 1. – Attività defensionale – Procura – Autentica di sottoscrizione – Firma del cliente rivelatasi falsa – Conseguenze – Fattispecie.

 1. – Deve escludersi la responsabilità deontologica dell’avvocato che abbia autenticato la sottoscrizione apposta in calce ad una procura alle liti consegnatagli personalmente dal fratello del cliente, nella convinzione che quest’ultimo l’abbia apposta di pugno, quando risulti provato in un giudizio penale che invece la firma sia stata messa abusivamente dal fratello medesimo, all’insaputa del cliente, in tal caso essendo stata dimostrata la buona fede del professionista.

 47 – 22 settembre 2010 – Est. Cipollone – L.B.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Somme di denaro – Trattenute ingiustificatamente – Compensazione parziale – Fatture inevase per presunti crediti professionali – Non è giustificabile – Fattispecie.

 1. – Viene meno ai doveri di correttezza professionale l’avvocato che abbia rifiutato di restituire una somma di denaro adducendo, a giustificazione del suo operato, di essere creditore di importo equivalente per le sue prestazioni professionali. (Nella specie, l’incolpata  ammetteva che la somma da restituire, pur tenendo conto di presunte compensazioni, non copriva che in misura molto parziale il debito contratto, tanto da ritenere valida la rateizzazione del suddetto debito. In questo caso è stata ritenuta congrua la sanzione della sospensione dell’esercizio professionale per due mesi).

 51 – 23 settembre 2010 – Est. Vaglio – M.A.

 1. – Rapporti con la controparte – Espressioni sconvenienti ed offensive – Contenute in una lettera diretta al proprio difensore – Avvenuta produzione in giudizio – Rilevanza disciplinare.

 1. – Non è mai giustificabile che in uno scritto prodotto in giudizio, ancorché non tecnicamente qualificabile come difensivo, si utilizzino termini offensivi nei confronti di un collega, atteso che ciò porta disdoro all’immagine dell’avvocato ed all’intera categoria di fronte ad un magistrato. (Nella specie il legale, che si faceva assistere da un collega in un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto da un avvocato nei suoi confronti, aveva inviato una lettera al proprio difensore descrivendo l’avversario “malefico, dipingendolo come un soggetto caratterizzato da “famelici appetiti”, e tale missiva è stata prodotta in giudizio. In questo caso è stato ritenuto congruo rivolgere l’avvertimento).

  52 – 17 settembre 2010 – Est. Murra – D.L.C.A.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Responsabilità professionale – Invio dei dati relativi alla polizza assicurativa – Consapevolezza della mancata copertura – Costituisce violazione deontologica.

 2. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di informativa – Scelte tecniche adottate – Vi rientrano – Fattispecie.

 3. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di diligenza – Obbligo di informativa costante – Sussiste.

  1. – Commette illecito deontologico l’avvocato che, per tacitare un proprio cliente che lo accusava di inadempimento sul piano professionale, gli fornisce gli estremi della propria polizza di assicurazione per la responsabilità civile derivante da colpa professionale, ben sapendo della inoperatività della copertura assicurativa.

 2. – E’ obbligo precipuo del professionista forense tenere informato il cliente non solo dell’evoluzione processuale e delle ipotesi di soluzione del processo, ma anche delle proprie scelte tecniche pure se queste possono portare alla mortificazione delle speranze dell’assistito. (Nella specie l’avvocato continuava a rassicurare il cliente sulla fondatezza di un’azione di usucapione, che avrebbe prossimamente intentato, ma nella quale non credeva neppure egli stesso omettendo di riferirlo alla parte assistita).

 3. – L’obbligo di diligenza costituisce uno dei cardini dell’attività professionale e tale diligenza deve estrinsecarsi non solamente nell’opera che l’avvocato svolge in difesa del cliente, ma anche tenendo informato costui di tutti gli eventi di rilievo che si verifichino nel corso della pratica giudiziale e stragiudiziale.

 55 – 22 settembre 2010 – Est. Rossi – A.D.C.

 1. – Attività defensionale – Abbandono dell’aula di udienza – Unito a comportamenti sconvenienti – Responsabilità disciplinare – Configurabilità – Fattispecie.

 1. – L’abbandono di un’aula nel corso dell’udienza, la pretesa di imporre un rinvio del processo sulla base di futili motivi e l’attribuzione al magistrato di un epiteto, se non offensivo, certamente sconveniente (nella specie: “antipatico”) sono comportamenti certamente non inquadrabili nel contesto di una confacente attività difensiva, al quale l’avvocato deve invece improntare la propria condotta. (Nel caso concreto è stata inflitta la sanzione della censura).

 62 – 29 settembre 2010 – Est. Cipollone – R.D.B.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di  diligenza – Omessa prospettazione opportunità dell’appello – Cliente condannato a pena detentiva – Integra responsabilità deontologica.

 1. – Integra illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che, assistendo un cliente condannato a pena detentiva, non lo rende edotto delle gravi conseguenze cui va incontro non interponendo appello avverso la sentenza di condanna, specie considerando il fatto che i giudici di secondo grado ben avrebbero potuto concedere la sospensione della pena. (Nella fattispecie è stata inflitta la sanzione della censura).

 65 – 16 settembre 2010 – Est. Murra – A.N.

 1. – Rapporti con i colleghi – Nomina di corrispondente – Obbligo di provvedere al compenso – Quando grava sull’avvocato – Art. 30 Codice deontologico – Presupposto – Fattispecie.

 1. – L’art. 30 del vigente Codice deontologico forense impone all’avvocato, che abbia scelto personalmente un altro collega incaricandolo di svolgere funzioni di rappresentanza o di assistenza, di provvedere alla sua retribuzione ove a ciò non adempia la parte assistita: ed il mancato assolvimento di tale obbligo comporta responsabilità disciplinare a meno che non si dimostri di aver tentato di aver fatto tutto quanto era possibile (anche con postergazione del proprio credito) per far soddisfare la pretesa economica del collega; tuttavia, presupposto per l’applicazione di tale norma è che l’incarico sia stato conferito direttamente dal professionista, che abbia individuato nel collega un proprio sostituto ovvero un suo domiciliatario. (Nel caso di specie, però, e ciò è stato riconosciuto in modo leale dallo stesso esponente, quest’ultimo risulta essere stato designato ad ogni effetto di legge dalle parti direttamente, e non già dall’incolpato: di talché il Consiglio ha deliberato non esservi luogo a sanzione).

 68 – 29 settembre 2010 – Est. Rossi – G.G.

 1. – Procedimento disciplinare – Capo di incolpazione – Fatti identici a quelli del capo di imputazione – Sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste – Art. 653 Cod. proc. pen. – Effetto vincolante.

 2. – Procedimento disciplinare – Capo di incolpazione – Fatti identici a quelli del capo di imputazione – Sentenza di improcedibilità per difetto di querela – Autonomia del procedimento disciplinare.

 1. – In un giudizio disciplinare che ha come capo di incolpazione lo stesso formulato come capo di imputazione di un processo penale, all’assoluzione in quest’ultimo perché il fatto non sussiste consegue, in virtù dell’applicazione dell’art. 653 Cod. proc. pen., che ha sul processo disciplinare un effetto vincolante, la decisione di non esservi luogo a sanzione.

 2. – Il procedimento disciplinare resta autonomo dall’esito di un giudizio penale, anche se vertente sui medesimi fatti storici, se questo si sia concluso con una sentenza di improcedibilità per mancanza di querela.

82 – 28 ottobre 2010 – Est. Nesta – R.N.

 1. – Procedimento disciplinare – Ex magistrato – Fatti avvenuti prima dell’iscrizione all’Albo – Irrilevanza nel procedimento.

 1. – La condotta posta in essere da un avvocato, esclusivamente nelle sue funzioni di magistrato, quando ancora costui non si era iscritto all’Albo degli avvocati, e dunque prima di appartenere alla categoria forense, è irrilevante, per l’Ordine, sul piano del procedimento disciplinare eventualmente aperto.

 45 – 5 novembre 2010 – Est. Fasciotti – G.D.G.

 1. – Attività defensionale – Rapporti con i testimoni – Convocazione a studio per colloqui preliminari – Illecito disciplinare.

 1. – E’ disciplinarmente rilevante la condotta assunta da un avvocato allorché costui convochi presso il proprio studio alcuni testimoni di un processo civile, nei giorni precedenti la data fissata per la loro escussione davanti al giudice, per intrattenersi con essi sulle circostanze della deposizione ed affinché riferiscano poi in aula i fatti di causa, dove era parte il proprio assistito, in modo favorevole alla sua posizione. (Nella specie è stata ritenuta congrua la sanzione della censura).

 81 – 5 novembre 2010  – Est. Graziani – A.M.B.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di diligenza – Obbligo di informativa – Portata – Omissione – Costituisce violazione deontologica.

 1. – Il canone dettato dall’art. 40 del Codice deontologico forense, sul dovere di informativa del proprio cliente in capo all’avvocato, impone non solo che il professionista provveda ad un obbligo di mera comunicazione dei fatti del processo, bensì che il difensore adempia anche ad un vero e proprio obbligo di completa informativa, tale da sollecitare un apporto decisionale che la parte assistita esprima (in modo palese od anche tacito), manifestando la propria condivisione dell’iniziativa giudiziaria affidata alla condotta processuale dell’avvocato in virtù della di lui conoscenza tecnica del diritto e del rito processuale. (Nella specie, in difetto di una completa informazione, è stato rivolto l’avvertimento).

 49 – 8 novembre 2010 – Est. Nesta – S.D.A.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Somme di denaro – Trattenute ingiustificatamente – Rilevanza disciplinare – Fattispecie.

 2. – Attività defensionale – Abuso di strumenti processuali – In mala fede – Allo scopo di ritardare la definizione del processo – Illecito disciplinare.

 1. – Non è in alcun modo consentito all’avocato trattenere oltre il tempo strettamente necessario somme ricevute per conto della parte assistita né, soprattutto, condizionare al riconoscimento dei propri diritti o all’adempimento delle prestazioni professionali il versamento alla parte rappresentata di somme riscosse per conto di questa. (Nella specie è stata irrogata la sanzione della radiazione).

 2. – E’ disciplinarmente rilevante la condotta dell’avvocato che dimostri una propensione ad utilizzare in mala fede strumenti processuali per il perseguimento di fini che esulano completamente dalla ratio delle norme utilizzate e che si identificano nella volontà di procrastinare il più possibile la trattazione del processo ove egli ha assunto la difesa. (Nella specie si trattava della reiterazione continua di istanze di ricusazione, senza tener conto dei rigetti intervenuti su quelle precedenti).

 90 – 11 novembre 2010 – Est. Graziani – G.T.

 1. – Incompatibilità – Assunzione di incarico di membro di collegio sindacale – Da parte del legale fiduciario della stessa società – Illecito disciplinare.

 1. – L’art. 37 del Codice deontologico forense, nel vietare che l’attività forense interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale, mira ad evitare che si possa compromettere la c.d. libertà della toga; pertanto, costituisce fonte di responsabilità disciplinare l’aver assunto, da parte di un avvocato, le funzioni di componente il collegio sindacale di una società, quando costui era il legale fiduciario della stessa, in quanto l’assunzione di tale incarico determina l’instaurarsi di una relazione con gli amministratori che ben può compulsare l’attività del sindaco, di fatto impedendogli di assumere iniziative non gradite agli amministratori od al capitale di comando.

 98 – 14 dicembre 2010 – Est. Graziani – P.S.

 1. – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine – Omesso riscontro di comunicazioni – Reiterazione – Illecito disciplinare.

 1. – La totale disattenzione da parte di un iscritto alle reiterate comunicazioni inviategli dall’Ordine di appartenenza, nel dimostrare che il destinatario non ha alcuna intenzione di adempiere al dovere di collaborazione con il Consiglio, di cui all’art. 28 del vigente Codice deontologico forense, costituisce fatto disciplinarmente rilevante.

 50 – 28 dicembre 2010 – Est. Vaglio – F.R.

 1. – Attività defensionale – Espressioni sconvenienti od offensive – Divieto – Ratio – Fattispecie.

 1. – Non è mai giustificabile in uno scritto difensivo depositato in giudizio l’utilizzazione di termini offensivi nei confronti di un collega, portando con ciò disdoro all’intera categoria di fronte ad un magistrato; lungi dal limitare il libero esercizio del diritto di difesa il rispetto dei principi deontologici che vietano l’utilizzo di espressioni offensive costituiscono la base del rapporto di colleganza che, pur nel massimo sforzo per sostenere la propria tesi difensiva nell’ambito di un giudizio, non deve mai venir meno. (Nella specie, ove all’incolpato si è rivolto l’avvertimento, si erano utilizzate espressioni oggettivamente denigratorie, giungendo ad attribuire al collega avversario – considerato “avvezzo ad avvalorare in ogni caso le fraudolente deduzioni dei propri assistiti” ed accusato di “suggerire date fantascientifiche alla propria assistita al fine di frodare la controparte” – comportamenti illeciti).

 104 – 28 dicembre 2010 – Est. Graziani – G.I.

 1. – Attività defensionale – Espressioni sconvenienti od offensive – Valutazione – Rigetto dell’istanza di cancellazione – Può costituire indizio sulla irrilevanza del fatto sul piano deontologico.

 1. – La valutazione sulla sconvenienza e sulla offensività delle espressioni usate negli scritti difensivi deve essere condotta con congiunto riferimento non solo ad astratti criteri di buona educazione dei difensori, ma anche a considerazioni strettamente correlate all’esame del caso concreto; pertanto, l’omessa adozione dell’ordinanza di cancellazione delle espressioni dagli atti processuali, nonostante fosse stata specificamente richiesta al giudice, può costituire indizio idoneo, insieme ad altre circostanze, a far ritenere che le espressioni stesse si siano mantenute al di sotto della soglia dell’illecito disciplinare.

89 – 17 gennaio 2011 – Est. Nesta – M.Z.

 1. – Rapporti con la controparte – Art. 40 Codice Deontologico Forense – Divieto di aggravare la situazione debitoria della controparte – Reiterate azioni poste in essere dalla parte istante – Giustificate dall’inadempimento della controparte – Nell’interesse della parte assistita – Non trova applicazione.

1. – Il disposto dell’art. 49 del Codice Deontologico Forense, che vieta espressamente di aggravare la situazione debitoria della controparte, trova applicazione quando la condotta dell’istante è finalizzata a trarre ulteriori ed ingiusti vantaggi mediante la reiterazione di azioni ingiustificate e non già quando le azioni intraprese siano conseguenza dell’inadempimento posto in essere dalla controparte e siano riconducibili all’esercizio del legittimo diritto in favore e nell’interesse della parte assistita.

92 – 19 gennaio 2011 – Est. Rossi – B.C.

1. – Rapporti con i colleghi – Missiva inviata al collega – Contenente toni intimidatori – Viola i doveri di lealtà e correttezza.

1. – Viene meno ai doveri di lealtà e correttezza nei confronti del Collega, l’avvocato che gli invia una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno nella quale, dopo aver preannunciato l’opposizione al precetto notificatogli dal Collega nell’interesse del proprio cliente, lo invita e diffida ad astenersi da qualsiasi attività esecutiva, sottolineando che gli atti esecutivi posti in essere dopo il decimo giorno dalla notifica del precetto potranno dar luogo a responsabilità aggravata, assumendo il tono della missiva in questione una sorta di intimidazione volta a dissuadere la collega da intraprendere iniziative potenzialmente pregiudizievoli alla controparte. (Nella specie, ai fini del trattamento sanzionatorio, si è tenuto conto dell’assenza di precedenti a carico dell’incolpato nonché della probabile occasionalità della condotta suesposta; pertanto, il Collegio ha irrogato solo l’avvertimento).

69 – 24 gennaio 2011 – Est. Rossi – F.S.

1. – Rapporti con i colleghi – Comportamenti molesti – Espressioni offensive – Vita privata – Doveri di dignità, probità e decoro – Rilievo deontologico – Sussiste.

1. – Realizza un illecito deontologico l’avvocato che nei confronti di un collega ponga in essere reiterati comportamenti molesti e non graditi tali da turbare la vita di relazione e colleganza del medesimo, allorquando una tale condotta, ancorché non riguardante l’attività professionale ma la vita privata, rivesta una indubbia rilevanza esterna tale da incidere negativamente sul prestigio, la dignità ed il decoro della classe forense, conformemente al disposto di cui all’art. 5 del Codice Deontologico Forense. (Nella decisione di cui in massima, l’avvocato aveva ripetutamente minacciato un collega, con il quale in passato aveva intrattenuto una relazione sentimentale, inviandogli numerosissimi fax, sms e telefonate contenenti espressioni ingiuriose ed offensive, procurandogli inoltre danni all’autovettura e compiendo aggressioni nei suoi confronti).

4 – 26 gennaio 2011 – Est. Graziani – M.D.L.

1. – Rapporti con i colleghi – Art. 22 Codice Deontologico Forense – Condotta volontaria – Che disattente gli obblighi di colleganza – Deve essere dimostrata.

1. – Per potersi configurare una violazione dell’art. 22 del Codice Deontologico Forense deve essere dimostrato che l’incolpato abbia tenuto una condotta volontaria pienamente disattenta ai doveri di colleganza. (Nel caso in esame, il Collegio non ha irrogato alcuna sanzione disciplinare, non essendo stata ravvisata una responsabilità disciplinare nel comportamento dell’incolpato, il quale aveva rivisto spontaneamente la propria posizione nei riguardi dell’esponente).

5 – 31 gennaio 2011 – Est. Graziani – A.R.

1. – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine – Art. 24 Codice Deontologico Forense – Obbligo di corrispondere – Costituisce prova documentale – E’ disciplinarmente rilevante.

1. – Le mancate risposte alle convocazioni ed alle richieste di deduzioni del Consiglio dell’Ordine di appartenenza costituiscono prova documentale della disattenzione dell’incolpato al proprio dovere di corrispondenza di cui all’art. 24 del Codice Deontologico Forense.

11 – 31 gennaio 2011 – Est. Cerè – M.C.

1. – Rapporti con i colleghi – Doveri di correttezza, lealtà e probità – Assunzione di incarichi – Da clienti difesi già da altro collega – Omessa comunicazione – Costituisce violazione deontologica.

1. – Viola i doveri di correttezza, colleganza, lealtà e probità sanciti dal Codice di Deontologia Forense, l’Avvocato che si presta ad assistere dei clienti pur avendo contezza che i medesimi erano già assistiti da altro legale, e che li indirizzi e sostenga in azioni giudiziarie, in sede civile, penale e disciplinare nei confronti di quest’ultimo, omettendo di informare preventivamente lo stesso di tale iniziativa. (Nel caso de quo, il Collegio ha irrogato al legale la sanzione della censura).

86 – 1 febbraio 2011 – Est. Cassiani – U.T.

1. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di diligenza e correttezza – Obbligo di informativa – Deposito sentenza – Mancata comunicazione al cliente – Costituisce violazione deontologica.

2. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di diligenza e correttezza – Obbligo di informativa – Omissione adempimenti relativi al giudizio – Costituisce violazione deontologica.

3. – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine Deposito documenti – Su invito da parte dell’Istituzione Omesso riscontro di comunicazioni – Illecito disciplinare.

4. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di verità – Informativa fuorviante – Inerzia nell’espletamento del mandato – Costituisce violazione deontologica.

1. – Viene meno ai doveri di correttezza, diligenza e informativa, di cui al Codice deontologico forense, l’avvocato che, pur avendo ricevuto la notificazione dell’avviso di deposito e pubblicazione della sentenza relativa alla causa patrocinata, non ne informa il proprio cliente.

2. – Viene meno ai doveri di correttezza, diligenza e informativa, di cui al codice deontologico forense, l’avvocato che, ottenuto il provvedimento di convalida in una causa di sfratto per morosità, omette di porre in essere i successivi e necessari adempimenti per ottenere la liberazione dell’immobile.

3. – E’ disciplinarmente rilevante il comportamento dell’avvocato che omette di riscontrare l’invito al deposito dei documenti da parte del Consiglio dell’Ordine, venendo meno all’obbligo di collaborazione con l’Istituzione stessa.

4. – Viola i doveri di probità, lealtà, decoro e verità, compromettendo la propria immagine professionale e quella dell’intera categoria professionale, l’avvocato che, ricevuto mandato per agire nei confronti di un Condominio al fine di ottenere il risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale ed ottenuti acconti in contanti, rassicura i propri clienti circa l’avvenuto inizio della causa, senza, invece, aver iscritto la stessa a ruolo. (Nel caso di specie, l’avvocato – essendo venuto meno in maniera continuativa e pervicace al dovere di correttezza e di lealtà nei confronti dei propri clienti – è stato radiato dall’Albo, avendo commesso violazioni gravi e molteplici e non avendo mai presentato delle giustificazioni circa il suo comportamento).

76 – 14 febbraio 2011 – Est. Cassiani – N.C.

 1. – Rapporti con i magistrati – Liste dei difensori di ufficio – Cancellazione – Mancata comunicazione – Responsabilità – Sussiste.

 1. – La cancellazione dalle liste dei difensori di ufficio non fa venir meno l’obbligo del difensore di collaborare con la Magistratura; pertanto, è dovere deontologico del difensore di ufficio comunicare all’Autorità giudiziaria, in tempi celeri, l’avvenuta cancellazione dalle relative liste, in modo tale da permettere a quest’ultima di procedere alla sua sostituzione, onde evitare eventuali disguidi a danno della parte assistita. (Nella decisione di cui è massima, il Collegio ha sottolineato che la funzione di difensore di ufficio ha natura pubblicistica e si traduce in un intervento al quale l’avvocato nominato non può e non deve sottrarsi. Alla luce di ciò, l’eventuale impedimento, quale nella specie l’aver partecipato ad un corso di formazione, deve essere comunicato e documentato per tempo all’autorità procedente in modo da poter provvedere altrimenti).

 75 – 14 febbraio 2011 – Est. Gianzi – E.R.

 1. – Rapporti con i colleghi – Art. 22 Codice Deontologico Forense – Notifica atto di citazione ad un collega – Senza previo avvertimento – Configura responsabilità disciplinare.

 1. – Viola l’art. 22 del Codice Deontologico Forense, l’avvocato che, subentrando nei giudizi patrocinati da un collega, gli notifica un atto di citazione per responsabilità professionale, senza avergliene dato previa comunicazione per iscritto.

 78 – 14 febbraio 2011 – Est. Fasciotti – M.V.V.

 1. – Procedimento disciplinare – Rapporti tra colleghi – Bonario componimento della lite – Durante la fase dibattimentale – Assoluzione dell’incolpato.

 1. – Nel caso in cui – durante la fase dibattimentale del procedimento disciplinare – si verifichi un bonario componimento ed un totale chiarimento integrale della fattispecie sottoposta all’esame del Collegio, relativa solo a questioni di rapporti professionali tra colleghi, quest’ultimo non può che prender atto dell’intervenuto chiarimento e mandare assolto l’incolpato.

 83 – 14 febbraio 2011 – Est. Fasciotti – G.D.M.

 1. – Rapporti con i colleghi – Utilizzo di espressione offensive – Presenza di circostanze equivoche – Rilevano solo ai fini della determinazione della sanzione.

 1. – L’avvocato che usi espressioni offensive, creando ingiustificati sospetti avverso altro collega, pone in essere un comportamento deontologicamente sanzionabile, a nulla rilevando l’eventuale sussistenza di circostanze equivoche, tali da indurlo in errore, che possono essere considerate solo ai fini della determinazione della sanzione. (Nel caso de quo, il professionista, subentrando nel mandato in successione di un collega, ha inviato – senza preventivo avviso – a quest’ultimo, una raccomandata in cui contestava lo svolgimento dell’opera professionale, esprimendo apprezzamenti negativi sulla sua attività e condotta).

 88 – 14 febbraio 2011 – Est. Fasciotti – F.M.

 1. – Attività defensionale – Dovere di diligenza e correttezza – Omissione adempimenti relativi al giudizio – Costituisce violazione deontologica.

 1. – L’avvocato che omette di redigere gli atti processuali nei termini, diserti le udienze, non iscriva a ruolo un atto di citazione in appello, facendo in tal modo decorrere il temine per l’impugnazione del provvedimento, commette una mancanza disciplinare, in contrasto con i principi della deontologia forense, come tale sanzionabile.

 94 – 14 febbraio 2011 – Est. Fasciotti – M.L.

 1. – Attività defensionale – Dovere di diligenza e correttezza – Omissione adempimenti relativi al giudizio – Mala gestione di danaro altrui – Costituisce violazione deontologica.

 1. – E’ in contrasto con i principi della deontologia forense il comportamento dell’avvocato che omette di proporre l’azione affidatagli e di iscrivere a ruolo l’atto introduttivo di un giudizio e che non rimette gli importi incassati per conto del cliente, disattendendo specificatamente le norme etiche che regolano la fattispecie di gestione di danaro altrui. (Al professionista è stata irrogata la sanzione della censura, avendo lo stesso compromesso la dignità professionale propria e dell’intera categoria forense).

 100 – 14 febbraio 2011 – Est. Rossi – F.T.

 1. – Rapporti con i colleghi – Codifensore – Obbligo di provvedere al compenso – Non sussiste.

 2. – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine – Incolpato – Obbligo di corrispondere – Anche in caso di assicurazioni da parte dell’esponente – Sussiste.

 1. – Non sussiste alcun obbligo da parte dell’avvocato di attivarsi al fine di ottener il pagamento dei compensi del collega che assume la qualifica di co-difensore, nominato dalla parte, e non di domiciliatario.

 2. – E’ preciso obbligo dell’incolpato in un procedimento disciplinare corrispondere con il Consiglio dell’Ordine di appartenenza anche quando l’esponente abbia fornito assicurazioni all’Istituzione, gravando solo su di esso l’obbligo di risposta.

 101 – 14 febbraio 2011 – Est. Cipollone – F.F.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Accuse ingiustificate da parte del cliente – Responsabilità disciplinare – Esclusione – Fattispecie.

1.-  Non ha alcun fondamento deontologico l’accusa rivolta da chi fa presente di non aver nutrito fiducia nei confronti del proprio legale ma che poi continui a farsi patrocinare dallo stesso anche per il successivo giudizio di appello. (Nella decisione di cui è massima, il Collegio ha deliberato non esser luogo a sanzione disciplinare, non essendo accettabile sul piano logico confermare l’incarico al legale di cui non si ha più fiducia, avendo la possibilità di scegliere un altro professionista).

 16 – 21 febbraio 2011 – Est. Cassiani – M.M.

 1. – Procedimento disciplinare – Irrogazione della sanzione – Sentenza penale di assoluzione – Perché il fatto non sussiste – Intervenuta successivamente all’apertura dell’azione disciplinare – Revoca della sanzione per contrasto – Decisione in camera di consiglio – Legittimità.

 1.- Nel caso in cui venga promossa l’azione disciplinare nei confronti di un avvocato con irrogazione di una sanzione disciplinare e questi, successivamente, produca sentenza penale che lo assolve per “non aver commesso il fatto”, e chieda la revoca della sanzione per contrasto con il giudicato assolutorio per i medesimi fatti costituenti oggetto di incolpazione, il Collegio – non potendosi dar luogo ad archiviazione – può provvedere sull’istanza con sentenza in camera di consiglio. (Nella specie, essendo in presenza di un vincolo cogente per il giudice disciplinare, il quale deve prendere atto della decisione intervenuta in sede penale, il professionista in questione è stato prosciolto dall’addebito disciplinare contestatogli).

 18 – 7 marzo 2011 – Est. Murra – R.G.

 1. – Rapporti con i terzi – Violazione del dovere etico – Rifiuto di essere sottoposto ai controlli di sicurezza – Ai varchi degli Uffici giudiziari – E’ disciplinarmente rilevante.

 1. – Viola le norme deontologiche relative alla verità, al rispetto e al decoro, il professionista che – senza alcun valido motivo – intende sottrarsi ai controlli di sicurezza disposti ai Varchi di accesso agli Uffici giudiziari. (Nel caso in esame, l’avvocato, nonostante intimato più volte dalle Forze dell’Ordine del Palazzo di Giustizia, si era rifiutato di far passare la propria borsa all’interno del rapiscan, adducendo che la propria qualifica professionale lo esonerava dal predetto controllo di sicurezza. Il Collegio però non ha nella specie irrogato alcuna condanna in considerazione delle specifiche peculiarità del caso).

 20 – 16 marzo 2011 – Est. Murra – G.R.

 1. – Attività defensionale – False generalità – Dichiarate dal professionista – Lesione alla classe forense – Integra responsabilità disciplinare.

 1. – Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, il professionista che, nell’esercizio dell’attività defensionale, dichiara false generalità e fornisce un nominativo appartenente a soggetto diverso e che ometta di specificare la propria qualifica professionale, determinando, tale atteggiamento, una situazione di grave lesione alla categoria forense (Nella specie, è stata irrogata la sanzione della sospensione dall’esercizio professionale per otto mesi).

 23 – 23 marzo 2011 – Est. Murra – F.P.G.

 1. – Procedimento disciplinare – Rapporti tra colleghi – Chiarimenti intervenuti fra le parti nella fase dibattimentale – Assoluzione dell’incolpato.

 1. – Nel caso in cui – durante la fase dibattimentale del procedimento disciplinare – si verifichino dei chiarimenti fra le parti che dimostrino che l’oggetto della segnalazione deontologica è frutto di un equivoco, che non si è potuto chiarire durante la fase istruttoria a causa del mancato ricevimento delle note inviate all’avvocato segnalato dall’Ordine di appartenenza, il Collegio non può che prender atto dell’intervenuto componimento e mandare assolto l’incolpato. (Nella specie, all’avvocato era stato mosso l’addebito di aver utilizzato la carta intestata di un altro studio legale senza essere stato autorizzato dal titolare dello studio, il quale poi ha dichiarato che l’autorizzazione – seppure implicita – esisteva).

 1 – 24 marzo 2011 – Est. Gianzi – E.R.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di diligenza – Omissione deposito atto introduttivo del giudizio – A causa del mancato versamento del contributo unificato da parte del cliente – Costituisce violazione deontologica – Sanzione disciplinare – Può essere mantenuta nei minimi edittali.

 1. – Ancorché costituisce mancanza disciplinare dell’avvocato, in contrasto con i principi della deontologia forense, non fornire al cliente le necessarie informazioni sulla causa, l’omessa restituzione della documentazione nonché il non aver iscritto a ruolo un atto per il quale la parte aveva conferito mandato, la sanzione irrogata all’esito di un procedimento disciplinare può essere mantenuta nei minimi edittali previsti quando è provato che l’atto introduttivo del giudizio, pur essendo stato redatto, non è stato depositato a causa del mancato versamento del contributo unificato da parte del cliente. (Nella specie, l’incolpata ammetteva gli addebiti contestatile e di aver mentito sulla circostanza che il giudizio era pendente; in questo caso, anche in considerazione del fatto che il legale ha dimostrato di aver avuto gravi problemi familiari e ritenuto che a suo carico vi era una sola sanzione disciplinare pregressa, è stata ritenuta congrua la sanzione della censura).

  30 – 4 aprile 2011 – Est. Gianzi – G.G.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Appropriazione di somme consegnate dal cliente –Assegno privo di provvista – Falsa denuncia di smarrimento di un assegno – Nei confronti del cliente – Costituisce violazione deontologica.

 1. – La condotta dell’avvocato che si fa consegnare una somma più ampia rispetto a quella che poi offre di restituire, per provvedere ad alcuni pagamenti del proprio cliente e che restituisce solo una parte di quanto ricevuto con assegno privo di provvista e che poi ne denunci lo smarrimento, deve necessariamente portare ad un provvedimento di natura disciplinare, soprattutto se per tali fatti è intervenuta sentenza di condanna, ancorché di patteggiamento. (Nella specie il cliente aveva consegnato al legale una somma di denaro in contanti, a titolo di fondo spese, ma, successivamente, resosi conto che nessuna attività era stata compiuta, aveva richiesto indietro tale somma, che veniva restituita con assegno che però, presentato all’incasso, non veniva pagato perché privo di fondi e perché oggetto di denuncia di smarrimento da parte dell’avvocato stesso. Dunque, la gravità delle condotte poste in essere, attraverso cui sono state violate le regole deontologiche e di buon senso e correttezza, e la reiterazione delle stesse, hanno portato all’irrogazione della misura della radiazione).

 19 – 8 aprile 2011 – Est. Rossi – G.C.

 1. – Procedimento disciplinare – Procedimento penale definito con sentenza passata in giudicato – Condanna dell’incolpato – Valutazione da parte del Consiglio – Criteri.

 2. – Procedimento disciplinare – Procedimento penale definito con sentenza passata in giudicato – Condanna dell’incolpato – Irrogazione della sanzione disciplinare – Da parte del Consiglio – E’ oggetto di valutazione autonoma.

 1.– Quando all’esito di un procedimento penale definito con sentenza passata in giudicato, interviene condanna dell’incolpato, il Consiglio non deve entrare nel merito dei fatti esprimendo in ordine agli stessi una propria valutazione, bensì deve semplicemente valutare la gravità della sentenza penale di condanna in relazione al discredito che essa abbia recato alla figura professionale dell’incolpato e dell’intera categoria forense.

 2.– Quando all’esito di un procedimento penale definito con sentenza passata in giudicato, interviene condanna dell’incolpato, il Consiglio, nell’irrogazione della sanzione, non deve far ricorso ad alcuna forma di automatismo tra la gravità della pena inflitta con la sentenza di condanna e la gravità della sanzione da irrogarsi nel conseguente giudizio disciplinare che è – e deve essere – contrassegnato da criteri di valutazione ispirati da piena autonomia.

  70 – 8 aprile 2011 – Est. Cassiani – D.D.C.

 1. – Rapporti con la parte assistita – Artt. 41 e 44 Codice Deontologico Forense – Scorretta gestione del denaro del cliente – Appropriazione di somme – Configura responsabilità disciplinare.

 1. – Viola gli artt. 41 e 44 del Codice Deontologico Forense, l’avvocato che, ricevuto l’accredito sul proprio conto corrente dell’intera somma di denaro corrisposta dalla Compagnia assicuratrice, evita di restituirla con sollecitudine al proprio cliente.

93 – 8 aprile 2011 – Est. Cerè – P.B.

 1. – Procedimento disciplinare – Sentenza penale di assoluzione – Perché il fatto non sussiste – Intervenuta successivamente all’apertura dell’azione disciplinare – Decisione in camera di consiglio – Non luogo a sanzione.

 1.- Nel caso in cui venga promossa l’azione disciplinare nei confronti di un avvocato e questi, successivamente, produca sentenza penale che lo assolve “perché il fatto non sussiste”, il Collegio – non potendosi dar luogo ad archiviazione – può provvedere con sentenza in camera di consiglio. (Nella specie, essendo in presenza di un vincolo cogente per il giudice disciplinare, il quale deve prendere atto della decisione intervenuta in sede penale, il Consiglio non ha adottato alcuna sanzione disciplinare nei confronti del professionista).

 73 – 12 aprile 2011 – Est. Barbantini – R.U.

 1. – Procedimento disciplinare – Sospensione necessaria – Non è prevista – Differenza con il processo penale – Art. 295 c.p.c. – Sospensione facoltativa – Interruzione con effetti istantanei – Del termine quinquennale di prescrizione dell’azione disciplinare – Configurabilità.

1. – In materia di sospensione del procedimento amministrativo disciplinare degli avvocati e di prescrizione dell’azione disciplinare, non è prevista alcuna sospensione necessaria del procedimento a differenza di quanto deve riscontrarsi nei casi di pendenza di processo penale promosso per gli stessi fatti nei confronti del professionista ex art. 295 c.p.c.; pertanto, nel campo amministrativo, la natura facoltativa della sospensione del procedimento disciplinare può determinare solamente un’interruzione con effetti istantanei del termine quinquennale di prescrizione dell’azione disciplinare di cui all’art. 51 del R.d.l. 27.11.1933, n. 1578.

34 – 13 aprile 2011 – Est. Gianzi – G.R.

1. – Rapporti con i Colleghi – Utilizzo di espressione offensive – Intervenuto chiarimento con la controparte – Nel corso del procedimento – Valutazione da parte del Consiglio – Non esser luogo a sanzione disciplinare.

2. – Rapporti con i Colleghi – Atto di transazione – Predisposto senza aver concordato il testo con il Collega – Avviso al cliente di informare il Collega di controparte – Accertamento da parte del Collegio – In assenza di percezione di compensi – Non esser luogo a sanzione disciplinare.

1. – L’avvocato che, nel corrispondere con un Collega, utilizzi frasi, ancorché in qualche passaggio inopportune, che non appaiono essere tali da ravvisare un comportamento deontologicamente scorretto, soprattutto quando è intervenuto un chiarimento con la controparte, non è passibile di irrogazione di sanzione disciplinare. (Nel caso di specie, il professionista aveva inviato, quale difensore della parte intimante in un procedimento di sfratto per morosità, al Collega difensore della controparte, al termine di una trattativa, un fax contenente, a dire dell’esponente, frasi offensive nei confronti dello stesso. Il Collegio, non rinvenendo espressioni ingiuriose ed offensive, ha deliberato non esser luogo a sanzione disciplinare, invitando, però, il legale alla massima attenzione, per il futuro, nella corrispondenza tra colleghi e clienti).

2. – L’avvocato che predispone e consegna al proprio assistito un atto di transazione e quietanza sottoscritto da entrambe le parti – senza aver preventivamente concordato il testo dell’atto con il difensore della controparte, con il quale vi erano state trattative per la definizione della controversia – non è passibile di sanzione disciplinare quando nel corso del procedimento si accerti che la transazione è avvenuta tra le parti e che il professionista si era premunito di avvisare la cliente di informare il Collega di controparte dell’avvenuto accordo e che lo stesso non ha percepito compensi per l’atto di transazione redatto.

28 – 27 aprile 2011 – Est. Murra – C.S.

1. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di diligenza – Obbligo di informativa – Omissione – Costituisce violazione deontologica.

2. – Attività defensionale – Dovere di diligenza e correttezza – Omissione adempimenti relativi al giudizio – Assenza all’udienza di precisazione conclusioni – Costituisce violazione deontologica.

3. – Attività defensionale – Restituzione dei documenti – Subordinata al rilascio di una liberatoria – Finalizzata a garantire impunità per future ed eventuali azioni disciplinari – E’ disciplinarmente rilevante.

4. – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine – Incolpato – Obbligo di corrispondere – Mancata presenza all’audizione – In assenza di legittimo impedimento – Costituisce violazione deontologica.

5. – Procedimento disciplinare – Plurimi capi di incolpazione – Atteggiamento connotato da superficialità e disattenzione – In mancanza di prova certa – Irrogazione di una sanzione più grave – Non può infliggersi.

6. – Attività defensionale – Dovere di diligenza e correttezza – Omessa informativa ai clienti – Mancato riscontro alle chiamate dei clienti – Costituisce violazione deontologica – Fattispecie.

1. – E’ in contrasto con i principi della deontologia forense e lesivo della dignità di un avvocato, l’utilizzare il retro di un proprio biglietto da visita per ivi apporre, a mò di ricevuta, l’appunto delle somme ricevute in contanti.

2. – E’ disciplinarmente rilevante il comportamento dell’avvocato che – senza addurre alcun legittimo impedimento – diserti l’udienza, ancorché di precisazione delle conclusioni, potendo questa rivelarsi di fondamentale importanza ove la controparte apporti alle conclusioni rassegnate significative modifiche ed integrazioni.

3. – E’ in contrasto con i doveri deontologici subordinare la restituzione dei documenti al rilascio di una liberatoria, quando questo documento serva a garantire al professionista una sorta impunità rispetto ad eventuali e future azioni di responsabilità disciplinare.

4. – Viola l’art. 24 del Codice Deontologico Forense, il professionista che ometta di partecipare all’audizione davanti ad un Consigliere dell’Ordine, senza addurre alcun legittimo impedimento.

5. – In presenza di plurime violazioni al Codice Deontologico Forense, ed a comportamenti del legale spesso improntati a superficialità e disattenzione, che mal si conciliano con la perfezione a cui il professionista deve ambire, senza che, tuttavia, questi atteggiamenti siano improntati da mala fede, non si può irrogare una sanzione più grave dell’avvertimento, in assenza di prova certa. (Nel caso de quo, il Collegio ha ritenuto congruo irrogare appunto la sanzione dell’avvertimento, nell’auspicio che l’esperienza di questo articolato procedimento disciplinare induca l’avvocato ad un maggior rispetto per i soggetti che si rivolgono allo stesso per ottenere tutela).

6. – Costituisce mancanza disciplinare dell’avvocato, in contrasto con i principi della deontologia forense, non fornire al cliente le necessarie informazioni sulla causa ed omettere di riscontrare ripetutamente le richieste di colloquio da parte dei clienti. (Nella decisione di cui è massima, il giudice disciplinare, pur accertando che dalle numerose segnalazioni, lo stile dell’avvocato incolpato non è stato improntato al massimo rispetto del Codice Deontologico Forense, essendosi caratterizzato per contegni etici ineleganti e da un atteggiamento di superficialità e disattenzione, ha irrogato la sanzione dell’avvertimento, in quanto dalle risultanze procedimentali di un’istruttoria completa ed esaustiva, è emerso un quadro comportamentale del legale certamente meno grave di quello rappresentato dai singoli esponenti).

84 – 9 maggio 2011 – Est. Fasciotti – L.I.

1. – Rapporti con i Colleghi – Atteggiamento insolente – Non rispetto della fila per accedere alla cancelleria – Violazione artt. 5 e 22 del Codice Deontologico Forense – Sussiste – Fattispecie.

2. – Rapporti con i Colleghi – Procedure esecutive – Nei confronti di un Collega – Nonostante l’offerta di adempimento – Senza preventivo avviso – Violazione dovere di colleganza – Sussiste.

3. – Rapporti con i Colleghi – Procedure esecutive – Nei confronti di un Collega – Credito coperto da ipoteca – Omessa verifica della disponibilità del pagamento effettivo – Aggredire bene diverso da quello gravato da ipoteca – Abitazione del Collega – E’ disciplinarmente rilevante.

1. – Viola i doveri di probità, dignità e decoro e di colleganza, l’avvocato che, con atteggiamento insolente e nonostante le rimostranze dei Colleghi, non rispetti la fila innanzi alle cancellerie.

2. – Costituisce una violazione ai principi di deontologia forense il legale che inizi, per conto di una sua cliente, procedure esecutive nei confronti di un Collega, malgrado questi si sia offerto ripetutamente di pagare quanto dovuto, senza neppure alcun preventivo avviso ai sensi dell’art. 22 del Codice deontologico forense.

3. – Ha fondamento deontologico l’accusa promossa nei confronti dell’avvocato che, in favore di una sua cliente, ha promosso più azioni esecutive nei confronti di un Collega, pur essendo il credito ampiamente coperto da ipoteca iscritta sul bene di cui alla divisione tra le parti, senza preventivamente verificare la disponibilità al pagamento effettivo e aggredendo un bene diverso da quello gravato da ipoteca a garanzia di quello stesso credito e – precisamente – la privata abitazione del Collega.

27 – 9 maggio 2011 – Est. Barbantini – D.B.

1. – Attività defensionale –  Difensore antistatario – Rifiuto di restituire la somma di denaro – A titolo di rimborso degli oneri processuali – In presenza di ripetuti solleciti – Nel caso in cui la sentenza di primo grado venga annullata definitivamente – Spese compensate tra le parti – Per il doppio grado di giudizio – Costituisce illecito disciplinare.

1.- Costituisce un comportamento disciplinarmente rilevante l’avvocato che, dichiaratosi difensore antistatario in un processo di primo grado, ricevuto il pagamento della somma a titolo di rimborso degli oneri processuali distratti in suo favore, sopravvenuto l’appello di controparte e la totale riforma della pronuncia di primo grado con espresso capo di sentenza sulle spese processuali (compensazione tra le parti per le spese del doppio grado), nonostante le plurime sollecitazioni, disattende di restituire la somma ricevuta in forza della sentenza di primo grado definitivamente annullata.

29 – 9 maggio 2011 – Est. Rossi – M.M.

1. – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine – Incolpato – Accertata irreperibilità – Omissa cura delle relazioni con i Colleghi e le parti assistite – Mancata comunicazione dei mutamenti di recapito – Violazione doveri deontologici.

2. – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine – Incolpato – Omesso deposito deduzioni difensive – Mancata comparizione all’udienza disciplinare – Pur avendone contezza – Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante.

1. – E’ inaccettabile il comportamento dell’avvocato che si renda irreperibile e che si disinteressi delle questioni professionali pendenti e che ometta di curare le necessarie relazioni con i Colleghi e le parti assistite, e che non comunichi agli stessi soggetti ed al proprio Consiglio dell’Ordine gli eventuali cambi di recapito, gravando così ancor di più nei confronti dei propri contraddittori, costretti ad effettuare defaticanti ricerche anagrafiche.

2. – Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, il professionista che, pur al corrente della celebrazione di un procedimento disciplinare a suo carico e pur consapevole di non aver prodotto deduzioni difensive in nessuna delle fasi procedimentali, ometta di presenziare al procedimento stesso senza allegare giustificazione alcuna. (Nella specie, il giudice disciplinare, pur constatata la negligenza del comportamento del legale, improntata a sciatteria, ha tenuto conto dell’assenza a carico dello stesso di procedimenti e/o sanzioni o di addebiti pendenti).

97 – 12 maggio 2011 – Est. Cassiani – G.P.

 1. – Procedimento disciplinare – Delibera di apertura –  Adottata dopo i cinque anni dal compimento dei fatti – Azione disciplinare – Deve esser dichiarata prescritta.

1. – Nel caso in cui la delibera di apertura del procedimento è stata adottata ben oltre i cinque anni previsti per l’esercizio dell’azione disciplinare, il Collegio, senza entrare nel merito, deve accogliere l’eccezione sollevata dalla difesa e dichiarare estinta l’azione per intervenuta prescrizione.

36 – 16 maggio 2011 – Est. Murra – U.T.

 1.– Rapporti con la parte assistita – Obbligo di diligenza –  Obbligo di informativa – Violazione – In presenza di un unico episodio – Esclusione della responsabilità – Pluralità di violazioni dell’obbligo di diligenza – Deve essere sanzionata.

1.– L’obbligo di diligenza costituisce uno dei cardini dell’attività professionale che deve estrinsecarsi non solo nell’opera che l’avvocato svolge in difesa del cliente, ma anche tenendo informato costui di tutti gli eventi di rilievo che si verifichino nel corso della pratica giudiziale e stragiudiziale, soprattutto quando essi richiedano l’adozione di decisioni aventi influenza sull’esito finale della pratica stessa; nonostante ciò, in presenza di un unico episodio, può escludersi la responsabilità disciplinare, soprattutto quando non si è verificato alcun danno o pregiudizio per la parte interessata, mentre una pluralità di episodi – specie se reiterata in un breve lasso di tempo – deve esser sanzionata sotto il profilo disciplinare.

38 – 18 maggio 2011 – Est. Murra – N.D.N.

1.– Rapporti con i terzi – Art. 5 del Codice Deontologico Forense  –  Condotta improntata al decoro – Atti contenenti frasi altamente offensive – Configura illecito disciplinare.

1.– L’art. 5 del Codice Deontologico Forense impone all’avvocato di assumere un comportamento sobrio, elegante e rispettoso dell’altrui sfera giuridica e soprattutto improntato al decoro ed alla dignità della professione forense finanche nella vita privata; pertanto, lo scrivere, all’interno di una memoria, una frase ad altissimo grado di offensività, configura responsabilità disciplinare del professionista. (Nella specie, al legale è stata irrogata la sanzione della censura, tenuto conto che il giudizio nel quale la frase era contestata è stata scritta, si è concluso solamente con una declaratoria di prescrizione).

102 – 18 maggio 2011 – Est. Fasciotti – A.B.V.

1.– Attività defensionale – Art. 51 del Codice Deontologico Forense  –  Divieto di assunzione incarichi contro ex clienti – Oggetto del nuovo incarico non estraneo al precedente – Configura illecito disciplinare.

1.– L’avvocato che patrocina i coniugi in un giudizio di separazione personale, non può, successivamente, assumere la difesa di uno di essi per il giudizio proposto per la revisione delle disposizioni della separazione stessa, violando, altrimenti, l’art. 51 Codice Deontologico Forense. (Nella decisione di cui è massima, al professionista è stata irrogata la sanzione dell’avvertimento, in quanto lo stesso aveva rinunciato al mandato in tempi molto vicini al conferimento dell’incarico per il secondo giudizio, e non essendoci precedenti di natura disciplinare a suo carico).

103 – 18 maggio 2011 – Est. Cassiani – V.M.

1.– Rapporti con i magistrati – Liste dei difensori di ufficio – Mancata comparizione all’udienza – Per improcrastinabile impegno di lavoro – In assenza di precedenti – Incarico affidato ad un altro Collega – Non sussiste responsabilità deontologica.

1.– L’avvocato iscritto nelle liste dei difensori d’ufficio, che abbia sempre svolto in maniera esemplare gli incarichi, che non si è presenti in udienza, non può essere considerato responsabile quando v’è stato un impedimento improcrastinabile ed il legale stesso si sia adoperato ad incaricare un altro Collega di rappresentare l’impedimento e di sostituirlo in udienza.

60 – 9 giugno 2011 – Est. Murra – P.G.

1. – Procedimento disciplinare – Serie di atti preordinati ai propri interessi personali – Mancato pagamento di cambiali – Violazione degli artt. 5, 56 1 co. e 59 del Codice Deontologico Forense.

2. – Procedimento disciplinare – Serie di atti preordinati ai propri interessi personali – Situazione di incompatibilità – Incompatibilità sopravvenuta non denunciata – In mancata di parere del proprio Consiglio dell’Ordine – Costituisce violazione deontologica.

1.–  L’avvocato che ometta di onorare numerose cambiali a sua firma e che venga, di conseguenza, protestato, viola gli artt. 5, 56 1 co. e 59 del Codice Deontologico Forense, in quanto compromette, con il suo comportamento inadempiente, il decoro ed il prestigio della classe forense, tradendo la fiducia che i terzi ripongono nella capacità dell’avvocato di far fronte alle proprie obbligazioni. (Sul tema anche il Consiglio Nazionale Forense, con provvedimento del 15 maggio 1996, n. 72, ritiene che il professionista che non onori i propri debiti, subisca esecuzione forzata e costringa terze persone ad affrontare, a causa della sua condotta inadempiente, gravi pregiudizi patrimoniali, compromette la propria reputazione, la dignità e il prestigio dell’intera classe forense).

2.– Il professionista che, all’atto dell’iscrizione all’Albo, dichiari di non trovarsi in alcune delle situazioni di incompatibilità previste dalla legge, o che taccia situazioni di sopravvenuta incompatibilità in sede di revisione periodica degli Albi, ai sensi dell’art. 16 della legge professionale, pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante, dovendo l’avvocato evitare situazioni di incompatibilità ostative alla permanenza nell’Albo e, comunque nel dubbio, richiedere il parere del proprio Consiglio dell’Ordine. (Nel caso di cui è massima, è stato provato documentalmente che il legale è risultato di fatto l’amministratore  occulto di una società e regista di operazioni che hanno portato all’intestazione della maggioranza del capitale sociale in capo a società di cui lui e il figlio erano soci, proprietari o amministratori. Al professionista in questione è stata irrogata la sanzione della radiazione, avendo lo stesso violato più norme del Codice Deontologico Forense).

36 – 17 giugno 2011 – Est. Graziani – L.B.

 1.– Procedimento disciplinare – Processo penale per lo stesso fatto – Autonomia – Sospensione del procedimento disciplinare – Non è obbligatoria – Fattispecie.

 2.– Rapporti con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive – Rese durante lo svolgimento di un’udienza – Violazione degli artt. 20 e 53 del Codice deontologico forense.

1.– Il procedimento disciplinare è autonomo rispetto a quello penale, sicché la sussistenza di quest’ultimo non obbliga la sospensione di quello disciplinare istauratosi per lo stesso fatto, non potendosi applicare la pregiudiziale prevista dall’art. 3 del C.p.p. (Nella presente fattispecie, il Consiglio ha preliminarmente rigettato la richiesta di sospensione del procedimento disciplinare perché vertente sui medesimi fatti oggetto del processo penale, in quanto la difesa dell’incolpato non ha fornito alcuna prova della effettiva pendenza del procedimento penale asserito, né della coincidenza tra i fatti oggetto di accertamento penale e quelli del procedimento disciplinare).

2.– Viola l’art. 20 del Codice Deontologico Forense – nella parte in cui vieta all’Avvocato di utilizzare espressioni sconvenienti, anche nei confronti dei magistrati, nonché il disposto dell’art. 53 dello stesso Codice che impone il rispetto nei confronti della magistratura – l’avvocato che dinnanzi al Giudice protesti vibratamente affermando che il magistrato stia compiendo un atto contrario alla legge e, con voce alta e gesticolando platealmente, turbi lo svolgimento dell’udienza.

31 – 17 giugno 2011 – Est. Cipollone – S.B.

1.– Rapporti con il Consiglio dell’Ordine – Art. 24 Codice Deontologico Forense – Dovere di corrispondere –– Richiesta di chiarimenti – E’ una mera facoltà.

2.– Rapporti con i terzi – Mancato adempimento di una obbligazione – Comportamento disdicevole – Configura illecito disciplinare.

1.– Non costituisce illecito disciplinare ai sensi del secondo capoverso dell’art. 24 del C.d.f., l’Avvocato che ometta di rispondere alle richieste di chiarimenti da parte del Consiglio su notizie o adempimenti in relazione ad un esposto presentato, per fatti disciplinarmente rilevanti, nei confronti dello stesso iscritto. (Tale principio è stato recentemente affermato dalle SS.UU. della Suprema Corte con la sentenza n. 4773/2011).

2.– E’ deontologicamente riprovevole il comportamento del professionista che assume un’obbligazione nei confronti dei terzi e che non provvede ad adempierla, in quanto tale atteggiamento – che contravviene ad un obbligo morale – arreca danno all’intera categoria forense.

46 – 17 giugno 2011 – Est. Rossi – M.B.F.

1.– Procedimento disciplinare – Incompetenza territoriale – Incolpato non iscritto al Consiglio che ha aperto il procedimento – Fatti accaduti altrove – Non opera il criterio della prevenzione – Trasmissione degli atti all’Ordine competente.

1.– Nel caso in cui l’incolpato sia iscritto in un Ordine diverso da quello che ha aperto il procedimento disciplinare ed i fatti oggetto dell’esposto si sono ivi verificati, non occorre far ricorso al criterio della prevenzione ai sensi dell’art. 38 L.P., atteso che non sussiste alcun presupposto per incardinare il procedimento innanzi al Consiglio a cui non appartiene l’incolpato (nel caso de quo, il Consiglio ha deliberato di trasmettere gli atti all’Ordine competente).

44  – 21 giugno 2011 – Est. Rossi – A.R. e E.P.

1.– Rapporti con il Consiglio dell’Ordine – Art. 24 Codice Deontologico Forense – Dovere di corrispondere – Nell’istruttoria preliminare – E’ una mera facoltà.

2.– Procedimento disciplinare – Dichiarazioni del testimone – Nel corso del dibattimento – quando è anche imputato nel processo penale – Interesse a non compromettere la propria posizione – Non hanno valore probatorio.

1.– E’ mera facoltà dell’avvocato, anche nella fase dell’istruttoria preliminare, quella di rispondere al Consiglio trattandosi di libera scelta inerente la strategia difensiva. (Nella specie, il legale non dava riscontro alle  ripetute convocazioni del Consigliere istruttore).

2.– Non si può attribuire alcun valore probatorio alle dichiarazioni rese da un teste, nel corso del dibattimento, che è anche imputato nel procedimento penale scaturito dalla querela dell’esponente, avendo questi interesse a non compromettere la propria posizione processuale con dichiarazioni che potrebbero essere utilizzate contro la sua persona.

47 – 23 giugno 2011 – Est. Murra – M.P.D.

1.– Rapporti con i colleghi – Notifica dell’atto di precetto – In tempi solleciti – In presenza della volontà del Collega avversario di adempiere al pagamento – Costituisce violazione deontologica.

2.– Rapporti con i colleghi – Contestazione e rifiuto del pagamento del debitore – Notifica immediata dell’atto di precetto – In assenza di chiarimenti sulle ragioni del rifiuto – E’ disciplinarmente rilevante.

1.– Viola i doveri di lealtà e correttezza l’avvocato che, pur tutelando gli interessi di un cliente, attui comportamenti vessatori nei confronti della controparte, notificando precetto in tempi estremamente solleciti malgrado la dichiarata volontà del collega avversario di saldare il debito (In tal senso, v. C.N.F. dec. 11.11.2009 n. 119).

 2.– E’ deontologicamente rilevante il comportamento dell’avvocato che contesti e rifiuti il pagamento del debitore e con immediatezza minacci l’azione esecutiva, anziché chiarire bonariamente le ragioni del rifiuto e concedere un congruo termine per il corretto adempimento. (Il comportamento di cui è massima si sta rivelando sempre più diffuso fra i Colleghi, che mirano a speculare sulla posizione del debitore, soprattutto quando si tratta di persone giuridiche, i cui pagamenti sono legali a formalità burocratiche che le persone fisiche, di norma, non incontrano e sui suoi eventuali ritardi nell’adempimento.

8 – 23 giugno 2011 – Est. Cassiani – C.M.

1.– Attività defensionale – Dovere di diligenza e correttezza – Omissione adempimenti relativi al giudizio – Costituisce violazione deontologica.

1.– L’avvocato che – percepiti gli acconti – tranquillizzi i propri clienti in ordine all’andamento della causa e che faccia credere loro di essersi recato ripetutamente in udienza e di aver depositato molteplici memorie difensive, quando in realtà – in fase di dibattimento –  è provato che lo stesso non ha partecipato alle varie fasi del processo, non risultando neppure la causa iscritta a ruolo, commette una mancanza disciplinare, in contrasto con i principi della deontologia forense, come tale sanzionabile.

48 – 28 giugno 2011 – Est. Cerè – F.S.

1.– Rapporti con i magistrati – Liste dei difensori di ufficio – Assenza all’udienza fissata – Scuse da parte del professionista – Dimostrazione della buona fede del legale a seguito di istruttoria – Avvenuta cancellazione dalle liste all’epoca dei fatti – Non luogo a sanzione disciplinare.

1.– La cancellazione dalle liste dei difensori di ufficio non fa venir meno l’obbligo del difensore di collaborare con la Magistratura; pertanto, è dovere deontologico del difensore di ufficio comunicare all’Autorità giudiziaria, in tempi celeri, l’avvenuta cancellazione dalle relative liste, in modo tale da permettere a quest’ultima di procedere alla sua sostituzione, onde evitare eventuali disguidi a danno della parte assistita. (Nella decisione di cui è massima, il Collegio ha deliberato di non esser luogo a sanzione disciplinare in quanto il professionista aveva riferito di non aver mai ricevuto il fax dell’Autorità giudiziaria e che, ad ogni modo, all’epoca dei fatti aveva già provveduto a chiedere la cancellazione del proprio nome dalla lista dei difensori di ufficio, chiarendo, altresì di aver comunicato telefonicamente la propria impossibilità a presenziare all’udienza stessa).

49 – 28 giugno 2011 – Est. Arditi di Castelvetere – G.L.Z.

 1.– Rapporti con i colleghi – Mancato pagamento di un debito – Ancorché si rivesta la qualità di parte – Comportamento non improntato alla dignità e al decoro – E’ disciplinarmente rilevante.

1.- L’avvocato non può ritenersi esente da responsabilità deontologica, ancorché assuma la qualifica di parte, e non di professionista, atteso che la condotta conforme alla dignità e decoro della professione forense va riferita a tutti gli aspetti della vita di relazione, anche al di fuori dell’attività legale, dovendosi l’avvocato considerarsi come collaboratore della giustizia; pertanto, il professionista la cui condotta non sia improntata ai criteri di dignità e decoro, anche se il comportamento non ha alcuna relazione con l’attività professionale, deve ritenersi disciplinarmente rilevante. (Nel caso de quo, il legale, vinta una causa che lo riguardava, incassato l’importo liquidato dalla sentenza, rimaneva inadempiente nei confronti dei propri avvocati. Il riconoscimento del debito da parte del professionista e le giustificazioni dallo stesso addotte, unite al persistente inadempimento, rendono ancor più grave la sua condotta, tale da determinare l’irrogazione della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due).

38 – 30 giugno 2011 – Est. Di Tosto – S.L.V.

1.– Rapporti con i colleghi – Utilizzo di espressione offensive – Violazione del dovere di probità, dignità e decoro – Sussistenza.

1.– Viola il dovere di probità, dignità e decoro, l’avvocato che negli scritti depositati in giudizio e nelle attività professionali utilizzi espressioni sconvenienti ed offensive sia nei confronti dei colleghi, dei magistrati che delle controparti e dei terzi.

13 – 30 giugno 2011 – Est. Cipollone – A.F.

1.– Rapporti con i Colleghi – Atteggiamento insolente – Violazione artt. 5 e 36 del Codice Deontologico Forense – Fattispecie.

1.– L’esercizio del diritto di difesa da parte dell’avvocato non deve tradursi in comportamenti offensivi che ledono l’onore ed il prestigio del contraddittore; pertanto, non merita accoglimento la tesi difensiva circa la liceità del comportamento del professionista che avrebbe valore puramente in relazione alla modalità di estrinsecazione del diritto di difesa. (Nella specie, in sede di esame di Stato, si contestava ad una esaminanda, dichiarata non idonea all’esercizio della professione forense all’esito della prova orale, di aver mancato di rispetto al Presidente della Commissione d’esame. Il Consiglio, all’esito della fase dibattimentale, provato che la sua intenzione era solamente quella di capire i motivi determinanti la sua bocciatura e attesa la sua inesperienza, deliberava di non esser luogo a sanzione disciplinare).

  10 – 1 luglio 2011 – Est. Gianzi – M.L.

 1.– Rapporti con la parte assistita – Presentazione notula – Per attività realmente svolta – Non costituisce illecito deontologico.

1.– La semplice presentazione di una notula da parte del legale al proprio cliente, per un’attività realmente svolta non può di per se costituire illecito disciplinare, potendo l’Ordine territoriale discutere sulla congruità della parcella ovvero sulla possibilità di applicare l’aumento ex art. 1, co. 2 e 3 della tariffa professionale, che valutano semplicemente la congruità dell’attività professionale svolta, senza accertare se è vero quanto è riferito dalla parte. (Nella specie, il Consiglio ha ritenuto di non applicare alcuna sanzione, avendo accertato che la causa patrocinata dal legale incolpato era complessa, urgente e di notevole valore).

87 – 1 luglio 2011 – Est. Cassiani – M.D.L.

1.– Procedimento disciplinare – Capo di incolpazione – Fatti identici a quelli del capo di imputazione – Sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato – Art. 653 C.p.p. – Effetto vincolante.

1.– In un giudizio disciplinare che ha come capo di incolpazione lo stesso formulato come capo di imputazione di un processo penale, all’assoluzione in quest’ultimo perché il fatto non costituisce reato, consegue, in virtù dell’applicazione dell’art. 653 C.p.p., che ha sul processo disciplinare un effetto vincolante, la decisione di non esservi luogo a sanzione. (Nella decisione di cui è massima, l’avvocato è stato chiamato a rispondere per un’ipotesi di tentata truffa a danno di una Assicurazione per simulazione di un sinistro stradale con produzione di certificati medici falsi. Il professionista, però, è riuscito a dimostrare che era intervenuto solamente formalmente nella procedura di cui sopra, essendo all’epoca dei fatti praticante, ed essendo la causa di esclusiva competenza del proprio dominus, il quale lo aveva semplicemente, per sua comodità, inserito in delega).

3 – 6 luglio 2011 – Est. Cassiani – F.P.

1.– Attività defensionale –  Art. 3 legge professionale – Incompatibilità – Carica di Amministratore di società commerciali – Privazione dei poteri di gestione – Inconfigrabilità.

1.- Ai sensi dell’art. 3 della legge professionale, vi è incompatibilità della professione con l’assunzione della carica di Amm.re di società commerciali, in quanto l’incompatibilità non discerne dal dato meramente formale costituito dall’assunzione della carica ma, piuttosto, dall’effettivo esercizio dei poteri che caratterizzano la funzione di legale rappresentante della stessa Società; pertanto non versa in condizione di incompatibilità, il professionista che, pur rivestendo la carica, sia stato privato dei poteri di gestione dell’attività commerciale attraverso la nomina di un Amm.re delegato.

55 – 14 luglio 2011 – Est. Murra – L.B.

 1. – Attività defensionale – Espressioni sconvenienti ed offensive – Giudice della disciplina – Potere di pieno riesame – Condotta dell’incolpato – Deve essere valutata.

1. – In tema di espressioni sconvenienti ed offensive, il giudice della disciplina, a fronte di un’analitica valutazione che può fare il giudice del merito in ambito di responsabilità civile o penale, in ordine al carattere offensivo o meno della frase usata dall’avvocato in scritti difensivi ed al suo effettivo rapporto con l’oggetto della causa, ha completa libertà di effettuare il pieno riesame della frase usata sotto il profilo deontologico, tenendo conto anche della condotta dell’incolpato, nel suo complesso, e della potenzialità offensiva del comportamento in relazione alla sua ricaduta sul prestigio della classe forense.

57 – 25 luglio 2011 – Est. Cipollone – S.A.

1. – Procedimento disciplinare – Violazione disciplinare – Deposizione del denunciante – In assenza di supporto probatorio – Non costituisce piena prova.

1. – Non può ritenersi provata la violazione disciplinare sulla base della sola deposizione del denunciante giacché essa non costituisce piena prova degli addebiti laddove si riveli non supportata da un parallelo corredo probatorio, nonché implausibile e collidente con una ragionevole versione dei fatti offerta dall’incolpato. (Cfr., in tal senso, Consiglio Nazionale Forense, 22 dicembre 2008, n. 184).

56 – 25 luglio 2011 – Est. Murra – S.C.

1. – Rapporti contro ex cliente – Violazione doveri di decoro e dignità – Controversie familiari – Responsabilità disciplinare – Sussiste – Fattispecie.

1. – Il comportamento dell’avvocato che assume la difesa contro un ex cliente o uno dei coniugi di cui si è curata la separazione consensuale, risulta oggettivamente lesivo dei doveri di decoro e dignità stabiliti dagli artt. 38, 12 e 14 r.d. n. 1578/1933, i quali costituiscono l’origine e l’oggetto del potere disciplinare dei Consigli dell’Ordine. (Il Collegio ha specificato che, mentre il Codice Deontologico Forense limita ad un biennio il divieto di assunzione di incarichi contro ex clienti, così non impedendo in senso assoluto l’affidamento di un mandato, nel caso delle controversie familiari il decorso del tempo non ha alcuna rilevanza, essendo impedito in modo radicale che si possa assistere uno solo dei coniugi dopo aver prestato la propria attività professionale in favore di entrambi).

59 – 2 agosto 2011 – Est. Murra – G.G.

1. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di verità – Informativa fuorviante – Inerzia nell’espletamento del mandato – Costituisce violazione deontologica.

2. – Rapporti con la parte assistita – Dovere di diligenza e correttezza – Obbligo di informativa – Omissione adempimenti relativi al giudizio – Rapporto di amicizia con il cliente – Aggravamento della responsabilità.

1. – Viola i doveri di probità, lealtà, decoro e verità, compromettendo la propria immagine professionale e quella dell’intera categoria professionale, l’avvocato che, ricevuto mandato per agire nei confronti di un cliente, al fine di ottenere il risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale ed ottenuti acconti in contanti, rassicuri i propri clienti circa l’avvenuto inizio della causa, senza, invece, aver iscritto la stessa a ruolo.

2. – La posizione dell’avvocato che, assunto l’incarico, si limiti a spedire una lettera evitando poi di coltivare la procedura nonché di integrare la documentazione richiestagli dalla controparte, e che rassicuri gli assistiti con falsità indegne per un esercente la professione forense, al fine di nascondere l’avvenuta estinzione del diritto per prescrizione, è aggravata quando venga provato che lo stesso ed il cliente erano legati da un rapporto di amicizia di lunga data. (Nel caso di specie, il legale, ricevuto l’incarico di condurre un’azione per risarcimento dei danni subiti dal cliente e dal suo nipotino, a seguito di sinistro stradale, ometteva di informare l’assistito circa lo svolgimento del mandato affidatogli, nonostante le plurime sollecitazioni rivoltegli anche tramite il congiunto delle parti lese. Il professionista, che durante il procedimento disciplinare si è contraddistinto per la propria latitanza nei confronti dell’Ordine di appartenenza, ha tenuto, dunque, un contegno assolutamente contrario ai doveri etici, tale da determinare l’irrogazione della sanzione della sospensione dall’esercizio della professione forense per 1 anno).

52 – 29 agosto 2011 – Est. Murra – G.C.

1. – Rapporti con la parte assistita – Astensione dall’esercizio della professione – Nei confronti del cliente-coniuge – Crisi sentimentale – Conflitto di interessi – Non è configurabile.

1. – La sussistenza di una crisi sentimentale non è direttamente causa di un obbligo di astensione dall’esercizio della professione in favore del cliente-coniuge, non ravvisandosi in tale fattispecie un’ipotesi di conflitto di interessi, ancorché anche i fatti della vita privata – se potenzialmente idonei a cagionar disdoro all’intera categoria forense – sono suscettibili di essere valutati sul versante disciplinare.

85 – 29 agosto 2011 – Est. Barbantini – C.P.

1. – Rapporti con la parte assistita – Incasso di un assegno del cliente – Delega ad un terzo di fiducia – Estraneo al rapporto professionale – Danno al cliente – Responsabilità a carico del legale – Sussistenza.

1. – Il legale che affidi ad un estraneo al rapporto professionale con il proprio cliente, l’assegno di spettanza di questi, poi irregolarmente incassato da tale incaricato, con apposizione di firma di girata per l’incasso falsa, e non lo consegni all’avvocato – che avrebbe comunque dovuto darlo al proprio assistito – pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, atteso che il rapporto professionale, conferito con la procura, intercorre esclusivamente tra lui ed il cliente; pertanto, qualsiasi comportamento assunto da parte di un terzo, sia pure di fiducia del legale, che possa aver procurato un danno al cliente, non può che far ricadere sull’avvocato ogni responsabilità.

39 – 29 agosto 2011 – Est. Cassiani – M.D.M.

1. – Attività defensionale – Sospensione dall’esercizio della professione forense – Conferma da parte del C.N.F. – Esercizio dell’attività professionale – Doveri di lealtà e correttezza – Violazione – Responsabilità.

1. – Deve essere affermata la responsabilità dell’avvocato che, durante il periodo di sospensione dall’esercizio della professione forense – sanzione confermata dal Consiglio Nazionale Forense con sentenza esecutiva – abbia esercitato l’attività professionale, patrocinando di fronte gli organi giurisdizionali, violando in tal modo l’art. 6 del Codice Deontologico Forense, che disciplina i doveri di lealtà e correttezza.

50 – 29 agosto 2011 – Est. Cassiani – F.I.

 1. – Rapporti con la controparte – Espressioni sconvenienti od offensive – Dovere di dignità, probità e decoro – Violazione – Configurabilità.

1. – Il professionista che usi ripetutamente espressioni sconvenienti ed offensive ed effettui nei propri scritti difensivi un vero e proprio attacco all’avversario, tanto da aggredirlo e da deridere la sua personalità, o che pronunci frasi offensive nei confronti della controparte, pone in essere un comportamento contrario alla dignità, probità e al decoro.

30 – 30 settembre 2011 – Est. Vaglio – M.C.

1. – Procedimento disciplinare – Pronuncia di responsabilità – Indizi – Prove a carico dell’imputato – Fortemente dubbie – Proscioglimento – Deve essere pronunciato.

2. – Procedimento disciplinare – Attività istruttoria – Criteri – Valutazione delle dichiarazioni dell’esponente – Analisi delle risultanze documentali – Deve ritenersi correttamente motivata.

1. – In ambito disciplinare, per poter pervenire ad una pronuncia di responsabilità, è necessario che gli indizi a carico dell’incolpato possano assurgere al rango di prova, per cui essi debbono inserirsi in un procedimento logico di valutazione tale che, nell’esame globale ed unitario della fattispecie, assumano un pregnante significato dimostrativo della violazione; pertanto, quando la prova dei fatti attribuibili all’incolpato, risulti fortemente dubbia, questi deve essere prosciolto.

2. – L’attività istruttoria espletata dal Consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata, quando la valutazione disciplinare sia avvenuta non già solo ed esclusivamente sulla base delle dichiarazioni dell’esponente, ma anche dall’analisi delle risultanze documentali acquisite agli atti del procedimento, che rappresentano un criterio logico giuridico inequivocabile a favore della completezza e definitività dell’istruttoria stessa.

22 – 30 settembre 2011 – Est. Vaglio – G.G.

1. – Procedimento disciplinare – Dibattimento – Venir meno del diverbio – Attenuazione deontologica della violazione commessa – Non esser luogo a sanzione disciplinare – Fattispecie.

1. – Il venir meno del contrasto fra il legale incolpato e il professionista esponente, nel corso del dibattimento, determina l’attenuazione dell’eventuale violazione deontologica commessa, con la conseguenza, nella maggior parte dei casi, di una pronuncia da parte del Consiglio territoriale di non luogo a sanzione disciplinare. (Nella specie, l’incolpato, accusato di aver offeso, per telefono, il professionista esponente, nonostante avesse negato di aver mai parlato al cellulare con costui, atteso che avrebbe potuto rispondere qualsiasi componente dello studio – ha porto le proprie scuse per conto dei componenti del suo studio, al Collega, rammaricandosi per l’episodio).

96 – 30 settembre 2011 – Est. Vaglio – L.R. e N.R.

1. – Rapporti con i colleghi – Conversazione telefonica con un collega – Registrazione – All’insaputa – Tutela di un legittimo interesse – Messo in pericolo dalla condotta altrui – Condotta scorretta – Inconfigurabilità.

1. – La registrazione e la successiva rivelazione, da parte di un avvocato, della conversazione telefonica con un collega, pur se questi era ignaro della registrazione stessa, non integrano una condotta scorretta sul piano deontologico, ove il ricorso a detta registrazione sia avvenuto per tutelare un legittimo interesse, leso o messo in pericolo dalla condotta altrui, e la rivelazione del contenuto del colloquio non abbia arrecato un danno ingiusto. (In tal senso, il Consiglio Nazionale Forense, con decisione del 6 novembre 1995 n. 118, ha statuito che “non tutte le registrazioni magnetiche, effettuate da un avvocato all’insaputa dell’interlocutore, rappresentano una condotta riprovevole sul piano deontologico, dovendo, ritenersi legittime quelle effettuate al fine di evitare un danno ingiusto al proprio cliente”).

79 – 30 settembre 2011 – Est. Vaglio – M.C.

1. – Rapporti con i colleghi – Codifensore – Obbligo di provvedere al compenso – Estremo ritardo rispetto al termine stabilito nella conciliazione – Violazione del dovere di colleganza – Configurabilità – Fattispecie.

1. – Viola i doveri di correttezza, lealtà, dignità e decoro della professione, nonché quello di colleganza, l’avvocato che, ricevuto il compenso dal cliente, paghi il collega insieme al quale aveva assunto il mandato, con ritardo rispetto alla data del verbale di conciliazione, redatto davanti all’Ordine di appartenenza, essendo irrilevante, ai fini della condotta deontologica, che il medesimo abbia provveduto al saldo, se questo è avvenuto solamente dopo molti mesi dalla conciliazione e successivamente al ricevimento della notifica di apertura del procedimento disciplinare. (Nel caso de quo, il Collegio ha irrogato la sanzione dell’avvertimento, applicando, dunque, una sanzione più lieve, a seguito del pagamento finale delle spettanze concordate).

50 – 3 ottobre 2011 – Est. Vaglio – G.M.

1. – Rapporti con i terzi – Contestazione della richiesta di pagamento – Mancata erogazione delle somme – In attesa di pronuncia giurisdizionale – Diritto dell’avvocato – Sussistenza.

1. – L’art. 59 del Codice Deontologico Forense, ai sensi del quale l’avvocato è tenuto a provvedere regolarmente all’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi, non trova applicazione quando l’incolpato ha sempre contestato la richiesta di pagamento, in quanto non si può negare che, come per ogni privato, sia nel pieno diritto anche dell’avvocato, prima di effettuare un pagamento non dovuto o di accettare una transazione che non ritenga vantaggiosa, attendere la pronuncia dell’autorità giudiziaria, che potrebbe rivelarsi a lui favorevole; pertanto, solamente all’esito del giudizio e del passaggio in giudicato della sentenza, eventualmente di condanna nei suoi confronti, il legale sarà tenuto, anche sotto il profilo deontologico, ad adempiere alla propria obbligazione. (Al contrario, se il legale fosse costretto a pagare, sempre e comunque, onde evitare una potenziale azione disciplinare, verrebbe di fatto annullato il diritto di ciascun iscritto all’Albo a difendere le proprie ragioni nelle opportune sedi del contenzioso).

54 – 3 ottobre 2011 – Est. Vaglio – G.B.P.

1. – Rapporti con i magistrati – Difensori di ufficio – Disciplina – Fattispecie.

1. – Non ricorre la violazione del canone I dell’art. 38 del Codice Deontologico Forense, quando l’avvocato, non iscritto all’Albo degli Avvocati di Roma, non si presenti all’udienza, in cui avrebbe dovuto svolgere le funzioni di difensore d’ufficio, avendo tale nomina valore solamente nell’ambito del circondario ove è custodito l’Albo in cui si è iscritti. (Nel caso in esame, la nomina a difensore d’ufficio del legale incolpato è da considerarsi frutto di un errore del Tribunale di Roma che vi ha provveduto, il quale avrebbe dovuto preliminarmente verificare ed accertare che l’avvocato fosse iscritto all’Albo degli Avvocati di Roma ovvero a revocare detta nomina nel momento in cui questa era divenuta incompatibile con le funzioni di difensore d’ufficio).

63 – 3 ottobre 2011 – Est. Arditi di Castelvetere – W.S.

1. – Procedimento disciplinare – Capo di incolpazione – Fatti identici a quelli del capo di imputazione – Procedimento disciplinare – Impossibilità di prosecuzione – Art. 653 c.p.p. – Effetto vincolante.

1. – Quando il capo di incolpazione si riferisce agli stessi fatti già oggetto di giudicato penale, e quando non sono intervenuti fatti nuovi o diversi rispetto alle prospettazioni contenute nel procedimento penale, il procedimento disciplinare non può essere proseguito, essendosi verificato l’effetto preclusivo previsto dall’art. 653 c.p.p., non potendosi modificare una decisione già intervenuta secondo la quale gli stessi fatti contestati all’avvocato, sono stati accertati come non attribuibili al medesimo.

91 – 11 ottobre 2011 – Est. Cassiani – A.O. e C.I.F.

1 . – Attività defensionale – Astensione dalla difesa di un cliente – Conflitto di interessi – Reale ed effettivo – Condizioni.

1. – In materia di conflitto di interessi, l’avvocato deve astenersi dall’assistere un cliente soltanto nel caso in cui il conflitto sia reale ed effettivo. (Nella specie, l’accusa rivolta agli incolpati consisteva nell’aver assistito due parti contrapposte, e quindi in condizione di incompatibilità: precisamente, dapprima un Centro residenziale, e quindi gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione, e, poi, l’Amm.re del Centro. Il preteso conflitto si rilevava del tutto apparente, in quanto l’Amm.re stesso, nonostante la rimessione dei mandati, confermava i professionisti in tutti gli incarichi già affidatigli. Il Collegio, sulla base dei fatti, che dimostravano che nessun conflitto si fosse mai verificato, deliberava non esser luogo a sanzione disciplinare).

67 – 12 ottobre 2011 – Est. Murra – L.G.

1. – Rapporti con i colleghi – Codifensore – Obbligo di provvedere al compenso – Mancata erogazione delle somme – Violazione del dovere di colleganza – Configurabilità.

1. – Viola il dovere di colleganza l’avvocato che, pur non richiesto, assuma espressamente su di sé l’onere di ricompensare il codifensore e poi deliberatamente eviti di erogare alcuna somma in favore di costui. (Nella decisione di cui è massima, la posizione disciplinare dell’incolpato, è stata aggravata dalle dichiarazioni rese dallo stesso, in forza delle quali egli avrebbe assunto l’obbligazione gravante sul padre per acquisire il potere di sollevare contestazioni circa l’entità della pretesa, sino a quel momento precluse, data la sua estraneità al rapporto. Tale modalità di comportamento, improntata a mala fede, ha reso maggiormente disdicevole il contegno del legale, soprattutto alla luce del fatto che il destinatario di tale comportamentoo era un collega).

65 – 25 ottobre 2011 – Est. Rossi – S.F.

1. – Procedimento disciplinare – Sospensione – Identità dei fatti – Capo di imputazione sovrapponibile al capo di incolpazione – Fattispecie.

2. – Provvedimento amministrativo – Componente di un organo monocratico o collegiale – Atto di investitura – Invalidità – Annullamento della nomina – Atti emanati in precedenza – Non si riflette.

3. – Provvedimento amministrativo – Componente di un organo monocratico o collegiale –Annullamento della nomina – Atti emanati in precedenza – Invalidità – Non sussiste – Fattispecie.

4. – Organo collegiale – Composizione – Verifica – Al momento della sua costituzione – Deve essere effettuata.

5. – Rapporti con i terzi – Generalità false – Abuso della buona fede – Condotta fraudolenta – Integra un illecito disciplinare – Fattispecie.

1. – Per addivenire a sospensione del procedimento disciplinare è necessario che l’identità dei fatti oggetto dei due procedimenti (penale e disciplinare) emerga dalla formulazione di un preciso capo di imputazione sovrapponibile al capo di incolpazione; pertanto, tale ipotesi non ricorre quando risulti solamente l’esistenza di un procedimento penale nella fase delle indagini preliminari, in difetto di qualsivoglia specifica contestazione di addebito.

2. – Quando il giudice amministrativo annulla la nomina del titolare di un organo monocratico o di un componente di un organo collegiale avente competenze di ordine generale, l’uno e l’altro esercenti pubbliche funzioni, la riscontrata invalidità dell’atto di investitura non ha di per sé alcuna conseguenza sugli atti emessi in precedenza, atteso che, quando l’organo è investito di funzioni di carattere generale, il relativo procedimento di nomina ha una sua piena autonomia, sicché i vizi della stessa non si riverberano sugli atti rimessi alla sua competenza generale. (In tal senso, Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 maggio 2008, n. 2407).

3. – I provvedimenti amministrativi emanati non possono essere considerati viziati quando – al termine del processo elettorale – sia annullata la nomina del titolare dell’organo monocratico o di uno dei componenti dell’organo collegiale, non potendosi, in spregio al principio della conservazione degli atti, travolgere l’intera attività di un organo collegiale che delibera sempre a maggioranza, solamente perché uno dei suoi componenti non era legittimato a prendervi parte; tale principio si applica anche quando non c’è stata mai alcuna formale votazione dell’organo collegiale, ovvero quando abbia avuto un esito determinato dal voto di un componente, la cui proclamazione sia stata annullata al termine del processo elettorale. (Il Collegio, nella decisione di cui è massima, ha tenuto a precisare che bisogna distinguere fra organi collegiali, la cui disciplina interna prevede l’adozione del principio maggioritario a base dell’emanazione delle delibere, come avviene per l’Ordine degli Avvocati, ed organi collegiali le cui delibere siano invece adottate necessariamente all’unanimità: solamente in quest’ultima ipotesi, la delibera potrebbe essere tacciata di invalidità per difetto di legittimazione, peraltro con l’eccezione degli atti favorevoli ai destinatari. Ai fini dell’illegittimità di tale provvedimento, occorre, dunque, verificare che, senza il voto del componente non legittimato, la maggioranza necessaria non sarebbe stata conseguita).

4. – La verifica della regolare composizione di un organo collegiale va effettuata al momento della sua costituzione, mentre è ininfluente, qualora non si tratti di un collegio perfetto, la circostanza del successivo venir meno di un componente.

5. – Il comportamento dell’avvocato che, in maniera subdola, tenti di spacciare in capo a sé stesso una qualifica che non gli compete, abusando della buona fede dei terzi che – trattandosi di persona conosciuta nel foro – mai avrebbero potuto sospettare siffatta condotta fraudolenta, integra una violazione dei doveri di correttezza, lealtà e probità, cui gli appartenenti alla categoria forense devono improntare il proprio operato. (Nel caso di specie, il professionista si era introdotto sine titulo all’interno dell’aula in cui si svolgeva l’esame di abilitazione alla professione forense, violando così gli artt. 5 e 56 del Codice Deontologico Forense, compromettendo l’immagine della classe forense, allo scopo di facilitare illecitamente uno o più candidati; eludeva, altresì, i controlli della sicurezza, spacciandosi falsamente per commissario d’esame. Tale condotta è stata ritenuta dal Collegio estremamente grave e assolutamente contraria a tutti i principi che governano l’etica di comportamento cui gli appartenenti alla classe forense devono ispirarsi e, quindi, idonea a causare enorme discredito, agli occhi dell’opinione pubblica).

49 – 9 novembre 2011 – Est. Ierardi – E.F.

1. – Rapporti con la parte assistita – Richiesta somme – A titolo di prestito – Mancata restituzione – Protesto dell’assegno riconsegnato – Dovere di probità e dignità – Costituisce violazione.

1. – Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante e contrario ai doveri deontologici di probità e dignità, l’avvocato che, dopo aver chiesto alla parte assistita, a titolo di prestito, una somma di denaro, non la restituisca e anzi si faccia protestare l’assegno consegnato a restituzione del prestito. (Nella specie, l’incolpata era rimasta morosa su una quota del dovuto nei confronti delle somme che si era fatta prestare dal proprio cliente, venendo meno al dovere di astenersi dall’intrattenere rapporti di natura finanziaria con il cliente, estranei alle pattuizioni inerenti il compenso per l’operato professionale, compromettendo, altresì, la propria reputazione e, di riflesso, l’immagine della classe forense, con violazione degli artt. 35, punto 2, e 5, punto 2 del Codice Deontologico Forense. Il Collegio, attesa la gravità del comportamento tenuto dalla professionista, irrogava la sanzione della cancellazione dall’Albo).

 

32 Responses to “MASSIMARIO DI GIURISPRUDENZA DISCIPLINARE”

  1. alessia scrive:

    relativamente all’articolo 22 canone II codice deontologico forense, è censurabile il comportamento dell’avvocato che non avvisa il collega( debitore del proprio assistito) della prossima notifica di decreto ingiuntivo a suo carico? grazie

  2. alessandro scrive:

    E’ censurabile il comportamento del praticante avvocato abilitato al patrocinio, che assuma un incarico in via stragiudiziale superiore ai € 25.000,00, ai sensi dell’art. 21 del codice deontologico?grazie

  3. maria cecilia zito scrive:

    Lede il decoro della categoria un collega che instaura una causa davanti ad un Giudice di Pace, per altro territorialmente incompetente e per un presunto credito prescritto da anni, per un importo di 20 Euro?
    Si può segnalare tale comportamento all’ordine forense di appartenenza?

    • admin scrive:

      Fattispecie inedita e nessun precedente specifico in giurisprudenza disciplinare (vista anche l’antieconomicità di una siffatta azione giurisdizionale di recupero). Perseguire un debitore per importi irrisori, comunque, non è di per sè motivo di illecito disciplinare. Ai sensi dell’art. 6 del Codice deontologico l’avvocato non deve proporre azioni con mala fede o colpa grave: quindi se è consapevole che un debito è prescritto dovrebbe tenerne conto, ma come Lei sa il debitore può comunque sentirsi in dovere (dal punto di vista dell’obbligazione “naturale”) di far fronte al proprio debito anche se questo non è più esigibile. Infine, sulla questione dell’incompetenza territoriale: se per ogni errore professionale sull’individuazione del corretto “foro” ci fosse anche una sanzione disciplinare, bhè… non troveremmo più avvocati sulla faccia della terra….

  4. vincenzo criscuoli scrive:

    Lede il codice deontoloogico il difensore che dopo aver iniviato alla controparte delle missive in nome e per conto del proprio assistito qualificandolo come titolare di una ditta individuale, nel successivo giudizio si costituisce sollevando eccezione di difetto di legittimazione passiva del suo assisitito perchè in realtà non è titolare della medesima ditta che prima invece aveva qualificato come appartenente al convenuto ?
    Si ringrazia in anticipo per l’attenzione che si vorrà riporre nel rispondere al quesito

    • admin scrive:

      Questione assai delicata perchè involge il dovere di verità (art. 14 Cod. deont.) e quello di lealtà e correttezza (art. 6). A mio parere non è possibile fornire una risposta univoca in via generale, perchè occorrerebbe vedere nel caso di specie il grado di intensità dell’elemento psicologico dell’autore del comportamento contestato. E’ invero necessario stabilire se al momento dell’invio delle missive l’avvocato fosse pienamente consapevole o no della reale qualifica del proprio assistito, potendo tale circostanza non essere a lui pienamente nota senza colpa da parte sua. Egli sarà portato, naturalmente, a dare la responsabilità della vicenda alle scorrette notizie fornitegli dal cliente senza che, di regola (ecco, appunto la necessità di vedere nei dettagli il singolo caso di specie), si possa riuscire a dimostrare il contrario. Certo è che sul piano processuale la controparte dovrebbe essere mandata quanto meno esente da responsabilità sulle spese ove l’eccezione di difetto di legittimazione dovesse reputarsi fondata ed anzi, se la colpa della scorretta individuazione del convenuto è comunque imputabile all’avversario oggi, con il nuovo art. 92 cpc, si può anche pensare ad una condanna alle spese pur in assenza di accoglimento della domanda attorea (“indipendentemente dalla soccombenza”) quando vi è stata una violazione dell’art. 88 (che non sempre integra una condotta deontologicamente rilevante).
      Saluti.

  5. alessandro scrive:

    Buongiorno, di seguito la lettera che ho inviato presso l’ordine degli avvocati della mia città, mi hanno chiesto di inviare l’esposto con tutti i nomi, per poter procedere con le indagini. Essendo, l’avvocato in questione, consigliere dell’ordine degli avvocati, cosa rischio nel fare un esposto?
    Ci sono gli estremi per una causa?
    le informazioni riportate sono vere e documentate.
    Al termine dell’esposto aggiungerò la richiesta di aggiornamento in riferimento agli articoli 408 e 410 del C.p.p

    Buongiorno,
    io sottoscritto A A, sono a scrivervi per avere un chiarimento in merito ad un caso che mi riguarda in prima persona.
    Ho avuto una causa, essendo rappresentante legale della società T , con il signor M, il quale è stato rappresentato dall’ avvocato A D B.
    L’avvocato A D B in via ufficiale e “non”, ha rappresentato me personalmente per la separazione e relativo annullamento del matrimonio nel 1999, poi la T. per mio conto in alcune vicende legali, venendo a conoscenza di fatti, dati ed informazioni confidenziali strettamente riservate, siamo inoltre cresciuti insieme, tra scuola etc. frequentandoci fino ad un anno fa con uscite con amici ed ex compagni di scuola.
    Durante l’udienza per la richiesta di sfratto esecutivo, “ MAI OTTENUTO “ , ha cercato di farsi amica il giudice portandole i saluti della loro cara amica in comune dott.ssa B. Approccio poco professionale e decisamente non apprezzato dal giudice, che mi ha concesso ben 4 rinvii senza nemmeno essermi costituito e senza un avvocato a rappresentarmi.
    Tutto ad un tratto me la ritrovo contro in questa causa con un accanimento a mio parere esagerato ottenendo nei miei confronti un pignoramento presso terzi nonostante la causa di sfratto non fosse ancora terminata.
    Durante la trattativa per la vendita della mia attività ha scambiato informazioni confidenziali con la commercialista B. che seguiva le acquirenti, informandole dell’azione di sfratto nei miei confronti forzandomi a vendere a metà del prezzo prestabilito.
    Il pignoramento è stato ottenuto nei confronti dell’ assicurazione che mi avrebbe dovuto risarcire per un danno conseguente ad un incidente stradale che mi ha danneggiato causandomi la perdita del lavoro ed un invalidità.
    Le informazioni relative ai dati dell’ assicurazione e dell’incidente sono state ottenute dall’ avvocato D B in modo non ufficiale e non conforme alla legge ma approfittando di altri canali.
    E’ giusto che io subisca questo abuso da parte dell’ avvocato A D B?
    Non è mia intenzione ledere all’immagine dell’ordine degli avvocati, ma ho intenzione di verificare se ci sono i presupposti per intentare un’azione legale nei confronti dell’ Avvocato D B per comportamento scorretto, illecito, conflitto d’interessi e chiedere un risarcimento degli ingenti danni morali ed economici da me subiti.
    I miei rapporti professionali con l’Avvocato D B sono iniziati nel 1999 e sono terminati nel Luglio 2009.
    Dopo nemmeno 18 mesi, gennaio 2011 eccola spuntare come avvocato della controparte.

    Ho elencato nella lettera, copia della tracciabilità delle e-mail relative a consulenze da parte dell’ avvocato D B durante il suo mandato con la T; al quale non ha mai rinunciato.

    Sono a scrivervi ora, dopo aver saldato il mio debito nei confronti del signor M. e quindi lo stesso, ha incaricato l’ avv. D B di rinunciare a perseguire nella causa. Dimostrazione del fatto che sono a chiedere giustizia, e non uno sconto sul debito.
    L’ avv. D B ha ostacolato questa pacifica conclusione cercando di dissuadere il suo cliente dal conciliare, alzando di ben € 4.000,00 l’importo del prezzo accettato dal Signor M.
    Per dimostrare la mia ferma intenzione a risolvere la questione pacificamente, ho accettato ed ho pagato.
    L’avv. D B ha esternato la sua contrarietà anche in pubblico con astio ingiustificabile.
    Visto che l’avv. D B mi pare sia consigliere dell’Ordine degli Avvocati mi sembra giusto, in prima istanza, rivolgermi a Voi.
    Certo di una vostra celere risposta colgo l’occasione per porgere cordiali saluti.

    N.B.:
    Art. 51 – Assunzione di incarichi contro ex-clienti.
    L’assunzione di un incarico professionale contro un ex-cliente è ammessa
    quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto
    professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in
    precedenza. In ogni caso è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie
    acquisite in ragione del rapporto professionale già esaurito

  6. alessandro scrive:

    Ho una domanda.
    Io ricevo la notifica di un atto di citazione in cui viene richiesto al mio assistito il pagamento di una certa somma di denaro che non ritengo dovuta.
    Attendo che decorrano i termini per l’iscrizione a ruolo della causa e, accortomi che l’attrice non ha iscritto la causa a ruolo, vi provvedo io senza darne comunicazione al collega di controparte.
    Violo in questo modo l’art. 22 o non vi è un obbligo di comunicazione in questo caso perché l’azione giudiziaria era stata iniziata dall’altro collega che avrebbe dovuto premurarsi di iscrivere la causa e verificare eventuali iscrizioni da parte mia? Ringrazio anticipatamente e saluto con viva cordialità.

    • admin scrive:

      Il quesito è stimolante e richiama il tema della correttezza e della lealtà (evocato non solo dall’art. 22 nei rapporti tra colleghi, ma in generale dall’art. 6 del medesimo Codice deontologico).
      Il concetto di colleganza è ispirato dai criteri di cameratismo, fiducia e solidarietà ai quali i singoli membri di un “gruppo omogeneo” debbono adeguare i loro comportamenti. Detto principio è stato percepito ed inteso nel corso degli anni in modo assai difforme, ed è andato via via sfumando fino a subire un radicale mutamento di rotta codificato nel codice deontologico. Invero nel passato era diffusa l’idea secondo cui la tutela del collega era preminente rispetto ad ogni altro interesse: oggi, invece, è pacifico che il primo dovere dell’avvocato è quello nei confronti del cliente, e che il dovere di colleganza riveste, in caso di contrasto, natura nettamente subordinata (basti vedere le espressioni che utilizza, nel bilanciamento degli opposti interessi, il Codice nella regola di cui all’art. 23).
      La “solidarietà” fra avvocati si deve quindi manifestare in generale fuori del processo, mentre all’interno dello stesso non sono consentiti atteggiamenti “di favore” che possano comportare una diminuzione della tutela del cliente.
      Ciò posto in linea di principio, il difensore di una parte che decida (scientemente o meno) di non effettuare la costituzione in giudizio, ha l’onere di verificare che il convenuto non assuma la veste del c.d. “convenuto diligente” (che iscriva, cioè, la causa costui in luogo dell’attore) senza pensare di potere esere sollevato da tale onere di controllo da una “segnalazione” proveniente dal collega avversario. A mio avviso, infatti, il dovere di colleganza non può giungere sino al punto da “sostituirsi” all’avversario ed avvisarlo di qualsiasi accadimento avvenga nel corso del giudizio perchè, in tal modo, la posizione dell’avvocato diligente e premuroso della cura dei diritti del proprio cliente si vedrebbe eccessivamente aggravata dal timore di subire conseguenze sul piano disciplinare. E’ ben vero che, nella specie, avvertire il collega avversario della avvenuta iscrizione a ruolo non integra una “diminuzione della tutela del proprio assistito”: e tuttavia la mancata segnalazione non dà vita, a mio avviso, ad alcun illecito deontologico. Saluti. R.M.

  7. riccardo scrive:

    Buongiorno, configura violazione art. 37 cod deont l’avvocato che difenda il condominio in una causa contro il costruttore e, contemporaneamente, ancora il condominio nei confronti di un condomino moroso?
    Grazie

    • admin scrive:

      Perchè mai? Mi pare aver capito, dal quesito, che l’avvocato difenda sempre (in entrambe le cause) lo stesso soggetto (cioè il condominio) senza che si possa configurare un conflitto di interessi. In un caso la controparte è il costruttore, nell’altro un condomino moroso, ma la parte che ha rilasciato il mandato è sempre la stessa. O no?

  8. rosario scrive:

    Un quesito.
    Gli artt. 37 e 51 del codice deontoligico disciplinano il conflitto di interessi e gli incarichi contro ex clienti.

    Ma secondo voi, se un cliente ATTUALE ti autorizza ad assumere un incarico contro di lui (ovviamente in una questione completamente diversa), ciò basta a riparare l’avvocato dal rischio di sanzioni disciplinari?

    secondo alcune massime della cassazione, la ratio del 37 sarebbe la tutela del prestigio della professione. quindi il “via libera” del cliente non servirebbe a nulla?

    • admin scrive:

      L’articolo 37 del Codice Deontologico prevede che l’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale (con la precisazione che il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui l’espletamento di un nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affari di una parte possa avvantaggiare ingiustamente un altro assistito, o infine quando lo svolgimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico).
      L’art. 51 del Codice Deontologico, che è norma diversa, prevede, invece, che l’assunzione di un incarico professionale contro un ex-cliente è ammessa solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza, fermo restando in ogni caso il divieto di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto professionale già esaurito.
      Nel caso di cui al quesito in esame l’incarico è assunto non contro un ex-cliente, bensì contro un “attuale” cliente, ragione per cui si applica il disposto dell’art. 37, ma il contenuto dell’art. 51, che si riferisce ad un incarico assunto contro un ex-cliente, è molto significativo per far comprendere come, a fortiori, costituisca un comportamento deontologicamente grave agire, appunto, se pur in un giudizio diverso, contro un cliente attuale.
      Risulta, altresì, ovvio che mentre la ratio delle disposizioni dell’art. 37 e della seconda parte dell’art. 51 è sostanzialmente quella di evitare che l’assunzione di un incarico contro un ex-cliente possa comportare l’utilizzo di informazioni acquisite in virtù del precedente incarico, la ratio della disposizione della prima parte dell’art. 51, che prescinde dal concreto utilizzo di eventuale informazioni acquisite nel corso del precedente incarico, deve essere individuata anche nella tutela dell’immagine e del decoro della professione forense, ritenendosi non decoroso né opportuno che un avvocato assuma contemporaneamente e/o senza che, comunque, sia decorso un intervallo di tempo adeguato (fissato in due anni) la difesa di un soggetto contro un altro soggetto, di cui sia pure difensore (o sia stato difensore), se anche in un processo diverso.
      Si pone il problema del valore da attribuire ad un eventuale consenso esplicito reso dal cliente originario contro il quale si intende proporre causa, che, cioè, potrebbe finanche autorizzare il suo legale a stargli, in questa nuova occasione, “contro”.
      Trattandosi, l’art. 37, di una norma dettata a tutela esclusivamente degli interessi del cliente, si può ritenere che, ove questo consenso vi sia, sia cioè espresso ed informato, il legale non commetta illecito deontologico pur sussistendo il conflitto di interessi. In sostanza la norma riguarderebbe esclusivamente un diritto disponibile della parte (e non interessi pubblicistici), la quale potrebbe con il proprio previo consenso eliminare il contrasto che l’assunzione della difesa altrui comporterebbe con le regole deontologiche. Tuttavia questa posizione teorica si scontra con quanto si diceva poc’anzi sull’obbligo di rispettare il principio del decoro, il quale non verrebbe meno sol per effetto della prestazione del consenso del cliente (ora potenziale controparte). Se è vero però che il patrocinio contro un cliente attuale fa scaturire violazione del dovere di fedeltà, è anche innegabile che questa violazione verrebbe concretamente meno se “l’infedeltà” fosse “autorizzata” dalla stessa parte interessata.
      In conclusione la soluzione potrebbe non essere univoca, dipendendo dal valore attribuito ai principi sottesi all’art. 37 che renderebbero irrilevante la volontà del cliente se visti a presidio di interessi di tipo pubblicistico e non solo individuali.

  9. Alessandra scrive:

    Ho ricevuto una lettera da un Collega.
    Non solo era una raccomandata con prova di consegna (sigh!), ma era anche senza busta, ripiegata su se stessa! La stessa è stata inviata per conoscenza al mio assistito.
    Sorvolando sull’errore del Collega, che avrebbe dovuto intimare la parte e non l’Avvocato….
    Posso sentirmi offesa? Il Collega credeva che avrei detto di aver ricevuto una busta vuota?

    Grazie
    Alessandra

    • admin scrive:

      Nel Codice deontologico non esiste alcuna prescrizione che vieti di scrivere per raccomandata al collega avversario. Tuttavia questo fatto è ritenuto, da sempre, una caduta di stile sul piano non della correttezza ma semplicemente su quello della “buona creanza”. Che, poi, la raccomandata sia addirittura inviata priva della busta induce a ritenere sussistente nel mittente la piena sfiducia nei confronti del ricevente (in modo tale, evidentemente, che a costui possa poi essere impedito di negare di aver ricevuto un plico vuoto). L’invio della raccomandata tra colleghi (di fatto sostituito dalla trasmissione via fax, che dà ugualmente la prova quanto meno della effettiva spedizione) è considerato da molti una “scorrettezza”, ma ciò non è avvalorato nè dal Codice nè dalla giurisprudenza disciplinare (non si rinvengono infatti decisioni sul punto da parte del C.n.f). Del resto in questo equivoco cadono in molti, come ad esempio nel caso dell’eccezione di decadenza da una prova per mancata intimazione del teste (atto doveroso per un corretto espletamento del mandato, invece, e comunque la conseguenza è ben rilevabile ex officio dal giudice). Insomma, un conto è la deontologia un conto è la “signorilità” (che non sempre si impara).

  10. francesca scrive:

    Buongiorno, è molto importante per me sapere se fare personalmente un filmato ad una vetrina su una via pubblica dall’esterno per poi produrlo in un procedimento civile nella quale sono il legale di una parte al fine di sostenere, unitamente ad un atto di querela e di denuncia all’ispettorato del lavoro a firma del cliente ma da me depositati alle autorità (con procura ex lege), che controparte sta truffando il mio cliente comporta una violazione del codice disciplinare per aver girato io stessa quel video e non altri, considerando che nelle attività investigative penali ciò è consentito e che in altro gradoo procedimento potrei assumerne la veste di testimone. grazie è un caso urgente

    • admin scrive:

      Caso più unico che raro. In generale, però, nessuna norma di tipo deontologico impedisce al legale di svolgere un’attività istruttoria “in proprio” (senza, cioè, demandarla ad un tecnico) e di chiedere la sua utilizzazione nel processo civile. Effettuare un filmato (fermo restando il dovere di non riprendere elementi in grado di violare la riservatezza) può equivalere a presentare un’istanza di accesso ad una P.A., a chiedere la produzione di un documento ad un terzo, ad assumere una dichiarazione testimoniale stragiudiziale: tutte attività che possono legittimamente essere svolte dal legale. Tuttavia il problema si porrebbe se nel diverso contenzioso Ella dovesse assumere una diversa veste, quale quella di teste. In questa ipotesi non essendo più “terzo”, verrebbe additato a sospetto e, quindi, le parti interessate potrebbero eccepire l’inammissibilità della deposizione.

  11. Pino scrive:

    Buongiorno
    mi interessa conoscere il Vostro parere circa l’eventuale l’applicabilità delle limitazioni di cui all’art. 51 del codice deontologico anche all’ipotesi di semplice sostituzione in udienza
    Ringraziando per l’attenzione mi congratulo per il sito.

    • admin scrive:

      Quesito di non facile risoluzione, anche perchè il tema della mera sostituzione in udienza è di fatto poco studiato in dottrina e trattato con troppa disinvoltura in sede disciplinare.
      Il mandato conferito dal cliente all’avvocato si fonda su un rapporto di fiducia personale (cfr. art. 35 del Codice Deontologico), che richiede e presuppone, quindi, necessariamente da parte dell’avvocato stesso l’obbligo di un’informazione chiara e completa nei confronti del cliente medesimo (cfr. art. 40 del Codice Deontologico).
      Tale obbligo di informazione si estende, ovviamente, al compimento di ogni atto che possa avere rilevanza in relazione all’esecuzione del mandato conferito. Il fatto che l’avvocato possa avvalersi di sostituti per il compimento di singoli atti è generalmente ammesso e trova un riconoscimento anche nel Codice Deontologico (cfr. art. 34 del Codice Deontologico), ma è ovvio che, se l’atto assume natura “rilevante” e lo stesso viene delegato ad un sostituto, il cliente deve essere informato, e questo anche indipendentemente dal fatto che, comunque, in osservanza al dovere di diligenza (cfr. art. 8 del Codice Deontologico) e del dovere di competenza (cfr. art. 12 del Codice Deontologico), deve, in ogni caso, essere designato un sostituto che sia in grado di assolvere in modo adeguato al compito che gli viene delegato. La partecipazione ad un’udienza nell’attuale disciplina del processo civile costituisce di norma un fatto importante, ma in alcuni casi può anche risultare un atto di ordinaria routine, ragione per cui, in difetto di una previsione generale e preventiva sottoscritta dal cliente circa la possibilità per l’avvocato di farsi sostituire in udienza, a seconda della rilevanza dell’udienza, sussisterà, o meno, l’obbligo (deontologico) per l’avvocato stesso di avvertire di volta in volta il cliente, nel senso che quest’ultimo dovrà essere informato quando la sostituzione avvenga in occasione di un’udienza che richieda una conoscenza compiuta del processo e/o un’adeguata preparazione professionale, ovverosia sia fissata per l’espletamento di incombenti che possano determinare e/o condizionare l’esito della causa.
      In questo senso, a mio avviso, se il sostituto si trova in situazione di incompatibilità (per essere chiamato a gestire un’udienza relativa a causa contro proprio ex cliente) ciò diventa rilevante in sede deontologica.
      Si rinviene un solo caso, peraltro estremamente peculiare, in giurisprudenza, che è il seguente:
      Cons. Naz. Forense 29-09-1998, n. 123
      Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che rappresenti in giudizio una parte nei confronti della quale il proprio coniuge abbia formulato richieste di condanna (tanto più in quanto questi svolga l’attività professionale nell’ambito dello stesso studio), ed altresì sostituisca in udienza il collega rappresentante di altra parte processuale anche se questa abbia assunto una linea difensiva di piena adesione alla tesi della propria assistita. (Nella specie è stata confermata la sanzione della censura). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Fermo, 20 aprile 1995).

    • admin scrive:

      Quesito di non facile risoluzione, anche perchè il tema della mera sostituzione in udienza è di fatto poco studiato in dottrina e trattato con troppa disinvoltura in sede disciplinare.
      Il mandato conferito dal cliente all’avvocato si fonda su un rapporto di fiducia personale (cfr. art. 35 del Codice Deontologico), che richiede e presuppone, quindi, necessariamente da parte dell’avvocato stesso l’obbligo di un’informazione chiara e completa nei confronti del cliente medesimo (cfr. art. 40 del Codice Deontologico).
      Tale obbligo di informazione si estende, ovviamente, al compimento di ogni atto che possa avere rilevanza in relazione all’esecuzione del mandato conferito. Il fatto che l’avvocato possa avvalersi di sostituti per il compimento di singoli atti è generalmente ammesso e trova un riconoscimento anche nel Codice Deontologico (cfr. art. 34 del Codice Deontologico), ma è ovvio che, se l’atto assume natura “rilevante” e lo stesso viene delegato ad un sostituto, il cliente deve essere informato, e questo anche indipendentemente dal fatto che, comunque, in osservanza al dovere di diligenza (cfr. art. 8 del Codice Deontologico) e del dovere di competenza (cfr. art. 12 del Codice Deontologico), deve, in ogni caso, essere designato un sostituto che sia in grado di assolvere in modo adeguato al compito che gli viene delegato. La partecipazione ad un’udienza nell’attuale disciplina del processo civile costituisce di norma un fatto importante, ma in alcuni casi può anche risultare un atto di ordinaria routine, ragione per cui, in difetto di una previsione generale e preventiva sottoscritta dal cliente circa la possibilità per l’avvocato di farsi sostituire in udienza, a seconda della rilevanza dell’udienza, sussisterà, o meno, l’obbligo (deontologico) per l’avvocato stesso di avvertire di volta in volta il cliente, nel senso che quest’ultimo dovrà essere informato quando la sostituzione avvenga in occasione di un’udienza che richieda una conoscenza compiuta del processo e/o un’adeguata preparazione professionale, ovverosia sia fissata per l’espletamento di incombenti che possano determinare e/o condizionare l’esito della causa.
      In questo senso, a mio avviso, se il sostituto si trova in situazione di incompatibilità (per essere chiamato a gestire un’udienza relativa a causa contro proprio ex cliente) ciò diventa rilevante in sede deontologica.
      Si rinviene un solo caso, peraltro estremamente peculiare, in giurisprudenza, che è il seguente:
      Cons. Naz. Forense 29-09-1998, n. 123
      Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che rappresenti in giudizio una parte nei confronti della quale il proprio coniuge abbia formulato richieste di condanna (tanto più in quanto questi svolga l’attività professionale nell’ambito dello stesso studio), ed altresì sostituisca in udienza il collega rappresentante di altra parte processuale anche se questa abbia assunto una linea difensiva di piena adesione alla tesi della propria assistita. (Nella specie è stata confermata la sanzione della censura). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Fermo, 20 aprile 1995).

  12. Mara scrive:

    Buongiorno,
    Mi piacerebbe sapere il vostro parere circa il fatto che segue:
    Il cod nel fascicolo del procedimento disciplinare non ha prodotto il verbale sul quale, in estrema sintesi, si fonda la contestazione. Dunque le deduzioni in vista della seduta son ostate formulate sulla base del contenuto del fascicolo e delle contestazioni generiche rivolte nell’atto di citazione.
    In sede di seduta è stata eccepita tale mancanza, e il cdo ha rimesso in termini per il deposito di nuove deduzioni e la produzione di questo verbale. La mia domanda è, non è stato violato il principi odel contraddittorio e quindi, è utilizzabile come prova tale verbale essendosi formata in altro procedimento disciplinare?

    • admin scrive:

      Il quesito non è chiaro. Di quale “verbale” si tratta? Di un verbale di udienza, dal quale il Coa avrebbe tratto spunti per effettuare la contestazione di natura disciplinare? In questo caso una successiva acquisizione al fascicolo non impedisce, se come nel caso viene concesso termine per controdedurre, il rispetto del principio del contraddittorio, a nulla rilevando che quel “verbale” provenga da procedimento esterno a quello disciplinare (il che costituisce, di norma, la regola) e tenendo conto che si tratta di prova di tipo documentale, preesistente la contestazione. A patto, si ripete, che l’incolpato sia stato poi concretamente messo in condizione di conoscerlo ed abbia avuto i termini a difesa.

  13. concetta scrive:

    Chiedo scusa, vorrei sapere se posso fare un esposto contro una collega che nella corrispondenza scambiata, non riservata, definisce il mio cliente con parole ingiuriose, gli imputa la commissione di gravi reati, benché la cassazione abbia annullato una misura restrittiva adottata nei suoi confronti, ritenendo palesemente insussistente il reato di cui lo accusava la sua cliente, e soprattutto avalla il comportamento della sua assistita che ha modificato la serratura dell’abitazione coniugale, scrivendo che ella fa bene. Aggiungo che la collega, contattata dai carabinieri i quali le hanno detto di avere in mano una sentenza, ha pregato gli stessi di non fare entrare il mio cliente perché sarebbe un violento e ciò è riportato nella relazione di servizio. Inoltre la collega,, in una missiva a me indirizzata, ha definito “presunta” detta sentenza e ” fantasiose” le querele del mio cliente. Ancor più grave, ha scritto che egli non può e non deve vedere i figli, (benché i coniugi non siano separati)! Il mio cliente vuole denunciarla per concorso con la sua cliente nella commissione di vari reati. Vorrei sapere se vi siano estremi per un esposto, anche perché facendo ostruzione alla giustizia sta costringendo il mio cliente a continue denunce contro la coniuge e quindi danneggia non solo lui, ma anche la sua stessa cliente, consigliandola di non rispettare le sentenze penali ottenute da noi.
    Grazie

    • admin scrive:

      Il dovere di comportarsi secondo lealtà e correttezza, in generale (sia con i colleghi avversari sia con le controparti) è apprezzato in modo assai discrezionale dal giudice disciplinare. Innanzitutto, come nel caso della diffamazione nel penale, occorre vedere le singole espressioni utilizzate (sono oggettivamente ingiuriose?) ed il contesto all’interno del quale sono state rese. Certo, qualificare “presunta” una sentenza che invece esiste, oppure accusare di un reato che è stato escluso da una decisione giurisdizionale, potenzialmente costituisce una fattispecie tipica di un contegno riprovevole o, comunque, non improntato a lealtà e correttezza. L’aggettivo “fantasioso” riferito ad una querela, invece, può essere inteso come sinonimo di “infondato” (se la querela esiste, nel mondo giuridico, non è “fantasiosa”).

  14. concetta scrive:

    Grazie infinite. Ho le idee chiare adesso!

  15. concetta scrive:

    Preg.mo avvocato, avrei bisogno di sapere se una missiva indirizzata da un legale ad un collega e controfirmata dal suo cliente, sia coperta da vincolo di riservatezza. Tanto mi occorre poiché detta nota contiene ingiurie in danno del mio cliente ed é stata inviata come allegato ad una mail in cui nulla era scritto, tranne: ” vedasi lettera allegata alla presente”, ma che riportava in calce, quale formula di stile prestampata, la frase ” la presente comunicazione è coperta da segretezza forense”. Non rinvengo precedenti analoghi in giurisprudenza e necessito sapere se posso inoltrarla al mio cliente ingiuriato affinché valuti una querela contro la sua controparte. Grazie in anticipo.

    • admin scrive:

      Secondo giurisprudenza consolidata (vedi da ultimo CNF 2 marzo 2012 n. 38) pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che produca in giudizio (o che comunque utilizzi) la corrispondenza intercorsa con il collega e qualificata come riservata dallo stesso mittente; tale qualifica, infatti, non consente alcuno spazio valutativo e deliberativo circa la producibilità, alla stregua del contenuto o della più o meno rilevante pregnanza della corrispondenza stessa al possibile fine della decisione della lite. Se così stanno le cose è indifferente che la qualificazione di “riservata” stava sulla lettera di accompagno, sul frontespizio di un fax o in calce alla mail con la quale la missiva era allegata, dimostrando con ciò solo – il mittente – di attribuire carattere confidenziale alla corrispondenza stessa.

  16. concetta scrive:

    Preciso che la formula di segretezza non si trova all’interno della lettera, ma in calce alla mail. Graxie

  17. Antonella Pacchiarotti scrive:

    Buongiorno,
    questo sito è ancora attivo?
    Grazie
    A.P.

  18. giorgia spiaggi scrive:

    Buongiorno,
    costituisce illecito disciplinare o condotta comunque illecita comunicare ad una persona di averla querelata o di avere intenzione di farlo? E se a detta comunicazione provvede l’avvocato del querelante?
    Grazie molte!
    Giorgia

    • Rodolfo scrive:

      Secondo una pronuncia piuttosto recente della Corte di cassazione (sez. VI Penale –
      Sentenza 7 – 15 maggio 2015, n. 20320 – Presidente Conti – Relatore Capozzi) non costituisce reato annunziare o prospettare di sporgere querela nei confronti di altri. Con la sentenza citata, infatti, la Corte ha esaminato un caso di presunta minaccia ad un pubblico ufficiale stabilendo che non integra la fattispecie delittuosa della violenza o minaccia la reazione genericamente minatoria del privato che annunci di voler sporgere querela, costituendo soltanto una mera espressione di sentimenti ostili privi della specifica prospettazione di un danno ingiusto, concretamente verificabile ed idonea a turbare il pubblico ufficiale nell’assolvimento dei suoi compiti istituzionali. Già in precedenza, dinanzi al caso di un cittadino che aveva riferito ad agenti di pubblica sicurezza che li avrebbe denunziati, la Corte, con la sentenza n. 201 del 10 gennaio 2012, accogliendo il ricorso dell’imputato, ha rilevato che “l’espressione profferita non può ritenersi univocamente una prospettazione di un ingiusto male, finalizzata ad opporsi al compimento di un atto del pubblico ufficiale, ma al contrario ben può essere considerata manifestazione di un disappunto, finalizzata alla tutela dei propri diritti, attinenti alla sfera della libertà personale”.

Leave a Reply